Ristorante Il Ghiottone
Via Nazionale 42
Policastro Bussentino
Telefono: 0974 984186
La scelta della foto di copertina che ritrae questa elegante signora dai capelli candidi e dai tratti gentili, circondata dalle sue adorate orchidee, non è casuale: rappresenta il fermo immagine della vita di Maria Rina, del ristorante Il Ghiottone a Policastro Bussentino, tappa fondamentale per chi si reca nella patria della Dieta Mediterranea.
Classe 1952 e una vita spesa alla ricerca della bellezza e dell’armonia, a cominciare dalla cucina dove, con mano leggera ed elegante, si è costruita la fama (meritatissima) di decana della cucina cilentana di qualità.
Originaria di Vibonati, il suggestivo borgo collinare famoso per i suoi splendidi portali a pochi chilometri dal Golfo di Policastro, Maria la passione della cucina non l’ha ereditata dalle donne della sua famiglia, ma dalla madrina di cresima, Laura Gerbasi, raffinata padrona di casa, appartenente ad una delle famiglie più in vista di Vibonati, con una grande passione per la cucina, è stata lei il modello a cui si è ispirata nel suo “viaggio” tra pentole e fornelli che è iniziato circa sessant’anni fa: aveva solo nove anni.
<<La casa della mia madrina rappresentava quello che per le altre bambine era il luna park, sia per il profondo affetto che mi legava a quella donna meravigliosa, sia perché già all’epoca amavo riempirmi gli occhi di cose belle – mi racconta -e Laura Gerbasi era nata con un fortissimo senso estetico che andava dall’arredamento della casa, all’apparecchiatura della tavola, alla cura delle piante. La mia era una famiglia umile, mamma sarta e papà operaio, si badava all’essenziale, anche in cucina. Ricordo con un certo senso di fastidio, ancora oggi, il brodo di gallina. Mia madre lo impiattava con il suo grasso, come era in uso allora e come avviene a tutt’oggi nella cucina casalinga. Donna Laura, già all’epoca, e parliamo degli anni Sessanta, serviva un brodo chiarificato alla perfezione, quella stessa perfezione che ho ritrovato nelle scuole di cucina che ho frequentato tantissimi anni dopo. Con una differenza, però: la mia “commare” lo faceva ad intuito, non certo perché avesse acquisito chissà quale tecnica. E poi gli indimenticabili dolci di casa Gerbasi. Quasi ogni giorno c’erano biscotti, torte, crostate, creme, zeppole da impastare. Una cosa davvero rara dalle nostre parti dove il dolce restava circoscritto ad occasioni speciali. Ed io ero l’aiutante preferita di Laura, montavo le uova per il pan di Spagna come una moderna planetaria, col solo aiuto di un forchettone e non mi stancavo mai. Ancora oggi ho in carta la Pizza roce, dolce tipico cilentano a base di pan di Spagna e crema, decorato da una candida glassa, il cui nome deriva dal metodo di cottura in quanto veniva cotta nel forno a legna, come il pane e la pizza >>.
L’altra passione di Maria è stata il disegno che coltivava tra un’incombenza e l’altra, in sostanza era lei che portava avanti l’organizzazione familiare sin da adolescente. Per questo fu notata da un grosso imprenditore edile della zona che la volle con sé nel suo studio tecnico. Erano gli anni Settanta, quelli del boom edilizio, che trasformarono totalmente la natura selvaggia del Golfo di Policastro con la costruzione dei numerosi villaggi turistici e delle case vacanze. Maria all’interno dell’organizzazione si occupava degli accatastamenti, ma la sua passione restava sempre la cucina e con essa il sogno di farne un vero e proprio lavoro. L’occasione le si presentò nel 1974, quando per un caso fortuito, le fu affidata la gestione di un ristorante sull’Isola di Dino, dove rimase fino alla nascita della prima figlia.
<<Ho avuto due figlie in undici mesi, e la maternità non mi permetteva di occuparmi del ristorante. Così mi presi un periodo di pausa durato fino al 1978, quando con l’incoscienza che appartiene ai giovani, senza alcuna disponibilità economica – ricordo che firmai un numero imprecisato di cambiali – decidemmo con mio marito di aprire un ristorante a Policastro Bussentino, nei locali di sua proprietà>>.
Era nato Il Ghiottone. Una cucina casalinga che accoglieva turisti e residenti, in quegli anni sempre più numerosi, tanto che si facevano anche 200 coperti al giorno nella bella stagione.
Maria cucinava come avrebbe fatto a casa sua, materia prima sempre di ottima qualità ma senza una vera e propria preparazione tecnica alla base.
<<Bisogna fare una netta distinzione tra ‘fare da mangiare’ e fare ristorazione – precisa Maria -, la ristorazione presuppone innanzitutto una ricerca (quasi) scientifica della materia prima, la tecnica delle cotture, la conoscenza approfondita degli strumenti, la capacità di abbinare gli ingredienti nel piatto. Noi donne riguardo all’ultimo punto, siamo avvantaggiate, il senso estetico che si estende anche al gusto, è nel nostro DNA, ma non basta, occorre formarsi. Io l’ho capito quando mi furono chiesti due piatti di spaghetti, uno al filetto di pomodoro ed uno al pomodoro. Non sapevo la differenza, andai ad intuito, però quel giorno compresi che mi dovevo formare per offrire ai miei clienti una ristorazione di qualità. Fino ad allora mi ero data alla lettura ‘matta e disperatissima’ delle riviste di settore, La Cucina Italiana, Sale e Pepe ma anche tanti testi da cui avrei dovuto apprendere le tecniche che conservo gelosamente in sala, a ricordo di quegli anni, ma non era sufficiente>>.
Furono quelli gli anni della svolta: Maria trovò l’indirizzo di una scuola di cucina a Roma, la Cordon Bleu, proprio su Sale e Pepe – il giorno di chiusura partiva alle quattro di mattina per tornare alle due di notte – poi fu la volta dell’Etoile Academy a Chioggia Sottomarina, sacrifici enormi affrontati con grande determinazione da una donna che aveva deciso d’investire su sé stessa.
Con gli anni la cucina della signora del Cilento muta, diventa più ricercata, si alleggerisce, guarda la tradizione dall’alto, senza mai rinnegarla – ricordiamo che Maria insieme a Giovanna Voria è tra le più convinte fautrici della piramide alimentare alla base della Dieta Mediterranea – e di pari passo muta anche l’arredamento della sala. Luminosissime vetrate, piante a profusione – c’è anche quella del caffè – accoglienti divani che invitano alla sosta anche dopo il pranzo a scambiare quattro chiacchiere con la padrona di casa, soffitti con travi a vista rendono l’ambiente caldo ed accogliente.
Prima ancora di entrare nel locale, gli occhi sono catturati da due stampe naif, uguali ma posizionate una all’esterno e l’altra in sala, dai colori vivaci che rappresentano una donna mentre cucina, e dalla saliera escono cuori, con un bambino avvolto nella gonna che sta prendendo il latte dal biberon: è il manifesto della cucina di Maria Rina, tanto quanto la piramide alimentare in legno, costruita da lei per spiegare ai più giovani uno stile di vita sano, posizionata accanto al quadro.
<<Il nutrimento per la donna è un fatto naturale, è il diktat che ci impone Madre Natura – spiega -. Il cibo diventa, così, linguaggio universale grazie al quale entriamo in relazione con l’altro. È un atto che diventa intimo che identifica le due parti, chi lo realizza e chi lo consuma. Spesso mi capita di capire l’essenza più intima dei miei ospiti osservando i piatti che tornano in cucina. Credo che la nostra missione sia quella di dare piacere attraverso ciò che proponiamo ai nostri clienti, chi va al ristorante vuole stare bene, sereno, appagato. Andare al ristorante non è come andare a teatro, in altri termini lo chef non è un primo attore dall’ego smisurato e chi crede di esserlo è destinato a fallire perché il vero protagonista è sempre e solo il cliente. La mia più grande soddisfazione è quando vengo riconosciuta non perché sono Maria Rina, ma per quello che preparo a Il Ghiottone>>.
Speranza vana, il suo nome è invece conosciuto oltre che in Europa anche dall’altra parte del mondo, Stati Uniti, Brasile, Sud America. Innumerevoli i cooking show, i convegni, le lezioni sulla Dieta Mediterranea di questa piccola/grande donna che in realtà ha il piglio di un generale d’armata. Come le cilentane, quelle vere.
Cosa si mangia da Maria Rina
Il comparto più grande della sua dispensa è sicuramente il mare, raramente assoluto ma sempre accompagnato dai prodotti dell’orto, compresa la frutta. Le origini collinari si sentono tutte.
Iconica la panzanella a base di pane raffermo e pomodoro, servita come uno sformato – è il suo piatto di benvenuto- che nasce come pietanza di riciclo: nella cultura contadina il pane è tra i beni più preziosi e non si spreca.
Insalate di mare con erbe spontanee e frutti di bosco, alici alla cilentana, prosciuttella cilentana con primo sale e frutta di stagione, il baccalà con i broccoletti ed il peperone crusco, il polpo grigliato con le patate, le olive e la nepetella, sono alcuni degli antipasti.
Un discorso a parte meritano i primi: qui la pasta è la protagonista.
<<La pasta in cucina è come la mamma, ha il compito di accogliere, così come l’olio è il papà – e con questa metafora ritorna il concetto del nutrimento -. Grazie alla pasta e precisamente alla mia lasagnetta croccante con la quale ho partecipato all’edizione del 2011 a Le Strade della Mozzarella, invitata da Barbara Guerra, ho ricevuto i complimenti di Gualtiero Marchesi. Ricordo che quell’anno si festeggiavano i 150 anni dell’Unità d’Italia, ed io presentai al Maestro quella che chiamo pasta olio e parmigiano. Si tratta di una sfoglia sottilissima che realizzo con 40 tuorli d’uovo e che condisco con una crema al parmigiano. In quell’occasione aggiunsi dei pomodorini fritti e del basilico a ricordare la bandiera italiana. Mi avvicinai a Marchesi e gli chiesi quali erano i difetti del piatto, ma lui mi rispose che il piatto era di una semplicità e di un’eleganza assoluta. Ancora oggi quando ci penso mi sembra di sognare>>.
Con la stessa sfoglia Maria prepara i suoi famosissimi tortelli di verdure e gamberi.
Tra i secondi straordinaria la gallinella con scarole e patate e la cernia con la minestrina di verza. Non manca mai un’asciuttissima e freschissima frittura di paranza e dalla primavera in poi, fino a settembre inoltrato la ‘ciauredda’, patate, melanzane, peperoni e zucchine fritte.
Tra i dessert la sfogliata calda con crema e frutta di stagione ed il suo inimitabile cannolo cilentano con ricotta di capra, miele e fichi secchi inventato per promuovere la capra cilentana in un convegno a Berlino, una ricetta fortemente identitaria che tanti hanno cercato di imitare come spesso accade per i prodotti d’eccellenza. Ma va bene così.
E poi ci sono le pizze. Qui Maria con Carlo Abate, trentacinquenne pizzaiolo di Torre Orsaia, formatosi alla pizzeria La Pietra Azzurra di Caselle in Pittari con Michele Croccia, sta facendo un buon lavoro.
La proposta è una pizza napoletana ben idratata e molto digeribile. L’impasto realizzato con un blend di farine di primissima qualità parte dalla biga, mentre il topping risente della cucina di Maria.
Oltre a quelle tradizionali, è possibile gustare la ‘mare orto’ con gamberi, spinacino, frutti di bosco oppure con cozze, polipo e seppia e quella con tonno e cipollotto di Tropea o la classica cilentana con farina integrale, fior di latte e ciauredda.
Ristorante Il Ghiottone
Via Nazionale 42
Policastro Bussentino
Telefono: 0974 984186
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
4-Angelina Ceriello, I Curti di Sant’Anastasia
5-Stefania Di Pasquo, Locanda Mammi ad Agnone
6-Giovanna Voria, Corbella a Cicerale
7-Caterina Ursino dell’Officina del Gusto a Messina
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