di Ugo Marchionne
Premessa
Come dice il mio maestro Luciano Pignataro, per essere un buon critico bisogna innanzitutto professionalizzarsi, essere professionali ed essere dei professionisti. Ed eccomi quì, a Roma a compiere un altro passo importante della mia vita e della mia carriera. Ad onor del vero però, questa città è uno dei luoghi della nostra Penisola che ho più caro e già nella scorsa stagione ho avuto modo di frequentarla e recensire alcune realtà della capitale. Complessivamente il mio ristorante preferito è Mamma Mia ai Parioli, è quì parla l’Ugo Marchionne uomo prima che writer, un ristorante della felicità in cui amo tornare per star bene, mangiare dell’ottima carne o il mio amato Kobe e bere tanto champagne in compagnia del patron Daniele Agosti. Mamma Mia però è anche un luogo di grande divenire gastronomico, in cui vengono presentati i grandi champagne e vengono organizzati tanti eventi. L’ultimo di questi ha visto un altro chef che ho adorato, il bravissimo Andrea Dolciotti, alle prese con un tributo alla cultura gastronomica capitolina. Un appuntamento irrinunciabile al quale trovandomi a Roma non ho saputo dire di no.
Precisiamo subito che al Mamma Mia c’è una nuova chef, si chiama Maria De La Paz, donna tenace, di polso, sudamericana verace ed ho detto tutto. Andrea Dolciotti lo conosciamo già, un sardo dal cuore romano, tecnica primal sensibilità tattile da vero gourmand, estetica fotografica del piatto e non perdiamoci in chiacchiere. La serata ha avuto come oggetto quello di far scoprire o riscoprire ad un pubblico variegato quelli che sono i capisaldi della tradizione romana. Sembra semplice, ma non lo è. Mettersi in discussione così, invitando uno chef così significa innanzitutto cambiare per una sera il proprio mindset. Il meglio del meglio dal meglio ma con la cultura della propria città. Non mi credete? Viaggiate con me. Questa serata è stata per me un’occasione irrinunciabile, un entry level alla cucina popolare capitolina che difficilmente scorderò, per emozioni, vivacità e spensieratezza.
Si comincia. Trippa alla Romana. Quasi un morso solo. la quantità giusta a mio avviso per goderla appieno. Ah è quella di Andrea Dolciotti eh. Pomodoro molto dolce, acidità inesistente, Solo centopelli, consistenza e sapore non troppo tenace. Abbondante di cacio. Mi ricorda quella di mia nonna Emilia e non scherzo. Ho visto tante signore apprezzarla di gusto e forse è quella la riprova del suo essere indovinata più che il mio giudizio. Morbidezza e sapore al potere con i carciofi ripieni e gli involtini classici romani. Punti di cottura indovinatissimi, anche qui sapidità non troppo spinta nonostante i vari fattori di rischio. Combinazione vincente.
Ed ora ci si diverte. La prendo alla lontana. Sapete tutti cosa sono il Picchiapò e la Carbonara giusto? No? Va bene, prova a spiegarvelo un napoletano trapiantato a Londra. Il Picchiapò rientra in qualche modo nella categoria della cucina povera, o meglio, della cucina degli avanzi. Potremmo dire della cucina ‘saggia’ che, cioè, non sprecava nulla, come nel caso della carne da brodo, in romanesco “allesso”. Il lesso, che andrebbe correttamente distinto dal bollito (dove la succulenza e le proprietà della carne vengono preservate rispetto a quella cotta nel brodo) si presenta come una carne sfibrata, asciutta, quasi senza sapore. A Roma tradizionalmente si recupera con della salsa verde, oppure si ricicla tritandola per farne polpette di bollito che, una volta fritte, diventano una vera prelibate. La Carbonara è letteralmente il caposaldo universalmente riconosciuto della romanità, forse più di Giulio Cesare e del Colosseo ed è invece riassumibile così. Guanciale, pecorino romano, uova e pepe. Basta. Sono stato bravo? Ecco, ringraziate la bravissima Virginia De Falco perchè la bibliografia è merito suo. Avete presente quindi queste due ricette? Perfetto, dimenticatele, o meglio ripensatele. Il Picchiapò di Andrea Dolciotti è una polpetta schiacciata non tritata della sua carne lasciata intera e fritta dorata in una croccante panatura artigianale. Letteralmente da urlo. A noi partenopei ricorderà come concetto quello della genovese o della carne in brodo in quanto a consistenza e non siamo neppure tanto lontani. Veramente da sballo. La Carbonara del Mamma Mia, quella pensata da Daniele Agosti è la Carbonara in fiore, già descritta su questo archivio. Fiore di zucca riempito della salsa alla Carbonara, guanciale compreso e fritto in pastella a mò di Tempura. Gli antichi griderebbero: ” O tempora! O mores!. Io come tutti i commensali abbiamo letteralmente ululato di gioia all’apertura di entrambi i fritti. Fragrantissimi e saporitissimi.
Ancora un’altra prima per me. Pajata e Gricia. Non servono parole.
Capitolo carni. Non me ne vogliano gli altri in città ma personalmente credo che la carne di Daniele Agosti per retaggio storico, culturale e di impegno nella promozione delle varie specie sia una tra le migliori se non la migliore in città a furor di popolo. Per la serata è stata scelta una particolare selezione di Angus americano dal Lazio della quale vengono prodotti pochissimi capi. Steak & Tartare, della quale ho apprezzato moltissimo il taglio e l’abbinamento bilanciatissimo con la senape all’antica. Sinceramente reputo che la passione che muove questo ristorante a scegliere le migliori carni possibili senza affidarsi al catalogo ma coltivando le relazioni interpersonali sia una delle cose più belle nel fare ristorazione.
Predessert. La Carbonara di Andrea Dolciotti della quale potrete trovare la ricetta qui. Avvolgente. Voluttuosa con questa crema quasi a ricordare uno zabaione salato. Da provare e riprovare, in versione predessert ne vorresti altre venti.
Capitolo enologico. Premessa doverosa. Generalmente Daniele mi omaggia diffusamente con Champagne da condividere insieme. Stavolta ho chiesto in virtù del diritto di tappo di omaggiare io lui di due bottiglie dalla collezione di casa Marchionne veramente uniche. Dom Perignon Oenoteque 1990 e Sassicaia 1998. Non mi dilungherò in descrizioni perché non ho la competenza per farle. Vi basti sapere che le abbiamo finite entrambe, non parchi di complimenti per ambedue le bottiglie.
Conclusioni
Una bellissima serata all’insegna della convivialità e della buona cucina che conferma entrambi i protagonisti coinvolti. Tanto Andrea Dolciotti quanto il Ristorante Mamma Mia. Una serata fantastica che ha permesso a tantissimi commensali, il ristorante era pieno, di godere di piatti genuini, preparati a dovere, col sorriso sulle labbra. Dico sempre che Roma è bellissima ma indifferente a coloro che calpestano la sua terra, ecco, Mamma Roma mi ha fatto sentire meno solo stasera.
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