di Paola Riccio
Questa volta Pagano non mi ha ingannata con il miraggio della Positano del Nord, sono proprio io che ho scelto nuovamente un città anseatica, come meta del nostro week end di Giugno, e anche questa volta il fascino che solo queste località nordiche sanno esprimere mi è stato fatale.
Parlando prima con una signora polacca e poi con una russa di Kaliningrad, mi è stata rivolta questa domanda: “ ma cosa ci trovare voi italiani, voi che custodite l’eredità Europea, in questa landa desolata, cosa vi spinge a venire?”
Ma la domanda giusta non è questa, la domanda è: cosa spinge i Polacchi a lasciare la loro nazione per venire a vivere in Italia?
Non posso dire con contezza del livello del welfare, di cui godono gli abitanti, in tutti i suoi aspetti, posso dire che sono rimasta strabiliata dall’efficienza e fruibilità del sistema di trasporto pubblico, e se ad Amburgo me lo aspettavo, diciamolo, che la Polonia avesse surclassato quello italiano (inesistente) non lo immaginavo proprio; per non parlare della estrema disponibilità di eventi culturali di vario tipo e tutto a buon mercato. Per intenderci si puo’ assistere ad un concerto dell’Orchestra Filarmonica di Danzica, nell’Auditorium ad essa dedicato, in primissima fila, ad un costo in Sloti equivalente approssimativamente ad 8€.
Ma non sono solo queste le meraviglie della Polonia in genere e di Danzica nello specifico. La storia della città è antica, fastosa e travagliata, dai commerci della Lega Anseatica , alla contesa fra Polonia , Prussia e Svezia, al riscatto di Solidarnosch , con una strana , dal mio punto di vista, inclinazione alla celebrazione degli orrori della guerra; sarà che i Polacchi stessi sono stati le prime vittime dell’efferatezza nazista, non a caso il primo campo di concentramento nazista, Stutthord, era nato per internare la popolazione di etnia polacca proprio a pochi km da Danzica .
Danzica è solo una delle tre città unite in unica municipalità, Trójmiasto (Trecittà), con Sopot dal carattere più elitario e turistico, e Gdynia più moderna e metropolitana. Danzica è la storica città Anseatica, il cui centro antico esprime tutta l’ eredità ed è collocata sul fiume Motlawa, un ramo del delta della Vistola, mentre le altre due sono in riva al Mar Baltico.
Ma veniamo all’aspetto culinario; non avendo un obiettivo preciso ci siamo lasciati andare alle circostanze mangiando più o meno dove capitava e quello che segue è il nostro breve diario ristorativo.
Il primo giorno , esaurita in poche ore l’esplorazione dell’elegantissimo centro antico Stare Miasto, una delle cui maggiori attrazioni è l’enorme gru lignea sul bodo del canale, a sottolineare il passato di importanti scambi commerciali della città, il primo pasto lo abbiamo consumato all’interno di un punto di ristoro della Galleria Baltika, un grande centro commerciale, nella parte moderna di Danzica. Ci eravamo recati lì per fare un sopralluogo in alcune delle enoteche più rifornite della città Vinocentrum, registrando con desolante puntualità la pressoché assenza totale di vini italiani, con cospicua presenza di quelli spagnoli, invece.
Il pranzo è stato normale, in effetti si trattava di una cotoletta di maiale contornata dalle solite insalate di rape e crauti con condimenti agrodolci e patate fritte, salvo apprendere poi che la cotoletta di maiale è una delle pietanze più tipiche. Quello che è stato memorabile è stata l’eccezionale bontà del tutto e il costo ridicolo, il paragone con la qualità scadente dell’offerta di un punto di ristoro di un centro commerciale italiano e il costo spropositato è balzato agli occhi prepotente, e l’Italia è risultata nettamente perdente.
In serata invece ci trovavamo a Gdynia, la terza delle tre città la più lontana da Danzica, una ventina di km circa, e ci siamo spostati con il treno veloce, una sorta di metropolitana in superficie che collega le tre città, con corse ogni dieci minuti senza interruzioni notturne, salvo un diradamento delle stesse, ad un costo anche qui risibile.
Gdynia ha un carattere moderno molto diverso da Danzica, è anche meno turistica avendo di certo meno attrazioni architettoniche ed è adagiata proprio in riva al mare. Fallito il tentativo di cenare da Sztuczka, il ristorante più accorsato della città, su indicazione di Kamila, la mia importatrice, perché sempre fully reserved , quella sera e quelle a venire ci siamo recati verso la lunghissima spiaggia bianca, dove si stava svolgendo un grande concerto di musica rock, una sorta di anteprima del festival musicale che si svolge ogni anno ai primi di Luglio, con band che si alternavano e un enorme raduno di ragazzi sulla spiaggia.
Era la sera del solstizio d’estate, e quasi tutte le ragazze per celebrare questa data così importante in tutte le culture nordiche recavano sul capo delle corone realizzate con rami e fiori.
Era strano il contrasto fra il contesto così moderno, la musica rock, il concerto, e l’osservanza di questa tradizione antica, che regalava un’atmosfera molto magica. Mi hanno raccontato poi che il rituale completo prevede, quando il villaggio sorge su una riva di un fiume, che le corone vengano lanciate dalla fanciulle in acqua con una candela al centro, che non deve spegnersi, mentre i ragazzi cercano di recuperarla in una sorta di pegno di amore verso la fanciulla che l’ha lasciata andare.
Quella sera abbiamo mangiato in uno dei chioschetti ambulanti installati in occasione del Festival, e il menù è stato filetto di halibut, un pesce piatto dal sapore molto delicato e dalle carni tenere, fritto, in una pastella croccante, con il solito contorno di verdure crude varie tritate e patate fritte.
Pesce squisito, freschissimo, anche qui prezzo più che abbordabile data la materia prima eccellente, del resto qui il pescato del Mar Baltico rappresenta uno degli ingredienti principali della alimentazione quotidiana. Abbiamo solo registrato con disappunto che il loro servizio non prevede l’uso di posate di metallo, solo di plastica, molto scomode; soprattutto se stai mangiando una pietanza deliziosa, l’uso della posata di plastica ti leva una parte del piacere. Come bevanda una rinfrancante birra locale alla spina, non artigianale; non a caso l’industria della birra in Polonia è una delle maggiori in Europa .
Il secondo giorno invece lo abbiamo vissuto con stile un po’ meno on the road, e ci siamo regalati una minicrociera che partendo dal canale al centro di Danzica, navigando lungo il fiume e sfociando sul Baltico, ci ha condotti fino a Sopot.
Le rive del fiume sono grigie e abbastanza monotone, senonché si passa attraverso i cantieri navali di Danzica, dove ha preso forma il movimento di Solidarnosh, e abbiamo assistito a un paio di manovre di pilotaggio per ormeggiare una enorme chiatta, insomma cose da panorama moderno e industriale. In realtà la Vistola ha una foce a delta, e da Danzica si naviga su uno dei rami del delta, che ha una foce da un bellissimo faro rosso laddove si incontra con il Mar Baltico e da lì la navigazione verso Sopot dura pochissimi minuti.
Una volta ormeggiato il ferry boat sul lunghissimo pontile di Sopot , gioca forza a causa di una pioggia molto fitta , abbiamo deciso di fermarci per pranzare nel ristorante che sorge proprio all’estremità del pontile, il Meridian, dove è accaduto quello che non mi sarei mai aspettata.
Avevo già notato nei menù esposti fuori ai ristoranti della città vecchia, fra una boutique che vende agata e l’altra, che vengono spesso proposte le cozze, variamente condite, e anche al Meridian venivano proposte, in crema diceva il menu.
Ho voluto rischiare, e devo dire che i sensi sono stati ripagati. Questa sorta di sautè Baltico, prevede che le il brodetto delle cozze venga aromatizzato fortemente con della cipolla, e poi arricchito con della panna liquida e tanto prezzemolo e rosmarino dall’ aroma molto più delicato del nostro. Ora io so che i puristi staranno inorridendo, ma fidatevi, le cozze allo stile baltico erano prelibatissime e fra l’altro con la ricchezza della panna è stato un piatto unico più che sostanzioso, francamente da adottare nella cucina di casa.
Inoltre sono stata colpita dalla cortesia d’antan, la vaschetta di acqua con limone e menta per deodorare le mani a fine pasto, un’ usanza scomparsa ahimè in Italia e sostituita dall’orrida salvietta in bustina.
Raffaele invece ha ordinato un filetto di baltic dorzs, un merluzzo di grossa pezzatura, dalle carni molto sode, cotto al forno, anche questa una proposta tipica. Abbiamo accompagnato il tutto con un Pinot Santa Margherita, un po’ perché era l’unico vino bianco italiano in carta, oltre ad un prosecco, e un po’ per vedere cosa si beve di italiano nel mondo e francamente è stata un’ esperienza più che deludente.
A fine pasto ci siamo regalati una ricca porzione di Szarlotka, una torta di mele guarnita con gelato alla vaniglia e panna, il dolce tipico polacco e un bel caffè espresso , finalmente degno di questo nome.
Ora dato che Sopot è una località elitaria, per la raffinatezza del posto, e infine per la presenza del pane e della posate di metallo, ci aspettavamo un conto un po’ più salato, ma anche questa volta siamo rimasti sbalorditi dalla convenienza, che senza il costo della bottiglia di vino che incideva al 50% sul totale, avremmo speso quanto si spende in Italia per mangiare due pizze in una pizzeria e neanche gourmet.
Terminato il pasto, aveva anche spiovuto, ci siamo goduti la bella passeggiata lungo il pontile per raggiungere la spiaggia e poi l’elegante cittadina che ci ha accolti con lo sfondo del super lussuoso Sheraton.
Siamo rientrati a Danzica, neanche a dirlo, con l’efficientissimo collegamento su strada ferrata, di cui avevamo già usufruito nei giorni precedenti, giusto in tempo per assistere al concerto dell’ Orchestra filarmonica di Danzica, nell’Auditorium.
L’ultima mezza giornata è stata dedicata all’esplorazione di una parte periferica della citta di Danzica, Oliwa. Vi siamo giunti prendendo un autobus di linea, che ha fatto un lungo giro attraverso i sobborghi della città, dove colpivano per il loro sapore da regime dei quartieri con enormi fabbricati in blocchi contrassegnati e numerati, una periferia con una bassa densità di edificazione e anche di popolazione.
Oliwa invece è un bel quartiere residenziale con caseggiati bassi, tutte villette unifamiliari di edificazione anteguerra ed evidentemente sopravvissute alla feroce distruzione fatta dai Sovietici, questo quartiere si erge intorno ad un bellissimo parco, che custodisce al suo centro un complesso un complesso monastico con una chiesa molto suggestiva, in stile gotico all’esterno, ma piuttosto barocco all’interno.
La cosa più notevole è il magnifico organo a canne che custodisce, uno dei più grandi d’Europa dicono le notizie in rete , e visitando la chiesa durante il giorno , vi puo’ capitare come è capitato a noi di assistere ad uno dei concerti che si susseguono più volte, ovviamente gratis. Il nostro è terminato con la Toccata e Fuga di Bach. La cattedrale è anche la sede di un importante festival di musica sacra, durante il quale si esibiscono musicisti da tutto il mondo e che si svolge durate i mesi estivi.
Poprio ad Oliwa , a pochi minuti di passeggio a piedi lungo le stradine di villette, si trova invece Pierogania Mandu, uno dei ristoranti meglio recensiti e specializzati in pierogi, un’ altra pietanza tradizionale polacca. Si tratta di una specie di agnolotto, a forma di mezza luna, ripieno e condito nei modi più disparati.
Solitamente durante il fine settimana pare che sia preso d’assalto e ci siano lunghissime attese, ma il lunedì c’erano pochi avventori ci siamo potuti accomodare subito e, durante l’attesa, assistere alla preparazione della pasta, che viene fatta a vista nella sala ristorante da una squadra di donne.
Il menù elencava decine e decine di ripieni e condimenti possibili, purtroppo non offrivano la possibilità di avere un assortimento e quindi per provare qualcosa in più abbiamo ordinato tre piatti, scegliendo fra quelli tradizionali, con ripieno di spinaci e crema di formaggio, con ripieno di carne tritata e crema di funghi e con ripieno e condimento di cipolla e bacon fritti.
Erano tutti gustosissimi, la pasta un po’ più elastica rispetto alle nostre paste ripiene, e le porzioni abbondantissime, dieci pierogi a porzione, tant’è vero che nonostante fossero molto appetitosi non siamo riusciti a finire tutto.
Terminato il pranzo siamo ritornati sempre con l’autobus a riprendere i bagagli in albergo, per poi dirigerci verso l’aeroporto, anche in questo caso con il bus. La corsa dal centro città verso l’aeroporto l’abbiamo pagata tre sloti a persona , circa 0,80 €.
Durante il tragitto quello che ho pensato è stato: ok, l’Italia non ha mai brillato per i trasporti, ma non doveva essere il paese de buon cibo? Ebbene , noi così, all’impronta, senza essere preparati e senza avere indicazioni speciali, andando a caso, abbiamo mangiato in Polonia sempre benissimo e sempre a prezzi politici, sarebbe stato lo stesso in Italia? Credo di no. La Polonia vince almeno tre a zero contro l’Italia.
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