‘A Figlia d’ò Marenaro a Napoli
Via Foria, 180/182
Tel. 081 440827
di Carmen Autuori
Punto di riferimento per la gastronomia napoletana e non solo, numerosi ed importanti riconoscimenti, tra cui il Leone d’Oro di Venezia, il Premio alla carriera dei cuochi APCI “Les Toques Blanche d’Honneur”, il Diploma di Merito come “Membro ad Honorem” e medaglia d’oro per l’imprenditoria dall’Università Federico II, famosissima sui social con migliaia di follower, protagonista ancora una volta della serie “Assunta, la regina del mare” sul canale TV Food Network, presente nel Presepe Napoletano del Maestro Ferrigno accanto ai grandi della Terra, Assunta Pacifico da tutti conosciuta come ‘A Figlia d’ ‘o Marenaro è tra le personalità più complesse da descrivere perché il rischio di cadere nel luogo comune del personaggio costruito ad hoc è dietro l’angolo. Invece per comprenderne l’essenza bisogna innanzitutto abbandonare quest’idea: Assunta è esattamente quello che appare ossia una donna autentica.
Lei, nonostante la straordinaria notorietà, conserva tutte le sfumature e le contraddizioni che sono anche quelle della sua Napoli. E allora bisogna lasciarsi trasportare nella sua storia che parte da un “complicato intrigo di donne e vicoli” – e pure di cozze e polpi – che hanno fatto da scenario alla sua infanzia negata, e dal desiderio spasmodico di una bambola celebre negli anni Settanta, ascoltando le parole dette e le frasi a metà che introducono in un viaggio intimo, dal quale non si può prescindere se si vuol comprendere la sua idea di cucina.
Ma andiamo per gradi.
La storia della famiglia Pacifico inizia nel 1943 con Papucc ‘o Marenaro, al secolo Raffaele Pacifico, che a Porta Capuana vendeva ‘o bror ‘e purpo, la corroborante bevanda nata per ingannare la fame come la maggior parte dei cibi da strada partenopei, aiutato da sua moglie Maria, meglio conosciuta come l’Acquaiola.
Raffaele e Maria nel 1967 avevano aperto un piccolo locale sempre a Porta Capuana che grazie alla concessione di suolo pubblico si estendeva soprattutto sul marciapiede.
Assunta, ultima di nove figli aveva solo sette anni quando iniziò a lavorare nell’attività di famiglia che lei ancora oggi chiama la ‘puteca’ (bottega).
<<Assuntì scetate, è la frase che più di ogni altra mi è rimasta nella memoria quando penso a mia mamma, tanto che ho voluto fosse il titolo del fumetto di cui sono protagonista realizzato dalla Scuola Salernitana del Fumetto Comix Ars – ci racconta con gli occhi persi nei ricordi -. Ogni mattina mi dovevo svegliare molto presto non certo per andare a scuola, e questo è il mio più grande rammarico, ma per seguire mia mamma alla bottega dove insieme pulivamo cozze da mattina a sera. Ero così piccola che per arrivare al lavello era necessario salissi su una cassetta di birre Nastro Azzurro, questo per trecentosessantacinque giorni all’anno, comprese le feste comandate. Ricordo che alla vigilia di Capodanno lavoravamo sotto i fuochi d’artificio, incuranti del pericolo. Erano tempi duri per la mia famiglia che andavano ad interferire anche nei nostri rapporti, mia madre ad esempio non poteva permettersi il lusso di essere tenera o comprensiva come natura detta, oppure di potermi accudire quando ero malata. In altre parole, se a me è stata negata l’infanzia, a lei la maternità. Ma questo l’ho compreso solo con il trascorrere degli anni. Di quel periodo ricordo le lacrime amare soprattutto il giorno dell’Epifania, a differenza dei miei coetanei non mi sono stati mai regalati giocattoli, la prima bambola l’ho ricevuta da mio padre quando ero già adolescente: era Bella Belinda che per tantissimi anni ho conservato come un gioiello prezioso>>.
Una gavetta durissima, dunque, che però con il trascorrere degli anni l’ha portata ad essere la vera forza della ‘puteca’ a Porta Capuana. Era lei che all’alba si recava al mercato del pesce – all’epoca era al Borgo S. Erasmo – con il furgone. Lì ha imparato a trattare con i fornitori, a districarsi in una vera e propria giungla, a riconoscere il pesce migliore, le cozze più saporite ed anche a relazionarsi con gli altri grazie ad una delle sue qualità più spiccate: l’empatia.
Poi l’incontro con Nunzio Scicchitano, il grande amore della sua vita ed attuale marito, che stava a bottega nel locale di Porta Capuana di Papucc ‘o Marenaro.
I due decidono di sposarsi e, dopo una brevissima parentesi in Germania, dove Nunzio aveva aperto un ristorante – pizzeria, la coppia decide di tornare a casa: Assunta non resiste ‘al canto della Sirena’, può vivere solo a Napoli, nella zona compresa tra il Borgo Sant’Antonio Abate (‘o Buvero), Porta Capuana e via Foria, tra i suoi vicoli e la sua gente.
E proprio a via Foria nel 1991 decide di aprire ‘A Figlia d’’o Marenaro, finalmente si era avverato il sogno di Assunta di avere un ristorante tutto suo e di portare “il mare a Foria”: era nato il regno della zuppa di cozze, e non solo. Ma è ancora una volta la strada il suo genius loci, quella che divide l’ampio dehors ed il magnifico Orto Botanico, dalla cultura della strada ha imparato le regole della sopravvivenza, il concetto di mutua assistenza che ha traslato anche nei rapporti con i dipendenti.
<< Penso che al di là dei piatti, il vero successo di un’attività di ristorazione come la nostra sia una buona squadra di collaboratori – precisa -, qui c’è chi ha iniziato con noi, a cominciare da uno degli chef. Non mi sono mai sentita ‘padrona’ nel senso più rigido del termine, né quando ero io, mio, marito e qualche collaboratore a portare avanti il ristorante, né oggi che siamo circa sessanta persone. Naturalmente ad ognuno di noi spetta un ruolo, ma basta uno sguardo per capire se qualcuno è in difficoltà.
Tutto si ribalta a cavallo del Giovedì Santo, non esistono più le mansioni. Ad esempio, le mie figlie Carmela e Maria che sono specializzate nella realizzazione dei dolci e nella gestione dell’e- commerce, insieme a Giuseppe che invece gestisce il suo Innovative, mi accompagnano ad acquistare le cozze migliori che, in altri periodi dell’anno, mi vengono consegnate dai fornitori. Ma non solo, siamo tutti concentrati sul nostro piatto identitario che ci rappresenta ovunque, in cucina, in sala, per strada dove accogliamo il fiume di clienti, diventiamo tutti una vera e propria ‘macchina da guerra’>>.
Il tema della sua infanzia negata ritorna, e fa da sfondo, alle tante iniziative benefiche a favore del Santobono Pausilipon Onlus di Napoli; in primis i calendari con temi diversi, dal valore della famiglia, passando per il periodo borbonico, alla tradizione gastronomica partenopea; il fumetto “Assuntì: scétate, scè e l’ultimo Le Ricette in Agenda, una preziosa raccolta di sedici ricette dedicate a chi sceglie di lasciarsi avvolgere dai sapori di Napoli, vivendo il culto per la cucina di mare partenopea che è possibile acquistare sul sito del ristorante. Naturalmente tutti i proventi delle vendite saranno devoluti al Santobono.
La cucina di Assunta Pacifico ovvero il mare in via Foria
Ogni giorno con la divisa d’ordinanza, tailleur azzurro mare corredato da cappellino a tema, Assunta è pronta ad accogliere gli ospiti sulla sua ‘nave’. Magnifico il colpo d’occhio offerto dalle vasche dei crostacei: scampi, aragoste, king crab norvegesi, granseole, astici blu. E poi il banco dei frutti di mare con ostriche delle più svariate varietà, vongole, le immancabili cozze, esemplari bellissimi di pesci da scoglio.
Al termine di questa passeggiata nei fondali marini, un magnifico presepe napoletano che la raffigura insieme a tutta la famiglia e, alle pareti, le foto d’epoca che la ritraggono nei momenti salienti della sua vita.
Zuppa di cozze e bror ‘e purp (brodo di polpo) restano i capisaldi del menù, insieme ai sontuosi crudi avvolti da una nuvola di azoto liquido, serviti su alzatine d’acciaio ed arricchiti da alghe, limoni, talvolta frutta di stagione. Una presentazione opulenta che non vuole essere esibizionismo bensì un omaggio al mare, una delle costanti della vita di Assunta, il mondo da cui proviene e dove torna ogni giorno grazie ai suoi piatti.
<<Sono cresciuta con le ricette di famiglia che conservo come la cosa più preziosa che ho. Credo che la zuppa di cozze, così come ‘o bror e purp, racchiudono la grandezza di un’intera città. Quando ancora la parola sostenibilità era sconosciuta, qui ci si sfamava e ci si riscaldava nelle fredde sere invernali con poco: acqua, una ‘ranfetella’ di polpo, il tentacolo per intenderci, una spolverata di pepe e s’ingannava la fame. Fin quando esisterà il mio ristorante troverete la zuppa di cozze, rigorosamente con i maruzzielli (lumache di mare), mi parlano di papà che per alleviare il mio lavoro di bambina mi distraeva recitando una filastrocca che io credevo fosse una sorta di magia per rendere più veloce la pulizia dei frutti di mare. Meno famoso della zuppa di cozze c’è un altro piatto a me particolarmente caro ed è il Pignatiello che si differenzia per la presenza del pomodoro>>.
Un discorso a parte meritano le pizze, accanto a quelle tradizionali, è in carta ‘O sole ‘e Napoli, di stile tradizionale con un topping di mare a base di carpaccio di polpo e crostacei preparato esclusivamente da lei, mentre la nota fresca è data dagli ortaggi di stagione. È l’omaggio di Assunta ad uno sconosciuto pizzaiolo di Porta Capuana che, di nascosto, gliela preparava intenerito da quella bambina occupata da mattina a sera a pulire le cozze che non aveva neanche il tempo di mangiare.
Grandissima importanza è data ai primi piatti, una ricerca maniacale per la pasta più pregiata. Anche in questo caso, per la maggior parte delle volte, protagonisti sono i crostacei.
<<La passione per astici, aragoste, granseole è un fatto di famiglia. Siamo stati noi a rendere queste prelibatezze popolari, e non voglio peccare di presunzione. Già a Porta Capuana mio padre aveva un piccolo acquario con pochi esemplari che venivano cucinati in occasioni speciali o ai clienti più facoltosi>>.
Da manuale i vemicelli con le cozze – Assunta ci ha confessato essere la sua trafila di pasta preferita – e quelli con le vongole.
<< A Napoli la pasta tiene una storia assai antica – scrive Assunta ne “Le Ricette in Agenda” -. È come il mare, è una cosa che fa parte dei napoletani stessi. E ricordati che quando la pentola bolle butta subito i maccheroni”.
Una bellissima metafora, le sue ultime parole, che esprimono oltre che la concretezza di donna del popolo che la contraddistingue, anche l’invito a cogliere tutte le occasioni che la vita ci offre.
Lei le ha colte e, trasferendo la sua passione ai figli, ha fatto in modo che il nome de ‘O Marenaro resti nella storia della gastronomia partenopea.
‘A Figlia d’ò Marenaro
Via Foria, 180/182 Napoli
Tel. 081 440827
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
4-Angelina Ceriello, I Curti di Sant’Anastasia
5-Stefania Di Pasquo, Locanda Mammi ad Agnone
6-Giovanna Voria, Corbella a Cicerale
7-Caterina Ursino dell’Officina del Gusto a Messina
8-Maria Rina, Il Ghiottone di Policastro
9-Mamma Rita della Pizzeria Elite ad Alivignano
10-Valeria Piccini, Da Caino a Montemerano
11-Mamma Filomena: l’anima de Lo Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi
12-L’uomo cucina, la donna nutre – a Paternopoli Valentina Martone, la signora dell’orto del Megaron
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