L’uomo cucina, la donna nutre – 12 a Paternopoli Valentina Martone, la signora dell’orto del Megaron

Pubblicato in: Personaggi

Ristorante Megaron a Paternopoli
Via Neviera
Paternopoli
Telefono 0827-71588
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena. Gradita la prenotazione

Di Carmen Autuori

È il prototipo della donna irpina, intelligente, volitiva, concreta, estremamente accogliente, “benvenuti a casa Megaron” è la frase che ripete come un mantra. La famiglia, l’amore per la sua terra e l’orto costituiscono la bussola che orienta la sua vita da sempre: parliamo di Valentina Martone, chef e titolare del ristorante Megaron, a Paternopoli.

Siamo nel cuore dell’Irpinia, nelle terre del Taurasi d’altura che si differenzia dagli altri vini della DOCG per le note acide e fresche, della Dop Olio Evo Irpinia Colline dell’Ufita, ma anche del Broccolo Aprilatico di Paternopoli, Presidio Slow Food, a pochi chilometri da Gesualdo patria del sedano (accio) anch’esso Presidio Slow Food, in sintesi una terra fuori dalle rotte turistiche di massa ma che conserva un patrimonio in termini di biodiversità d’inestimabile valore.

Ed è proprio da questo patrimonio che attinge a piene mani Valentina per la creazione dei suoi piatti da quando ha rivoluzionato il ristorante di famiglia il Megaron che, fondato da papà Luigi nel 1984, era destinato alla banchettistica come usava negli anni Ottanta. Le sale ampie e luminose che affacciano su un rigoglioso giardino all’italiana conservano ancora alcuni arredi che ricordano i tempi in cui la struttura era punto di riferimento in tutta la provincia per coloro che festeggiavano un evento importante.

Ma nel 2000 la svolta: Valentina prende in mano l’attività di famiglia, e la sua vita.

<<L’Irpinia non è solo vino, salumi e formaggi – ci racconta questa signora deliziosa, esile e delicata ma con una volontà di acciaio – ma una dispensa a cielo aperto, basti pensare che una volta Paternopoli era chiamata la città degli orti, e la mia famiglia ha sempre posseduto orti rigogliosi, uliveti ed anche una vigna di tutto rispetto.

Mio padre faceva tutt’altro nella vita prima di aprire il Megaron che era destinato a noi figli, ma soprattutto a me che da sempre avevo manifestato un grande amore per la cucina. Pensa che già a dieci anni leggevo riviste e libri di cucina, trascorrevo la maggior parte del tempo nelle cucine del ristorante cercando di ‘rubare’ il mestiere ai vari chef che si sono succeduti. Poi negli anni Duemila ho voluto dare una svolta all’idea di ristorazione adottata fino ad allora, ovvero ho voluto fortemente che il Megaron fosse il ‘salotto del gusto’ degli straordinari prodotti irpini dal pane, all’olio di nostra produzione che è un blend di ravece e leccina, alla pasta fatta in casa. E poi qui c’è il broccolo aprilatico, uno dei più grandi prodotti della nostra terra. Si tratta di un broccolo che si differenzia dalle altre varietà già nella coltivazione. Innanzitutto, non viene seminato in piena terra come avviene con le altre varietà, bensì in un semenzaio e, solo dopo che le piantine hanno raggiunto una certa altezza, vengono poste nel campo. L’aprilatico si caratterizza per le numerose infiorescenze, per il leggero sentore di zolfo e per il gusto piccante, si abbina perfettamente con il nostro olio ravece e può essere usato in ogni sua parte. Ad esempio, con i gambi realizzo una confettura che, a parte la nota dolce, ricorda tanto il wasabi. Discorso a parte meritano le erbe spontanee, un altro pilastro della mia cucina>>

E mentre ci parla del “suo” broccolo le s’illuminano gli occhi, così quando ci racconta di un’antichissima varietà di pomodori che crescono intorno ai fusti del mais e per questo sono detti “di maese” e delle due nonne che sono state il suo spirito guida, quella paterna, nonna Valentina, le ha insegnato a riconoscere la materia prima di qualità, il valore etico del cibo che secondo Valentina è un vero e proprio strumento  didattico, mentre quella materna, nonna Maria Consolata, chiamata in paese ‘l’americana’ perché per un certo periodo era emigrata negli Stati Uniti, l’eleganza nella preparazione dei piatti, il rispetto e la cura per la materia prima che non va mai stravolta, l’importanza del tempo in cucina “non esistono piatti che si possano fare in cinque minuti, anche un semplice spaghetto al pomodoro vuole il tempo suo” amava ripeterle. È proprio sui loro insegnamenti che si base la ‘rivoluzione’ di Valentina.

<<Da più di vent’anni ho fatto una scelta: rendere questo luogo una casa. Chi viene qui vuole essere accolto, nutrito, ascoltato da Valentina. Ecco perché preferisco lavorare su prenotazione e con pochi tavoli. In cucina ci sono io e in sala mio marito Giovanni che si occupa anche dei vini, nessun’altro. La mia giornata inizia prestissimo e la prima cosa che faccio, dopo un’abbondante colazione sempre uguale a sé stessa, cioè latte e caffè con il pane del giorno prima, è osservare il mio territorio che, come un miracolo, mi ricorda quanto sia stata fortunata ad essere nata e vissuta qui. Poi vado nell’orto, curato da mio suocero, e raccolgo quanto mi offre. In base ai prodotti strutturo il mio menù che si compone di pochi piatti, per lo più a base vegetale con una grande attenzione allo spreco alimentare.

Cerco di utilizzare ogni parte della materia, anche quelli che vengono considerati scarti. Un discorso a parte merita il pane, per me rappresenta la sacralità, è la mia coperta di Linus, amo prepararlo, m’incanto a vederlo lievitare, spesso mi diverto ad arricchirlo con le noci, le olive, i broccoli aprilatici, in questa stagione ad esempio con il basilico, ad affettarlo e a riutilizzarlo in tante preparazioni. Non permetto nessuno di toccare il pane, perché credo che sia la cosa più intima della dispensa, rappresenta la sopravvivenza, nonna Valentina mi ripeteva sempre che finché c’è il pane la casa è ricca.

Intendiamoci bene però, il mio ristorante non si basa su una sopravvivenza di tipo autarchico, sarebbe una favoletta, ed io non amo gli storytelling fini a sé stessi, sono irpina, ovvero una donna concreta. Spesso mi rivolgo anche ad altri contadini della zona quando i miei prodotti non sono ancora maturi, e così faccio anche per le carni, soprattutto polli, conigli ed agnelli>>.

Un amore smisurato per la sua terra da cui non ha mai pensato di allontanarsi quello di Valentina che, come un fiume in piena, ci racconta delle tradizioni più ancestrali di Paternopoli, come la Notte del Lauro, che si tiene il sabato di Pasqua e che vede il paese addobbato da composizioni di alloro che ogni innamorato porta alla sua donna oppure delle feste ognuna rappresentata da un piatto. Ad esempio, a Pentecoste si mangiano i fusilli e i ravioli conditi con il ragù che, a differenza di quello napoletano, prevede l’utilizzo di carni miste, manzo, maiale e l’immancabile cotechino. Nelle famiglie più tradizionali c’è il pollo ripieno al sugo, che però non viene mai utilizzato per condire la pasta ma servito come secondo piatto oppure la ‘fianchetta’, tasca di agnello ripiena di uova, pane raffermo e tanto pecorino che a Castelfranci prevede anche lo zucchero nella farcia.

E poi c’è il rito della “marenna”, l’antica colazione dei contadini a base di pane con la zuppa di “accio” (sedano) di Gesualdo, patate e cipolle oppure in piena estate con l’insalata paternese, pomodori, cipolla, cetrioli, portulaca e tanto olio. E sempre a proposito di ‘marenna’ c’è anche quella dei ricchi, ovvero pane farcito con lo spezzatino di carne in umido.

<<Noi irpini siamo ‘gente re core’ – tiene a precisare – qui la condivisione del cibo è un imperativo categorico. Questo si evince soprattutto nella tradizione de ‘O piatto, ossia le carni che si usano regalare ad amici e parenti in occasione dell’uccisione del maiale. Ogni piatto è composto in base al grado di parentela, al legame di amicizia e all’importanza del destinatario: ad esempio al proprio medico ancora oggi si è soliti riservare i pezzi di carne o di frattaglie più preziosi>>

Cosa si mangia da Valentina Martone

Dire che nella cucina di Valentina etica ed estetica coincidono non è un luogo comune. Alla materia prima, al novanta per cento vegetale, si accompagna una grande eleganza nella presentazione dei piatti. È il retaggio degli insegnamenti di nonna Maria Consolata, l’americana, che a 103 anni andava a letto non senza un velo di crema sul viso ed una spolverata di talco alla violetta di Parma e che ogni giorno apparecchiava la tavola come quella di un ristorante di classe: non mancava mai il piattino del pane, tanto per dire.

Per iniziare ci viene servita una frittatina di pasta, senza fantasiose (e di dubbio gusto) cremine che ne stravolgono il gusto (unica concessione un cucchiaio di sugo di pomodorino giallo) accompagnata da Le Preziose, polpette di pane raffermo, caciocavallo podolico ed impreziosite, appunto, da una generosa grattugiata di profumatissimo tartufo estivo, “ma sono buone anche senza come le faceva nonna”, precisa la chef.

A seguire il Baccalà come un pomodoro: pomodoro ripieno di baccalà e pane raffermo, deliziosamente decorato tanto da sembrare un quadro naif. Il tema del riciclo torna quasi in ogni piatto.

Straordinaria la patata vitellotta con stracciata e caviale di alici. Qui emerge tutta la raffinata mano della chef, la profonda conoscenza della materia e anche una grande tecnica acquisita solo grazie alla sua passione. Non dimentichiamo che Valentina è autodidatta, e questo le fa ancora più onore.

Il primo, le fettuccine alle ortiche con pomodorino giallo, parlano dei boschi irpini e di quelle erbe spontanee preziose tanto quanto quelle dell’orto: un piatto di rara semplicità e freschezza.

Unica concessione alla carne è il Campanello al Taurasi, un pezzo di secondo taglio che richiede una sapiente e lunga cottura, lo stesso che a casa sua si è sempre usato per il ragù, accompagnato da borragine saltata in padella e nastri di zucchine dell’orto.

La pera cotta all’ Aglianico è invece un omaggio agli antichi dessert del periodo invernale quando la neve veniva condita con il vino cotto per appagare la voglia di dolce.

Mentre i dolci sono un tuffo nei ricordi d’infanzia di Valentina: il pasticciotto di crema realizzata con le uova del pollaio e la crostata con una straordinaria marmellata di fragole, poco zucchero e tanto gusto di frutta vera.

Unico tocco moderno la mattonella di cioccolato servita con le fragole al naturale, tanto per concludere il pranzo che al Megaron si distingue sempre per   stagionalità, territorialità ed eleganza.

Ristorante Megaron
Via Neviera
Paternopoli
Telefono 0827-71588
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena. Gradita la prenotazione

1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
4-Angelina Ceriello, I Curti di Sant’Anastasia
5-Stefania Di Pasquo, Locanda Mammi ad Agnone
6-Giovanna Voria, Corbella a Cicerale
7-Caterina Ursino dell’Officina del Gusto a Messina
8-Maria Rina, Il Ghiottone di Policastro
9-Mamma Rita della Pizzeria Elite ad Alivignano
10-Valeria Piccini, Da Caino a Montemerano
11-Mamma Filomena: l’anima de Lo Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi

 


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