Via Canè, 2/c
Tel. 0445 1886367
www.elcoq.com
Aperto sempre
Chiuso la domenica
Ferie un po’ in agosto
Menu degustazione quattro portate 40 euro, 55 con vini
Menu degustazione sei portate 55 euro, 75 con vini
Alla carta dai 28 ai 50
Carta dei vini essenziale ben fatta invitante all’assaggio.
di Tommaso Esposito
Alla ragione ha preferito l’istinto.
E, dunque, la sua cucina, egli dice, non è razionale, ma istintiva.
Lo si capisce già dal nome che ha scelto per il suo bel ristorante, tutto bianco e con il piano dei tavoli in legno di larice.
El Coq , il Gallo, invece che Le Coq.
Gli sta bene così. Così gli piace di più.
Un po’ di Francia e un po’ di Spagna, ma anche un po’ di Veneto.
Una fusion grammaticale, insomma.
Tanto lui, che è stato pargoletto tra i fornelli vicentini nell’osteria di papà, ha viaggiato per le cucine di Australia, Giappone, Spagna, Danimarca.
E di fusion gastronomica ha contezza. Lo vedremo fra poco.
Mark Best, Heston Blumenthal, Seji Yamamoto, Victor Arguinzoniz, René Redzepi li ha frequentati tutti.
Il bello è che, Lorenzo Cogo, il cuoco di cui stiamo parlando, oggi ha venticinque anni appena.
Giovanissimo, con tanta voglia di presente e con lo sguardo dritto sul futuro.
Sa presentarsi, ti accoglie, ti conduce al tavolo, ti spiega la sua filosofia, elogia il territorio, ti illustra il menu e lo accompagna passo dopo passo.
Un incontro piacevole, fresco, lieve.
Empatico direbbe chi come me, tra l’altro psichiatra, si interessa di animo umano.
Un incontro in cui l’dea di quello che ti aspetta a tavola diviene gradualmente realtà.
A step. A quadri. Ad atti. Controluce.
Come in una sequenza nel teatro d’ombre.
Parti da Vicenza con il suo bacalà e dai pesci di lago e ti ritrovi altrove.
Così come viene, così come va.
D’ istinto.
Ci vuole tecnica per fare questo, ma anche conoscenza dei sapori di casa.
Prendiamo i chips di benvenuto.
Stupefacente quello di trippette di stoccafisso.
Mi ha impressionato, baccalàfilo qual sono.
E li ho gustati tutti questi trasparenti, croccanti ventricielli.
Poi lo snack con speck del Trentino, gocce di Vezzena e foglioline verdi.
Micro? All’apparenza. Speck appena caldo per far volare gli effluvi dei lipidi.
Sfogliatina e misticanza no.
Il bicchierino con fondo di gelatina di dashi, versione nipponica di un tenue fumetto di pesce, granatina di acqua di pomodoro e pennellata di pomo verde.
Non vi spiego come si ricava l’acqua dal pomodoro, né la manovra per renderla limpida in ice.
Al palato e al naso un concentrato di echi mediterranei.
Ecco i pani e i grissini.
Criscito madre, lenta manipolazione dell’impasto, lievitazione lunga.
Tutto fatto in casa con l’ausilio della brigata transnazionale.
Indispensabile per gustare, ci si avvia per gli antipasti, Atto I della carta , questo bel Burro di Capra by El coq con grani di sale nero.
Ecco la Sarda nostrana con caviale di aringa.
Azzurra di lago. Soltanto deliscata. Appena scottata nature, tanto da lasciarne gli umori e il gusto essenziale. Di sé. Adagiata sullo scoglio. Che è un friabile pane ottenuto da taggiasche, albume e farina. Non mi soffermo sulle uova di aringa né sulla bionda gelatina. Sono ombre in controluce. Di effetto e di sostanza. Un bello step.
Maki di tonno di Carloforte.
Azzurro tirrenico speciale. Arrotolato, perciò maki, in foglie di spinaci.
Alle chips di grana si affidi il croccante.
I primi, Atto II.
Pensavo ai tortelli al coniglio.
Invece si opta per gli Gnocchi di cavolfiore, scampi e ciliegie.
Beh, guardatelo bene. Vivide le code del crostaceo. Soffici gli gnocchi. Brillanti le ciliegie. Appena colti i fiori del cavolo. Al palato?
Venite pure voi a Marano. E mi direte.
Si assaggia il Risotto ai frutti di mare.
Qua… lo chef, insomma, glielo diciamo?
Ehmbè, ehmbè, ehmbè sì.
Ha giocato di ragione più che d’istinto. E non ha sbagliato. Ogni tanto fa bene.
Il riso è andato all’onda nel dashi. E’ mantecato con prezzemolo.
I frutti del mare, molluschi e crostacei a crudo, e nel piatto scottati.
Foglioline verdi, sfere di konbu lime qua e là tanto per dare un po’ di agrume.
E, nel solco della tradizione, Parmigiano di scampi. ;-)
Che naturalmente parmigiano non è, ma è olio di scampi montato.
Atto III, i secondi.
Maialino 360°
E’ cotto a bassa temperatura. E’ tenerissimo e saporito. Sono le carni della pancia. Lo accompagnano cotolettine di orecchia e lingua, yogurt speziato, timo fresco, pomi di terra al vapore, sfoglie di ravanello. Mi fermo. Buono.
Capretto Km 0.
Carne eccellente. E pure la cottura. Ci sono purea di sedano rapa, praline di patata e sigari di mela verde. Buono.
Intermezzo, il pre-dessert.
Boccaccino con sorbetto di fragoline e croccante allo yogurt.
Profumatissimo e piacevolmente astringente. Buono.
Atto IV, i dolci e il dessert.
Cheese cake ai frutti di bosco.
Una semplice fetta di torta. Quella della nonna.
Ma l’ha fatta Lorenzo. Memoria antica e mano giovane.
Signori.
Le uova di Parisi (povero Maffi, sigh!)
Sua Maestà lo Zabaione.
Non vi dico nulla.
Vi lascio la suspence del finale.
Visto che d’un tratto siamo qui e altrove?
Viste le fusioni non solo grammaticali?
Spero di aver intuito bene.
Perchè ho mangiato bene.
Questo boy-chef non tralascia il territorio.
Né il gusto, né la sostanza.
Ha i piedi per terra.
E se ha voglia volare alto, lo faccia.
Non è peccato.
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