di Gianfrancesco Paci
Magione Papale a L’Aquila con William Zonfa. Parlare con lui non è un semplice colloquiare del più e del meno. Il suo sguardo può svelare un sorriso beffardo nemmeno troppo nascosto e apparentemente, concetti come “materia prima”, “origini”, “tradizione” e “innovazione”, se ci si ferma alla superficie degli argomenti trattati, possono risultare al giorno d’oggi fin troppo inflazionati. Soprattutto se paragonati a quello stucchevole abuso da bombardamento mediatico che, accendendo un televisore o sfogliando qualsiasi giornale, quotidianamente viviamo.
Magione Papale a L’Aquila. Oggi il nome è decisamente altisonante: i riconoscimenti di eccellenza che negli anni ha collezionato sono davvero tanti. Ma ciò che mi piace davvero estrapolare dalla conversazione con lui, è quanto e come, proprio da quella chiacchierata di cui sopra, emerga, semplicemente, William.
Lui è un ragazzo giovane. Giovanissimo direi; nemmeno quarantenne, il quale, dopo aver chiuso gli studi all’istituto Alberghiero di Roccaraso, aquilano DOC di origine, è voluto uscire dall’ovile abruzzese. L’obbiettivo era semplicemente quello di percorrere, con approfondimenti di altissimo livello ed esperienza in giro per il mondo, tutti quegli step necessari a una condizione di “open mind” che gli permettesse di ampliare il suo bagaglio tecnico, culturale e di visione.
Prima “Il Pellicano” di Porto Ercole: due stelle Michelin e la magistrale conduzione di Antonio Guida. Poi il “miglior ristorante al mondo” come le guide hanno negli anni sentenziato, il Mirazur di Mentone: tre stelle Michelin e una clientela dai più alti salotti del globo. Successivamente viaggi con soggiorni in brigate di altissimo livello in Germania, Giappone e Cina, lo hanno portato ad avvertire il richiamo delle sue radici. Una voce “forte e gentile” per parafrasare quanto un padre della lingua italiana come Primo Levi sostenne
relativamente all’animo abruzzese e a chi ne incarna fedelmente lo spirito…
Di lì la decisione dell’avventura “Magione Papale”.
Purtroppo il destino, in quell’ormai lontano 2009, si mostrò in tutta la sua spietata crudezza col suo progetto, ma soprattutto nei confronti della sua città: L’Aquila, quel distinto capoluogo di Regione, imponente, silenzioso, ricchissimo di storia e arte mai sbandierate come altri centri molto più aridi, si venne a trovare, dopo 3 minuti bui, in ginocchio.
Un sisma aveva completamente stravolto la città. Le strutture del centro storico erano crollate o profondamente lesionate. I morti furono centinaia e gli sfollati, nel capoluogo come in quel numero impressionante di comuni dell’enorme provincia circostante, lasciarono copiosissimi tutta l’area.
Partire con un progetto ambizioso, in quel periodo, era a detta di tutti una delirante follia.
Ma si sa: spesso la storia ci ha insegnato come il confine tra genio e pazzia sia una sottilissima e invisibile linea. E quando chi ne delinea i tratti, ne è padrone assoluto ma consapevole, riesce sempre in imprese titaniche.
L’apertura della struttura Magione Papale era prevista per il 2009. In estate.
Il progetto di ristrutturazione del comune iniziato a fine primavera, incluse quell’area nella cosiddetta “zona rossa” e non si riuscì a fare nulla fino all’anno dopo. Poi, finalmente, l’inaugurazione…
Inutile stare a raccontare le difficoltà che un progetto di questo calibro abbia incontrato quando una città di 70.000 abitanti stava vivendo una tragedia, e allo stesso tempo una vera e propria diaspora.
Clienti col contagocce e soprattutto, solo che venivano da fuori.
Ma è stato qui che il genio imprenditoriale del gruppo e di William hanno iniziato la scalata: con un passaparola tra tutti coloro che sfiduciati o senza la minima aspettativa si avvicinavano e con un incredibile livello di “customer satisfaction” che curava anche le più superficiali sensazioni del più esigente dei clienti. Da lì, ingranata la quarta, i riconoscimenti sono arrivati a tamburo battente.
2012 la stella Michelin. 2013 William è il migliore Chef emergente per Gambero Rosso e 2015 arriva il Cappello dell’Espresso.
I feedback della clientela si espandono a dismisura, e in qualche anno non si parla più di Magione Papale solo in Abruzzo o in quell’area circostante il tratto autostradale che da L’Aquila porta a Roma. Le richieste di giornalisti e critica altolocata sono sempre più, soprattutto alla luce di un elemento, imprescindibile ancora oggi, che ha contraddistinto incredibilmente il livello d’eccellenza di questo posto: l’esclusiva qualità.
La location è molto bella. Un vecchio mulino completamente ristrutturato, immerso in una vasta e curatissima piana verde con piscina esterna, dalla quale, lassù, nella prima salita che porta al centro della città, si staglia la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, imponente struttura del 13’ secolo, simbolo della città, che custodisce le spoglie del leggendario Papa Celestino V.
Dentro, il taglio moderno è ricercato, ma abbina elementi orientali a scalinate in marmo antiche. Avvicina spazi con lampadari moderni a una hall d’ingresso dallo spazio accogliente ma raffinato.
La sala del ristorante Gourmet (Magione Papale consta di 2 sale: quella del Gourmet e quella del ristorante “normale”) è di un’eleganza difficile da definire. Stile sobrio, moderno ma con rimandi a atmosfere fusion che convogliano al cliente tutta l’esperienza umana e professionale dello staff.
La cucina è…semplicemente la cucina di William Zonfa. Non stiamo parlando di un buon ristorante. Qui c’è un pensiero e un approfondimento nella conoscenza in qualsiasi passaggio del pranzo o della cena vissuti dal cliente a tavola.
C’è “castratissimo”: una geniale reinvenzione dello chef, studiata partendo dai sapori della cottura lenta di una volta, destrutturata e quasi “ingegneristicamente” riformata con un lento ed elaboratissimo processo…Profumi unici.
C’è uno spaghetto freddo allo zafferano, cicala di mare, lime e pepe rosa: un’invenzione cromaticamente elegantissima, ma che al sapore stupisce per l’inseguimento sensoriale di tutti gli elementi, sorretti da profumi perfettamente ad incastro e consistenze raramente percepite a tavola.
C’è il coniglio affumicato con sedano rapa e mandarino con una cottura tale da permettere una consistenza magica, ai limiti del “burroso”, e una succulenza che lascia avvertire non solo tutta la fragranza tipicamente “selvatica” ma elegante del coniglio, ma anche trattenere tutti i valori nutrizionali al massimo all’interno della carne. La ricerca della materia prima è meticolosa e si sofferma molto su tutte le risorse locali. Ma, nonostante numerosissimi richiami agli eccellenti formaggi abruzzesi e ai raccolti propri di quest’area del centro Italia, non mi sento di definire questo un ristorante “tipico”. Troppo vasta e poliedrica è l’esperienza dello Chef in giro per il mondo, tangibile in ogni sua produzione, per ridurre il suo locale a vetrina di cucina “solo” del posto…
C’è un menu alla carta non vastissimo ma ricercato. Studiato in ogni dettaglio e che stupisce per la descrizione del piatto e i suoi processi di formazione, soprattutto alla luce delle sensazioni che si hanno poi nel riceverlo servito e, successivamente, assaporato. Lo zafferano (de L’Aquila DOP di cui lo Chef è ambasciatore nel mondo) è molto frequente, ma in ogni piatto assume interpretazioni che gli permettono talvolta di essere solo un educatissimo profumo, talaltra di conferire la parte più speziata e provocante. Successivamente, in alcuni piatti può essere delicato ma pungente, in altri, genialmente, soltanto un profumo di raccordo tra sapidità e fragranze vegetali.
Un percorso, insomma. Un’esperienza di gusto che parte da entrèe di benvenuto, passa da primi e secondi e tocca le eccellenze nei dessert, ma anche nei lievitati come pani, cialde e grissini. Questi ultimi si distinguono per la ricerca di gusti mai scontati e profumi di una volta, dal sapiente uso del lievito madre.
Inutile soffermarsi nella descrizione di ogni singolo piatto. Ritengo che una fotografia descrittiva sia più consona a un ristorante. Qui siamo in una fucina di idee, mirate alla soddisfazione del gusto del cliente.
In perfetta linea è la carta dei vini. Il Sommelier AIS responsabile è di Avezzano: Manolo Damiani. Dopo un’importante esperienza di crescita e responsabilità dagli storici Trimani di Roma, si trova oggi a gestire una carta dei vini, da lui brillantemente delineata, di circa 1000 etichette. Ci sono ovviamente tutti i nomi più squillanti d’Europa e d’Italia. Non avrebbe potuto essere diversamente. Ma c’è anche tanto Manolo in una fetta, nemmeno troppo risicata, di cantine di eccellenza e interpretazioni di culture enologiche locali, magari non popolari come Masseto o Romanèe-Conti, ma non di minore effetto sensoriale. Per i più appassionati e tutti i veri cultori amanti della materia, si possono trovare davvero numerose chicche.
Tra un anno il locale festeggia i 10 anni di attività. E pensando al punto di partenza, soprattutto in considerazione dell’evento che ha per sempre cambiato i connotati della Società locale, “Magione Papale”, oggi, posso permettermi di sostenere che non è soltanto uno straordinario ristorante stellato.
Sono un paio di anni (l’ultimo in particolar modo) che L’Aquila non è più solo meta di visitatori casuali che vedono le gru e proseguono il loro cammino. Le viuzze e le poetiche piazzette che innervano il centro sono ancora tutte come fosse l’indomani del sisma. Ma la comunità che nei primissimi anni dopo l’evento si era riversata per inerzia nei centri commerciali della periferia, oggi, pian piano, sta tornando a impadronirsi della propria passeggiata nella città storica. Le costole del centro sono sistemate. La raffinatissima Piazza Duomo, con il restauro della Cattedrale e della splendida antistante Chiesa di Santa Maria del Suffragio (nota ai più come “delle Anime Sante”), è tornata ad avere più di un locale aperto. Lì intorno, i due Corsi, Vittorio Emanuele e Federico II e altri punti di riferimento storici come i 4 cantoni e la Villa Comunale hanno aperto le porte dei locali e della speranza a tutti. E qui, giornalmente, si riprende a vedere gente. Non tantissima. Ma gradualmente sempre di più. Tra questi, si rivedono i giovani con le loro compagnie di amici e tutti quei visitatori di cui sopra. Questi, anni fa, magari, uscivano dalla A24, facevano un giro, prendevano un caffè in centro e desolati ripartivano. Oggi, per fortuna, una buona parte, edificata dal fascino di una città dall’eleganza e dal fascino impareggiabili, prende il caffè e…si ferma. Soggiorna, gira un po’ per quelle chiese e strutture storiche di ricchezza inestimabile che sono state ristrutturate e, quasi sempre, fa un viaggio nella generosissima tradizione enogastronomica locale.
Ed è qui che penso che Magione Papale, in questi anni, non sia stato solo il ristorante stellato de L’Aquila.
William e il suo team, con il passaparola sul loro magnifico posto e la straordinaria qualità offerta, sono state delle eccellenti sirene di richiamo. Prima per semplici addetti all’ enogastronomia, poi per cultori e appassionati, successivamente per tutti coloro che parallelamente alla crescita esponenziale della Magione, constatavano come una città di arte e storia, unica in Italia e al mondo, stesse iniziando da lontano a intravedere la luce fuori dal tunnel…
Dieci anni fa forse in pochissimi avrebbero detto che L’Aquila poteva tornare a volare. In ancor meno, probabilmente, pensavano al successo del progetto di Zonfa.
Oggi L’Aquila vive la genesi di una sua nuova primavera, con il tifo sfegatato di tutti noi affinchè le nuove generazioni recitino, qui, i nuovi atti della sua gloriosa storia millenaria.
William, espressione autentica e fiera di “aquilanità”, ne incarna le gambe su cui la città si sta rialzando e con la Magione Papale è pronto ad accogliere chiunque voglia intraprendere un percorso unico di gusto, conoscenza e piacere. Tutto, ovviamente, ai massimi livelli.
Magione Papale – Relais di campagna & Ristorante
via Porta Napoli, 67/I – 67100 L’Aquila
Centralino: tel. +39 0862.414983 / 422548 – fax 0862.411107
Ristorante: tel. +39 0862.404426
eMail: info@magionepapale.it
http://www.magionepapale.it/
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