di Teresa Mincione
Semplicemente…un racconto! E’così che Luigi Tecce sceglie di aprire il suo incontro tenutosi lo scorso 29 Ottobre presso la storica enoteca La Botte di Enzo Ricciardi. Da patron della serata intesse uno stile informale, semplice e diretto per condividere, con dovizia di dettagli, il suo amato territorio.
Una formula irrituale questa, ben lontana da luci e lustrini con cui a volte, si evidenzia il vino. Vincente la sua scelta come accattivante il suo dire. Un vignaiolo a tutto tondo, sposato con il territorio dove la vigna ne diventa la sposa prescelta. Il raccontare della sue viti equivale a narrare se stesso. Verticale in ogni suo lato: fuori dagli schemi per la semplicità con cui si pone e porge al resto del mondo la sua esperienza, lontano dagli angoli tondi delle percezioni gustolfattive ruffiane e lascive. Un caos calmo, lo si potrebbe definire, che si diverte a colloquiare con il tempo buttando sempre un occhio al tempo passato. Un’ esplosione rallentata di tradizione e personalità che mai si impone al cospetto del suo terroir. Paternopoli, Irpinia, “testa” della Docg Taurasi, la parte sud est del territorio. Colline incastonate in un cul de sac eolico, accarezzato con cadenzalità da soffi d’aria freschi e tesi.
Non un evento per incoronare il Taurasi più buono, ma un locus dove far circolare l’anima dell’Aglianico. Parla di un’Irpinia come Sud atipico. Un sud dalle escursioni termiche del Trentino e con una componente geologica a tutto tondo: roccia madre calcarea, fondo marino con grandi bacini sabbiosi e per finire, le particolari argille. Ecco spiegato, il perché di un prodotto unico.
Sei le cantine che chiama all’appello, e porge all’attenzione della platea l’annata 2008 come fil rouge della degustazione.
“Un racconto tra amici e con amici” – sottolinea sorridendo. In ordine Torre Le Nocelle ( Pietracupa), Contrade di Taurasi ( Taurasi), Tenuta Cavalier Pepe (Luogosano, Di Prisco (Fontanarosa), il Cancelliere (Montemarano) Perillo (Castel Franci). Ormai il ghiaccio è rotto e il racconto ne guadagna nel tono tanto da arrivare ad accostare la zona Taurasi Docg ( territorio ampio, lungo come un acino allungato) , alla Borgogna: nel raggio di pochi km l’essenza nel calice è in grado di cambiare radicalmente. Il Taurasi è un viaggio, spiega, una ricerca, un’avventura straordinaria della quale nessun produttore appartenente a quei 17 comuni ha voluto privarsi. Una delle uve a bacca rossa più nobili, l’Aglianico, che come il Nebbiolo per esempio, conserva la leadership dell’eleganza, finezza e longevità. Vini inossidabili ed eterni che sfidano il gioco del tempo per rimodularsi in vini forti ed esplosivi. Poter fare vino, questo vino, è un premio al suo lavoro, lì dove con convinzione può permettersi di ridurre al massimo l’uso della chimica e ( simpaticamente) della tecnologia. Il rapporto con il suolo è passionale, viscerale, alieno ed intimo per certi versi. Non esistono annate buone o cattive: ogni annata conserva il fascino di un evento irripetibile, sia stata essa più piovosa o più calda. Sicuramente, puntualizza con soddisfazione, ci sono quelle che gratificano, come la 2008. Equilibrio vegetativo in vigna, giusta presenza d’acqua, perfetta escursione termica e inestimabile maturità dell’uva . Semplicemente un grande vino! Tra un timido sorriso ed un altro illustra come la sua vendemmia duri due settimane e come la fermentazione avvenga in antichi tini di castagno senza alcun controllo sulla temperatura e attraverso l’esclusivo utilizzo di lieviti indigeni spontanei.
Si arriva alla degustazione tanto attesa:
1- Terrenocelle Pietra Cupa 2008: colore leggermente più chiaro rispetto alla classica impenetrabilità. All’olfatto si presentano senza indugio note fungine e speziate. In bocca è succoso, sapido, corpulento, vivo e gustoso. Una gran bella materia densa e compatta che chiama ad un nuovo assaggio. Buona l’acidità. Carattere affascinante.. interessante per gli abbinamenti.
2- Cantine Lonardo Contrade di Taurasi 2008: il colore si dirige verso tonalità più intense. Particolare la consistenza del terreno che a volerlo paragonare assomiglia alla posa del caffè. Più tenue nell’approccio olfattivo dove trovano spazio sentori di piccoli frutti. Meno verticale ed austero del precedente risulta al gusto più assemblato e in asse. Rispetto al precedente la differenza non si scova nel tannino ma nella materia: nel primo più marcata qui in percentuale inferiore ma pronta a concedere maggior docilità.
3- Tenuta Cavalier Pepe Opera Mia 2008: oserei dire: è molto bordeaux! Al naso sentori di smalto e pepe nero. Caldo, polveroso e corposo.
4- Di Prisco Fontanafreda 2008: un olfatto in piena tradizione. Bei sentori di frutta su di un corpo leggiadro e sottile.
5- Tecce Poliphemo 2008: prodotto con uve provenienti da vigne storiche (1935) il nome rieccheggia radici greche. Polifemo è il personaggio principe della mitologia, spiega a chi curiosamente ne domanda l’origine del nome. Si presenta con un color rosso rubino e la trama si diverte a correre nel verso opposto a trasparenza e permeabilità. Forte personalità, luminoso, intenso, poderoso, esplosivo e persistente. L’opulenta materia non manca di farsi annunciare già al primo assaggio. Una commistione di essenze di frutta, erbe officinali, pepe nero, china e sottili note balsamiche. Spiccata l’acidità che ben fa promettere il confronto con il tempo. Ottima coniugazione di potenza e delicatezza che dona fascino e finezza. Un barone rampante a dirla tutta!
6- Il Cancelliere Taurasi 2008: forti i sentori di frutta rossa con un accento di mora in rilievo. Forte carattere al palato, dirompente il tannino non ancora del tutto raffinato.
7- Perrillo Taurasi 2008: variegato il ventaglio gustolfattivo. La bocca, interessante e complessa lascia trasporto per un nuovo assaggio. Palato austero e intrigante. Si spazia dalle note di frutta rossa a quelle di erbe officinali. A voce bassa i sentori di china e menta. L’intervento del tempo saprà donare quel quid pluris idoneo a renderlo irresistibile.
L’ottavo vino è nato come una sorpresa dei padroni di casa e tale si conferma nel calice.
Taurasi 1971 Mastroberardino. Il colore, seppur corroso dal tempo passato, non cede al tempo. All’olfatto un forte sentore di caffè si modula con delicate note fungine e resinose. Il retrolfatto si presenta tendenzialmente dolce e il frutto, quasi scomparso, cede volentieri il passo alle note speziate. Affascinante l’equilibrio tattile e bella la forte struttura. Assolutamente in asse. La forza del quarantenne! Nonostante arrivi in degustazione dopo ben 7 vini giovani, poderosi e ruggenti, valido e fiero ne esce il confronto. Il carattere fascinoso lascia incantato chi assaggia. Un eccellente esempio di come il tempo non smette mai di esaltare caratteri e peculiarità, vitigno permettendo. A chiudere la serata un piatto preparato dalle ineccepibili ed esperte mani di Enzo Ricciardi. Silenzio in sala…si mangia e si beve d’eccellenza.
Siamo alle battute finali. Semplicità anche in chiusura, ma mai banale. Il vignaiolo filosofo lascia ai presenti un pensiero di plauso: l’uomo deve essere quanto più piccolo possibile se vuole far parlare il suo territorio. Ipse dixit! Questa la filosofia, tanto di vita quanto di vigna e cantina. Personaggio da scritturare Luigi Tecce. Si è presentato in punta di piedi, timidamente e così chiude il suo strabiliante intervento a fine serata: un sorriso ed un grazie a tutti. Taurasi…Terra…Tecce. Vino come vita, semplicità come modestia del sapere.
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