Si è svolta ieri pomeriggio, presso il Cavalieri Hilton a Roma, la presentazione del libro “101 Vini da bere” di Luciano Pignataro organizzato dall’Ais Roma.
Tutto esaurito in sala, con oltre 150 presenze tra produttori, appassionati, giornalisti, sommelier e simpatizzanti: Franco Ricci e big Luciano hanno colpito nel segno! Durante la presentazione sono stati offerti, attraverso una affascinante degustazione guidata, nove dei centouno vini presenti nel libro. Ma procediamo con ordine.
Il Catarratto Terre Rosse di Giabbascio di Centopassi, naso dapprima ridotto ovviamente poiché era un 2009 (evidenziava note di castagna bollita), dopo un bel po’ s’è aperto magnifico con fiorali finissimi, freschezza da vendere, tosta tost; chiusura lunga forse appena amara: questo vino ha dalla sua anche una bellissima storia da raccontare, che va da Peppino Impastato a Pio La Torre (era presente in sala anche il produttore). Il mio preferito ieri.
Il Pinot bianco 2008 di Petrussa, tenue nel naso, attacco di bocca fluente, molto sapido e molto molto molto minerale in retrolfatto: vino più di bocca che di naso, dal bel corpo esile.
Terzo calice, il Fiano di Ciro Picariello: il produttore, presente in sala, ci ha offerto in degustazione la 2007, annata calda e asciutta, lavorata su lieviti selvaggi, proveniente da due vigne, una più giovane e meglio esposta, l’altra più vecchiotta, esposta appena meno bene: questo splendido Fiano mescola sapidità, iodio e affumicato insieme, note queste tre che moltiplicandosi in bocca grazie alla prodigiosa progressione vettoriale degli aromi, gli conferiscono oltre ai varietali più noti (il vino è, peraltro, tutto acciaio) un’originale, lievissima nota molto vicina all’odore di stoccafisso. Balance di acidità perfetto, molto lungo. Da frequentare in continuità per altri dieci anni almeno. Bello, bello, bello.
Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo 2005 Rosa-ae di Torre dei Beati (presente in sala il produttore), rosato ben fatto, elegante al naso, rotondo al palato che chiude lungo. M’è piaciuto.
Quinto sorso, il Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2006 di Crociani: un racconto di vita molto intenso quello fatto dalla produttrice presente alla manifestazione, fatto di gioie, di dolori, pieno di presente e di futuro, di incertezze e di tentennamenti ma anche di tanta poesia. Il vino? Fruttato rosso, erbaceo, terra e torrefazione, bel naso interessante, con legno insieme molto presente ma in disparte, e bocca leggera, fresca fresca, molto bella cioè fine, lunga. Titolari in sala.
Ancora un rosso, un Barbaresco, La Casa in Collina 2006 di Terre da Vino: un po’ di legno da digerire ancora, comunque molto fine al naso, tannico e lungo, baroleggiante in stemperamento, leggero. Epperò che bel prodottino!
Gli ultimi due rossi, un calice profondo e un calice segreto. Il primo è l’Aglianico del Vulture Terra dei Fuochi, 2007 di Carbone, naso profondo ma legnosetto, secondari in netta evidenza (c’è difatti molto fruttato), tannino appena amaro, buona bevibilità nel complesso dovuta alla fine sapidità e alla freschezza, tanta sostanza minerale in retrolfatto, da riassaggiare tra un buon paio d’anni, così come evidenziato da Luciano Pignataro al produttore.
Il segreto (un po’ di pulcinella, per la verità, almeno per chi frequenta i wineblog) è AR.PE.PE, azienda lombarda, della Valtellina. Grumello Rocca de Piro Riserva, 2004: sei anni di attesa per svelarci il loro segreto. La titolare ci ha illustrato il lento lavoro di affinamento che eleva questo originale rosso al rango di chiaretto, o quasi: spiazza scarico di sostanza, ma brilla tutto il calice perfino l’unghia arancio. Timido, parimenti, al naso e in bocca. Al riassaggio la scoperta, note animali, consistente acidità che tira e ampiezza da vendere. Esile e delicato ma tosto, tosto assai. Uno di quei vini che t’affascinano perché capisci perfettamente di non poter affarrare, almeno subito.
La chiusura? In dolcezza! Il Custoza La Valle del Re Passito 2005, Villa Medici ci ha offerto questo bianco non molto caldo (siamo poco oltre i 13 gradi), selezionato da big Luciano: naso tabaccosissimo, ovviamente con belle note di fiori secchi; bocca felicemente appena scarica, poco ricca, leggera e tesa, coerente e sapido in chiusura.
Al termine, tutti in fila per un autografo o una foto: questo successo editoriale difatti a Roma sta praticamente esaurendo la sua seconda ristampa. Infine, un complimento, mio personale, ai commis di sala (la scuola romana dell’Ais si vede), tutti ragazzi cordiali e molto professionali.
101 volte prosit!
Gaspare Pellecchia
P.S. ma se il vino è scoperta (anche dell’altrui inconscio?) allora una cosa ho capito, finalmente, del Pigna: il suo chiodo fisso deve essere proprio quando una forma molto esile esteticamente, s’incontra, giù giù nel profondo, con una vena molto “tosta”. Cifra stilistica che accomunava, ieri all’Hilton, tutti i nove grandi calici in batteria.
Le foto sono di Martino Iannone
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