Ieri Ernesto Cacialli ha fatto la sua ultima pizza. Poi se ne andato, per sempre, a soli 60 anni dopo aver combattuto con coraggio e dignità la sua battaglia finale. Lasciando un vuoto nello straordinario mondo dei pizzaioli napoletani la cui leggenda ha contribuito lui stesso a scrivere negli ultimi venti anni come pochi altri.
Tutti lo ricordano così: capelli bianchi, magrissimo, Ernesto Cacialli patron e pizzaiolo di un luogo culto in via dei Tribunali, nel cuore di Spaccanapoli, invitava ad accomodarsi non appena ci si affacciava curiosi al bancone della friggitoria.
Se accettavi di entrare, in pochi minuti ed eri nelle sue mani, nelle sue e in quelle della sua fantastica squadra. Davanti al forno a legna una catena di montaggio da far invidia alla Fiat degli anni Sessanta: tempo di attesa per una pizza al tavolo cinque minuti, per un crocchè o una zeppola fumante da prendere al volo cinque secondi. E via così, un monumento
Ernesto a soli sei anni scappava da scuola e faceva lo «strillone» in una pizzeria di Forcella, per richiamare l’attenzione su paste cresciute servite bollenti nel cartoccio e margherite sfornate e mangiate in piedi, piegate «a libretto». Questa passione per l cibo di strada, genuina e non inquinata fino alla fine, ha fatto sì che Ernesto, a poco più di cinquant’anni, sia riuscito ad aprire un posto tutto suo, dedicato nientepopodimenoché a Clinton. Già, perché ‘O presidente è Bill, giovane presidente di belle speranze in giro per i vicoli come un turista agganciato in piazza Gerolomini e trascinato a viva forza dentro la pizzeria nonostante la gragnola di spintoni presi dalle guardie del corpo. Erano i giorni del G7 a Napoli, intensi e ricchi per la città, in cui si viveva con un senso di entusiasmo e di rinascita molto diverso dal momento attuale.
Da allora, Cacialli ha fatto ancora tantissima strada. S’è messo in proprio nel Duemila, dopo 37 anni passati alla pizzeria Di Matteo, sino a vantare una clientela trasversale che va da giornalisti, vip televisivi, ma anche chef internazionali come Ferran Adrià e Alain Passard, folgorati sulla via della sua stupefacente pizza fritta. Incredibile sì, questa nuvola leggera che vola nel piatto e si squaglia in bocca cedendo il morbido ripieno di ricotta, salame, provola, cicoli. Ernesto dalle pareti del suo locale si gode felice e sorridente il suo momento di celebrità accanto ad un ex Grande della Terra che ormai oltre dieci anni fa fece tappa in pizzeria. E Bill Clinton, per la verità, immortalato con il suo trancio di margherita in mano sembra ancora più contento di lui. Così, da allora, la pizzeria Cacialli diventò per tutti “del Presidente”. Quasi una riedizione moderna della storia della pizza dedicata alla regina Margherita. Già, perché questo cibo da strada è così, di chi se lo prende.
La contesa con la brigata di Ernesto Cacialli su dove Bill Clinton abbia mangiato felice e contento la sua prima pizza piegata “a libretto” è ancora aperta. E tale resterà forse per sempre, come la famosa borraccia tra le mani di Coppi e Bartali.
Meta non solo turistica, a due passi dal Duomo, la sua pizzeria è considerata il regno della margherita e delle sue infinite possibili declinazioni. Qui la pizza si chiama sempre margherita, a ribadire che nonostante le contaminazioni, prima di tutto c’è il rispetto delle regole tradizionali nella preparazione della pasta, a partire dalle caratteristiche dell’acqua, ma anche del pomodoro.
Un cibo immortale, come tutti quelli che l’hanno reso famoso. Come Ernesto Cacialli, ‘O Presidente, in realtà, adesso è lui.
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