di Marina Alaimo
Risalendo il ripido sentiero che conduce al nuovo vigneto di Luigi Maffini, a Giungano in Cilento, è proprio questo che ho pensato. Ovvero che la vigna sia diventata padrona della sua vita. Proprio come quando ti innamori follemente di qualcuno, così all’improvviso, senza limiti o misura, perdendo totalmente la capacità di resistere o di pensare ad altro. Quel qualcuno diviene padrone dei tuoi pensieri ed è parte di te. Così la scelta per Luigi e sua moglie Raffaella, di occuparsi di questo vigneto e di abitarlo, ha segnato un legame di intrecci indissolubili e profondi. La nuova casa della famiglia Maffini qui a Giungano ha le pareti a vetro che amplificano lo spazio e consentono una vista a trecentosessanta gradi sul bellissimo vigneto. Protagonista incontrastato di ogni momento della giornata.
Carpisce lo sguardo, anzi, ne diventa padrone con prepotenza. Incanta e non concede alcuna distrazione. La casa con vigneto è in una posizione sì incantevole, ma piuttosto isolata e distante da qualsiasi tipo di servizio.
Pertanto Luigi e Raffaella divorano quotidianamente chilometri e chilometri per cercare di non sottrarre nulla ai propri figli. Corso di vela compreso. E considerando che il mare non è proprio a due passi, l’impegno preso è davvero sfiancante.
Certo, Luigi è proprio fortunato ad avere una moglie come Raffaella perché senza di lei non potrebbe mai portare avanti un progetto di vita e di lavoro così impegnativo. Sì perché lei, napoletana, condivide in pieno l’amore per la vigna e per la terra del Cilento: fiera, austera, incantevole e complessa. Proprio come lei. Luigi parla, racconta utilizzando fiumi di parole. La sua storia è interessante, traccia il percorso di un uomo che ha saputo ben coniugare ambizione e passione. Tanto da aver costellato di successi il proprio cammino di viticoltore, partendo da una piccola produzione di vino da vendere sfuso. Come si usava da queste parti a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta. Ma la mia attenzione è ferma su Raffaella: in ogni gesto, sguardo e nelle pochissime parole dette, dichiara di essere la forza motrice della famiglia. E quindi dell’azienda che ingloba totalmente la vita familiare. Ha grande sensibilità, come solo certe donne sanno esprimere.
Durante la visita in jeep al vigneto si sofferma sotto il vecchio carrubo, lo guarda con ammirazione e nello sguardo si coglie il piacere pari a quello che si prova nell’incontrare un caro amico al quale confidi i tuoi segreti in attesa di quelle parole che sanno dare il giusto conforto. Nel bicchiere provo e riprovo quello che ritengo essere in gran parte il vino simbolo del Cilento, il Pietraincatenata. Annata 2009, è un fiano del Cilento che trovo in ottima forma, snellito nel corpo rispetto all’opulenza degli anni precedenti. Bel naso avvolgente, di impronta marcatamente minerale, racconta tutti gli accenti e colori del Mediterraneo. Il sorso è appagante e vibrante nella freschezza verticale di buona spinta salina. Riscendendo il sentiero sulla ripida collina mi sono chiesta:” ma chi siamo noi per giudicare i loro vini, il loro lavoro e quindi la loro vita?” Siamo granelli di polvere nel vento. Ed il vento sono loro.
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