Finalmente un giornalista straniero (starei per aggiungere e italiano) si è accorto che in Irpinia oltre a Fiano e Greco esiste anche un altro straordinario vitigno: la Coda di Volpe. Si tratta di un collega belga, ed ecco il suo pezzo su questa uva magica a cui fui introdotto dall’indimenticabile Antonio Troisi.
Grazie alla amica Ilaria per aver creduto nella Coda di Volpe, averla fatta conoscere a Marc e… per la traduzione:-)
A meno che, forse, conoscano l’italiano. Vedere la punta della coda della volpe è fatale per il genere volatile del nostro cortile!
Coda di volpe
Vitigno autoctono del sud dello stivale, Plinio il Vecchio ne parlava già e ha la coda di volpe (meno Tamen, caudas vulpium imitata, alopecia) nel libro XIV della sua Naturalis Historia.
Un nome curioso
Esso deriva dalla somiglianza di forma tra la coda della volpe, e quello della parte apicale del grappolo. E ‘certamente ci vuole un po’ di fantasia e di immaginazione per apprezzare la somiglianza …
Si tratta di un Vitigno poco vigoroso, che necessita di un suolo ricco e di una buona esposizione per raggiungere la piena maturità. Maturità che si verifica in genere nella seconda metà di settembre.
Le sue foglie sono grandi, di colore verde chiaro e divise in cinque lobi. I grappoli in cima sono larghi come alati e nella parte finale, lunghi e sottili quasi a forma di T. Essi producono acini abbastanza piccoli, sferici, con buccia sottile, di colore giallo-verde alla maturazione.
Il mosto che ne deriva è ricco di zuccheri e dà un vino dal colore giallo paglierino, moderatamente luminoso, dai sapori delicati e di densità media.
Fino al 1985, questa varietà era praticamente sconosciuta al pubblico, perché sistematicamente usata per tagliare Fiano o Greco al fine di ridurne l’acidità.
Recentemente, è in crescita; e viene vinificata sia nella versione vino secco che spumantizzata.
Si trova principalmente in Campania, dove, in Irpinia, ha incontrato le condizioni migliori per il suo sviluppo, in particolare sulle colline di altezza media e ben esposte di Taurasi, nel Sannio o alle pendici del Vesuvio, dove è stato nominato Caprettone.
La sua veste dispiega una luce verde con riflessi dorati. Il naso emana marzapane delicatamente profumato con fiori d’arancio, scorza di limone e mandarino. In Bocca sorprende per il buon equilibrio di partner opposti, la mineralità piccante, da un lato, e la cremosità dall’altro.
Un duo dinamico alle volte grasso alle volte croccante che arriva al palato con impressioni opposte,e che sembra, alle volte , delicatamente amaro come la liquirizia e altre volte ha la golosa dolcezza degli agrumi canditi , questi ultimi offrono un supplemento di freschezza, che viene ancora di più a scombussolare quello che si è acquisito al linguale . E non è finita, la lunghezza ci porta verso nuovi orizzonti , sapori di spezie, biscotti frollini e tostato …
Dal punto di vista della vinificazione: dopo una pressatura soffice, il mosto viene fatto fermentare in serbatoi di acciaio inox per 3 mesi a una temperatura compresa tra 8 ° C e 10 ° C, non c’è fermentazione malolattica ed il vino rimane nei serbatoi per un anno prima di essere filtrato ed imbottigliato.
A Montefalcione nel cuore delle tre DOCG Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi, la famiglia Petitto vinifica da più generazioni. E’ oggi la giovane Ilaria che gestisce l’azienda.
La Coda di Volpe di Donnachiara
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