MACARICO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione
Dopo aver goduto dello splendido autunno vulturino con il cielo terso e il rosso delle viti che colora in questi giorni i castelli federiciani di Lagopesole e Melfi, abbiamo ritrovato questo vecchio amico abbinandolo ad un capretto sacramentato e saltato con un po’ di bietola forte alla Locanda del Palazzo. Diciamo subito che questo è commercialmente un secondo vino, in realtà è l’altro rosso della piccola maison di Rino Botte alla quale partecipano il cognato Vito Paternoster e Renato Abrami, meno di 20.000 bottiglie per divertirsi sudando. Come sempre succede, leggi ad esempio il Repertorio della Cantina del Notaio o il Madrigale della Cantina di Venosa, spesso gli effetti speciali vengono proprio da queste selezioni su cui l’ansia del produttore è meglio distribuita tra i carati. Solo aglianico come già indica bene il disciplinare scritto nel lontano 1973 quando non c’erano le ansie monovitigne di oggi e la norma rifletteva sostanzialmente quello che si faceva in campagna, dunque solo questa uva in tutta la Basilicata del Nord. Lavorato in una cantina ricavata in una grotta sulla collina di fronte al paese. Le uve nascono in una zona di Barile sassosa e, ovviamente, vulcanica come tutto il territorio nero che ci ricorda il Vesuvio. Il Macarì dopo tre anni dalla vendemmia al primo impatto, il colore è rosso rubino con sfumature violacee, ha una forte zaffata di frutta rossa, seguono le spezie dolci del legno, barrique, usato generosamente ma sempre meglio dosato anno dopo anno, siamo ben lontano da altri sentori più evoluti perchè dobbiamo parlare di un vino fresco e giovane. Mentre il Macarico tende soprattutto all’esibizione muscolare, il Macarì volge decisamente al riequilibrio tra le diverse componenti, un equilibrio sofferto e raggiunto solo con l’evolversi del tempo in questo millesimo ma che proprio adesso inizia a manifestarsi con decisione e ottimismo. Conta, evidentemente, il fatto che il 30 per cento circa della massa evolve in acciaio e non in legno. L’attacco in bocca è suadente, dolce, poco aglianicoso, poi dopo pochi secondi libera la sua energia in cui prevalgono l’alcol e la freschezza, quella che noi tutti conosciamo di questo vitigno, non ci sono note vegetali o verdi, l’uva ha raggiunto una maturazione perfetta, direi per certi versi addirittura con una punta di surmaturazione coperta dall’acidità nonostante sia il primo taglio aziendale, i tannini sono ben presenti ma non preponderanti e non c’è alcun segno di astrigenza. Un Aglianico che si beve, meglio sottolinearlo, grazie alla sua piacevolezza e, ripeto all’equilibrio, dunque non stanca e non esaspera il palato, promessa di eccezionale longevità perchè questa 2005 promette davvero bene da queste parti dopo le incertezze della 2004 anche sta sotto con molta chiarezza rispetto alla 2006 di cui abbiamo potuto fare asseggi ieri in quattro aziende diverse per evdere di nascosto l’effetto che fa. Ancora una volta abbiamo bevuto questa terra meravigliosa, una terrazza affacciata sulla Puglia, l’ultimo bastione della Campania sul versante Sud che fa il paio con il vulcano spento di Roccamonfina. La dimensione dello spazio resta la prima impressione palpabile per chi vive e lavora nella metropoli, quello spazio reclamato e imposto dal vino a tavola, inizialmente respinto perché si doveva assaggiare altro, ma poi conquistato grazie alla sua austerità di fondo, alla sua capacità di abbinarsi ai magnifici piatti di Lucia, durante un pranzo domenicale in quella che per noi è una delle basiliche del gusto nel Mezzogiorno. Qui potete vivere se ne avete facoltà.
Sede a Barile, piazza Caracciolo 1
Tel. e fax 0972.771051
Sito: http://www.macaricovini.it
Enologo: Gianpaolo Chiettini
Bottiglie prodotte: 20.000
Ettari: 5 di proprietà
Vitigni: aglianico