Agriturismo L’òcchiano a Felitto
Difesa Lombi
Tel. 338 7783092/ 0828 945255
www.locchiano.it
Aperto a pranzo e cena. Chiuso il martedì
di Carmen Autuori
Né nonne, né mamme e nemmeno vecchi quaderni di ricette ingialliti dal tempo: la passione per la cucina Angela Mazzaccaro, dell’agriturismo L’ Occhiano a Felitto, l’ha eredita dalla componente maschile della sua famiglia, ossia da papà Damiano e dall’adorato fratello Pasquale. E da un grande dolore che è stato lo spartiacque della sua vita tra un “prima” ed un “dopo”, ma procediamo con ordine.
Siamo a Felitto in provincia di Salerno, l’antico borgo medievale nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, patria del fusillo felittese e famoso per le Gole del fiume Calore, tra le oasi naturali più belle della Campania, diventate dalla fine degli anni Novanta un grande attrattore turistico nazionale per gli amanti del trekking e negli ultimi anni anche della canoa. Proprio questo parco naturale insieme alla Sagra del Fusillo Filettese ha decretato il cambio di rotta in termini di accoglienza del paese che, soprattutto nel periodo estivo, diventa meta di amanti della natura e di buongustai provenienti da tutta Italia dando origine anche ad una vera e propria rivoluzione culturale i cui protagonisti sono giovani che hanno deciso di investire sulla propria terra recuperando prodotti di eccellenza che vanno dall’olio, al vino, ai salumi, agli allevamenti e anche alla coltivazione della lavanda, per citarne solo alcuni.
Circondato da olivi secolari, a cinque minuti di automobile dalle famose gole, troviamo il regno di Angela, una struttura dalle linee essenziali e dai colori caldi che invita ad una pausa rigenerante per il corpo e per lo spirito, all’ombra di un rigoglioso acero campestre che nel Cilento si chiama òcchiano considerato l’albero di lunga vita, da cui il nome dell’agriturismo.
Una volta era tutt’altro, ci spiega Angela Mazzacaro, grembiule d’ordinanza e la cuffia bianca che trattiene i capelli ma non i pensieri (e di conseguenza le parole) di questa signora che ha saputo reiventarsi, con enormi sacrifici, con la caparbietà unita ad un amore sviscerato per la sua terra, caratteristiche tipiche delle donne cilentane.
“Questa struttura fu costruita negli anni Novanta con l’intento di farne una sartoria che producesse semilavorati per quelle napoletane, come accadeva un po’ in tutto il circondario. A suggerirmi quest’attività fu mio fratello Pasquale, al quale ero legatissima, l’attività non sortì gli effetti sperati – forse non era quella la mia strada – e dopo pochissimo tempo decidemmo di chiuderla. Costruimmo la cucina ed il forno a legna così da usare questo luogo come punto d’incontro della famiglia. Erano quelle le occasioni in cui Pasquale insieme a mio padre, conosciuto in tutto il paese per le sue doti culinarie tanto da essere chiamato ogni volta che bisognava preparare dei banchetti, potevano esprimere tutta la loro passione per la cucina.Io facevo un po’da spalla, non che non mi piacesse cucinare, ma ancora non avevo scoperto questo potenziale che è venuto fuori molti anni dopo. Ricordo questo periodo come quello delle allegre tavolate sotto l’occhiano o accanto al camino, a seconda della stagione”.
Questi momenti felici terminarono nel ’93, con la scomparsa all’improvviso del mio adorato fratello. Per anni ho odiato questo posto, non ci passavo neanche per sbaglio. Qui ogni pietra mi parlava di lui”.
Cominciano gli anni difficilidella vita di Angela, che si dedica a fare la mamma e ad accudire i genitori prostrati dal dolore per la perdita di questo figlio appena trentottenne.
Nel frattempo, come dicevamo, Felitto era diventato meta di un idiscreto flusso turistico, soprattutto nei mesi estivi. L’unico ristorante era Remolino, nell’omonima località, la stesse delle Gole del Calore, e forse un altro. Sicuramente non bastavano a soddisfare la domanda dei vacanzieri. Così, nel 2008 l’ente Parco mise a disposizione dei finanziamenti volti all’incremento delle attività ricettive, tra cui B&B ed agriturismi. Spinta un po’ dalla famiglia e dagli amici, e sicuramente dal suo cuore che continuava a battere all’ombra dell’albero della lunga vita, Angela Mazzaccaro partecipò al bando e lo vinse. Iniziò così la sua seconda vita, quella di ostessa, la sua rinascita.
“Quando abbiamo aperto l’agriturismo, le mie conoscenze erano limitate a quelle della cucina per la famiglia. Certo, le cose basilari le sapevo fare, ma non bastavano certo per soddisfare le esigenze della clientela – tiene a precisare -. Non avevo più l’età per mettermi a studiare, così decisi di assumere due chef, uno per la carne ed uno per il pesce, perché è vero che siamo in montagna, ma se qualcuno – ad esempio in occasione di un banchetto – avesse optato per una cucina di mare, avrebbe dovuto essere accontentato”.
Furono gli anni della formazione, il locale cominciava ad essere conosciuto nel circondario soprattutto per la qualità della carne. Ad Angela non bastava, la sua idea era quella di offrire alla clientela la cucina cilentana più autentica: verdure cucinate in tutti i modi, erbe di campo, pasta fatta in casa, poca carne -preferibilmente quella di capra -, formaggi, gli straordinari salumi provenienti da allevamenti locali e trasformati sul posto e perché no, il cinghiale. In sintesi, una cucina rispettosa delle linee guida della Dieta Mediterranea, che in questi luoghi non è mai stata una moda, bensì uno stile di vita naturale.
Allora entra in campo Angela con la “sua” cucina. Le si accendono gli occhi mentre lo racconta e viene fuori tutta la sua “cilentanità” quando ci spiega come erano composti i suoi primi menù. Sembra di sentire il profumo della “gaddina ‘mbuttunata”, la gallina imbottita cotta nel brodo con le polpettine a precedere i ricchi antipasti di salumi, formaggi, verdure dell’orto. E poi le zuppiere fumanti dei fusilli al ragù, dei ravioli o dei cavatelli, l’immancabile carne alla brace e la salsiccia, prevalentemente di cinghiale.
Erano pranzi/cene per appetiti robusti che nel corso degli anni Angela ha alleggerito soprattutto nelle quantità.
“Oggi non si riesce più a mangiare come una volta – spiega – in genere ci si ferma al primo. Cucinare (e proporre) di più sarebbe uno spreco, un’offesa alla nostra terra. La mia è anche una cucina ‘rispettosa’ che prevede molte pietanze di riciclo, penso al pancotto, un misto di pane raffermo con le erbe spontanee e le patate le cui bucce vengono fritte e servite sul piatto a mo’ di decorazione. Oppure ai calzoni che racchiudono come in uno scrigno tutte le preziose verdure ed erbe spontanee che ci offre Madre Terra. Lo stesso rosolio alla cicoria è realizzato con le foglie più dure. Inoltre, non mancano mai le vaschette monouso che vengono utilizzate per far portare a casa quello che i clienti non hanno consumato a tavola. Per esempio, i fusilli al ragù sono ottimi anche il giorno dopo riscaldati in padella. Una coccola per gli ospiti che amplifica il senso di accoglienza, uno dei capisaldi della mia filosofia. In altri termini, qui si entra da clienti e si esce da amici”.
L’agriturismo L’ òcchiano è da vari anni punto di riferimento per la guida Osterie di Slow Food, Angela ha partecipato a Terra Madre a Torino e organizza corsi di preparazione del Fusillo di Felitto. Ma ha anche un sogno nel cuore: quello di fondare una scuola di cucina proprio a L’ òcchiano quando si renderà conto di non poter più reggere la fatica dello stare dietro i fornelli. È un modo non solo per trasmettere alle giovani generazioni quel patrimonio d’inestimabile valore che è la cucina rurale, ma anche di far vivere il ricordo del suo adorato Pasquale, che lei considera il nume tutelare de L’òcchiano.
Cosa cucina Angela Mazzaccaro
Partiamo dalla cicoria sott’olio che viene servita ancor prima dell’antipasto, una sorta di amuse – bouche di straordinaria bontà, un perfetto equilibrio tra l’amaro della cicoria, le note acidule dell’aceto e l’extravergine che proviene dagli uliveti di famiglia.
L’antipasto è una gioia per gli occhi oltre che per il palato: parmigiana di borragine, tortini di zucchine, patate e foglia di borragine impanata, ciauredda (misto di ortaggi fritti), patate cunzate. E poi i salumi ed i formaggi di capra acquistati da piccoli produttori locali.
Protagonista assoluto dei primi è il fusillo di Felitto.
A tal proposito bisogna abbandonare il luogo comune che sia una pasta povera, al contrario. Per un chilo di farina occorrono sei uova (anche sette se piccole) e devono essere conditi con un ricco di ragù che sia di castrato oppure di carne mista ed un’abbondante spolverata di formaggio di capra. È il piatto delle grandi occasioni, quello che si offre agli ospiti di riguardo, ci spiega Angela, ed è anche beneaugurante. Infatti, il giorno di Carnevale a Felitto c’è l’usanza di prepararne un piatto in più rispetto ai commensali da dare, il mercoledì di quaresima, alle galline per assicurarsi un’abbondante produzione di uova.
La braciola di castrato cotta nel ragù, la salsiccia o l’agnello al forno alcuni dei secondi, sempre accompagnate da magnifiche patate fritte rigorosamente tagliate a mano.
Nei dintorni Angela è conosciuta come la “signora del cinghiale”, grande maestria la sua sia nella cottura che negli abbinamenti. Non usa marinature, eppure negli spezzatini di questa carne “difficile” non si avverte alcun retrogusto selvatico.
In autunno a L’òcchiano sono famose le sue giornate a tema. In questo caso lo spezzatino di cinghiale viene cotto con le castagne e servito su un letto di polenta. A seguire i dolci di castagne realizzati con il marrone di Roccadaspide e un particolarissimo rosolio sempre di castagne servito ghiacciato.
Anche i dolci appartengono alla tradizione, non mancano in qualunque stagione gli struffoli realizzati secondo la ricetta di papà Damiano, le scauratelle, la pizza doce e la sfogliatella di Bellosguardo pressoché identica a quella napoletana tranne che per l’aggiunta di cioccolato nel ripieno.
Agriturismo L’òcchiano a Felitto
Difesa Lombi
Tel. 338 7783092/ 0828 945255
www.locchiano.it
Aperto a pranzo e cena. Chiuso il martedì
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
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