Officina del Gusto a Messina
Via Fortino 11 – Località Torre Faro
Posti a sedere all’aperto
Telefono 370 1271806
di Carmen Autuori
Caterina Ursino l’ho incontrata per puro caso in occasione del press tour organizzato da Cronache di Gusto che ci ha portato a scoprire alcune delle straordinarie realtà gastronomiche di Messina e della sua provincia, soprattutto quelle più autentiche e fuori dalle rotte turistiche, tra queste l’Officina del Gusto, il cui titolare è il figlio Giovanni.
Si tratta una trattoria di mare ricavata da un ricovero dismesso delle barche da pesca costruito nel 1936, di pertinenza della casa di famiglia. Giovanni è l’ultimo discendente di una storica famiglia di pescatori che, dopo tanti anni trascorsi a lavorare alla Caronte, ha aperto nel 2021 l’osteria con il preciso intento di offrire una scelta gastronomica, prevalentemente di pesce, quanto più fedele alla tradizione.
Caterina è nata e vissuta “con l’odore delle alghe verdi e con le note del mare ogni giorno diverse” – mi racconta – a Torre Faro, il suggestivo borgo di pescatori che si adagia sulla spiaggia di Capo Peloro, la punta estrema della Sicilia che guarda al Continente.
È lei con il suo patrimonio di ricette della tradizione, di memoria e anche di storia di questo luogo dove sembra che il tempo si sia fermato, oltre che di una profonda conoscenza della materia (è figlia, moglie e madre di pescatori), l’anima della cucina di questa trattoria che non necessita di storytelling: qui si mangia solo quello che viene pescato nello Stretto, compreso pesci che ormai sono finiti nell’oblio, il tutto trattato con grande rispetto. Punto.
Punta Peloro è stato da sempre un luogo votato alla pesca che ha rifornito tutta la provincia. Qui si nasceva e si moriva pescatori. Ogni famiglia possedeva una o più barche, così i Puleo, la famiglia di Caterina, e gli Ursino che vivevano in case confinanti.
Di Lillo Ursino, diminutivo di Letterio, poi diventato suo marito, era stata sempre innamorata, si conoscevano da quando erano in fasce, una vita la loro trascorsa condividendo tutto, anche il lavoro. Quando le barche rientravano, Caterina, come le altre mogli dei pescatori, si occupava della sistemazione del pesce sul muretto che divide la spiaggia dalla strada proprio di fronte alla fila di case in attesa dei “rigattieri” che, dopo aver portato le esche alle 4 di mattina, tornavano per acquistare il pescato che avrebbero poi rivenduto alle pescherie o agli ambulanti.
Erano loro, le donne, che si occupavano anche di tenere i conti perché non tutta la merce veniva pagata al momento.
<<Qui il mare è sempre pulito grazie alle forti correnti, l’ascendente e la montante, che si alternano ogni quattro ore. L’acqua è freddissima ma cristallina e questo influisce sulla qualità del pescato, la natura è riuscita a preservare l’ecosistema nonostante l’opera poco rispettosa dell’uomo, e mi riferisco all’inquinamento e alla pesca selvaggia – mi spiega questa bella signora dagli occhi di velluto e dai capelli corvini raccolti in uno chignon, ma sarebbe meglio dire ‘tuppo’, alla maniera antica -. Certo, molte specie sono scomparse ma non ci possiamo lamentare. I tempi in cui il muretto era sommerso da pesci di ogni forma e colore non torneranno più, come il forte senso di comunità che si respirava nel borgo. Io sono fortunata perché grazie a quegli anni ho potuto acquisire una profonda conoscenza dei prodotti del nostro mare, è da qui che è nata la mia passione per la cucina>>.
Caterina, pur essendo una cuoca autodidatta, è stata sempre abituata ai grandi numeri, soprattutto dopo il matrimonio. La famiglia Ursino era molto numerosa ed unita grazie alla forza centripeta di donna Carmela, la mater familias considerata punto di riferimento per tutta la comunità.
<<Mia suocera è stata una rivoluzionaria per l’epoca – racconta Caterina -, rimasta vedova giovanissima con i figli piccoli ha saputo portare avanti l’attività con il pugno di ferro. Era lei che gestiva il peschereccio che veniva dato in uso alle altre famiglie di pescatori, prima che i figli fossero in età adatta per potersene occupare loro. Ma nello stesso tempo era la persona più accogliente che io abbia conosciuto. La sua casa era sempre aperta a tutti, un vero e proprio porto di mare. Ricordo i grandi pranzi in occasione delle festività, gli enormi pentoloni di pescestocco a ghiotta, le distese di ‘pidoni’ fritti, in sostanza pasta lievitata farcita con acciughe, pomodoro, olive in salamoia, oppure scarola e tuma, che si presenta di forma allungata una volta cotta. C’era poi una ricetta che avevo ereditata da mia nonna che veniva preparata in occasione dell’Immacolata e dava inizio alle tavole natalizie. Era una sorta di ragù con carne di maiale, passata di pomodoro e patate precedentemente fritte e poi aggiunte al sugo. E poi il baccalà alla spagnola, dove il pesce viene arricchito da peperoni, sedano, patate, pomodori, cipolle sedano, un piatto complesso dove tutti gli ingredienti sono fritti separatamente e poi assemblati con i pezzi di baccalà. Oggi, su prenotazione, si può ancora gustare all’Officina del Gusto. La mia è stata sempre una cucina legata alla stagionalità, antispreco e di grande rispetto per la materia prima che non andrebbe mai stravolta. Ad esempio, con la testa del pauro o pagro, un pesce bellissimo dai colori che vanno dal rosa all’arancio ed anche molto pregiato, preparo un sugo che andrà a condire i ravioli. Molti nostri clienti vengono qui solo per gustare questo piatto>>.
Caterina mantiene l’abitudine delle conserve, dalle olive in salamoia che non mancano mai ai pesci sott’olio: tonno, sgombro (usa farlo anche ripieno), alici. È un fiume in piena mentre mi elenca e mi descrive tutte le specie di pesci, dalle cicirelle o cirismini – piccole anguille da mangiare fritte -, al pesce luna, allo squalo martello, al pesce spatola, alle aguglie, al pesce capone e come cucinare ogni singolo esemplare perché “ogni pesce ha ventiquattro sfumature di gusto, come le ore del giorno”.
Cosa si mangia all’Officina del Gusto
Il piatto iconico è sicuramente il ‘pescestocco a ghiotta’ o alla messinese: filetti di stoccafisso, patate, olive in salamoia fatte in casa, capperi di Lipari, sedano e pomodoro.
<<Ci sono due versioni di questo piatto – mi spiega Caterina -, quella classica dove tutti gli ingredienti vengono prima fritti separatamente e quella ‘tutto dentro’, una sorta di stufato con gli ingredienti messi a crudo, la seconda è sicuramente più leggera. Si tratta di un piatto unico presente in tutte le case dei pescatori perché una volta lo stoccafisso, al pari del baccalà, era il pesce dei poveri per il suo basso costo. Oggi è cambiato tutto, è diventato un pesce molto costoso. Inoltre, è diventato difficile trovarne di veramente buono perché durante l’ammollo vengono usate delle sostanze che fanno sì che il pesce trattenga una maggiore quantità d’acqua per farlo pesare di più, ma tutto ciò è a discapito del gusto: al palato risulta annacquato>>.
Oltre che in umido i filetti di stoccafisso vengono serviti in insalata con l’aggiunta di cipolla, pomodori, capperi e sedano a dare croccantezza.
L’altro piatto forte sono le cozze ‘mbuttunate, il mollusco viene riempito con mollica di pane, formaggio e prezzemolo, legato con lo spago e poi cotto nel sugo con il quale si può condire la pasta.
Straordinarie le polpette di stoccafisso e il totano alla luciana, dove il sugo è tanto denso da sembrare una crema.
Caterina è una vera maestra anche nel cucinare il polpo, oltre alla tecnica ancora una volta è la sua conoscenza della materia prima a fare la differenza.
<<Il panino con polpo e patate era la merenda dei nostri uomini quando uscivano a pescare – ricorda con un pizzico di nostalgia -. Il pesce veniva prima bollito e grigliato poi andava a farcire il panino insieme al purè di patate fatto a regola d’arte>>.
Tra i primi oltre alle linguine allo scoglio, la pasta con i ricci, gli spaghetti con alici e pistacchio, le linguine con il brodo di pesce.
E poi pesce spada in tutte le declinazioni, sgombro con la cipollata, filetto di ricciola in umido, aguglie fritte, ma anche melanzane ripiene e i crudi squisiti.
All’ Officina del Gusto tutte le preparazioni dei piatti vengono realizzate al momento, anche quelle più lunghe e complicate come il condimento per le linguine allo scoglio, tanto per fare un esempio, il frigorifero è uno strumento da usare lo stretto necessario. Dimenticate inoltre il menù fisso: è il mare che detta le regole, come ha dettato quelle della vita di Caterina.
Officina del Gusto
Via Fortino 11 – Località Torre Faro
Posti a sedere all’aperto
Telefono 370 1271806
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
4-Angelina Ceriello, I Curti di Sant’Anastasia
5-Stefania Di Pasquo, Locanda Mammi ad Agnone
6-Giovanna Voria, Corbella a Cicerale
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