Il mezzanello party mi ha fatto definitivamente capire che ormai ho una certa età e devo iniziare a tirare i remi in barca. Quando infatti ho proposto di fare una festa con il mezzanello, Barbara mi ha candidamente chiesto: cosa è il mezzanello?
Le ho spiegato che il mezzanello era una trafila tipica del baby boom, quando già le mamme non avevano più tanto tempo da dedicare alla cucina perché era una pasta che faceva volume, facile da gestire in cottura, e soprattutto poliedrica sia con i sughi semplici (all’olio, al burro, al pomodoro, con il sugo di roast beaf, alla pizzaiola) sia più importanti e complessi come la genovese e il ragù. Napoli, ampolla antropologica e gastronomica, ha ancora tante trattorie che li usano ma facendo mente locale mi sono accorto che questa trafila era stata quasi abbandonata da tutti.
Un po’ perché nel decennio successivo è stata cannibalizzata dalle penne e dalle pennette, forse più divertenti da vedere e far mangiare ai bambini, un po’ perché un cuoco pluridecorato come un generale sovietico vincitore della seconda guerra mondiale mai farebbe una cosa così banale, e semplice.
Vinta la riluttanza giovanile di Barbara, e con l’aiuto di Albert, alla fine si è deciso di usare la splendida e accogliente struttura degli Oleandri, dove è facile sentirsi a casa tra belle ceramiche e cucina semplice ed immediata, per la festa finale.
Abbiamo deciso di tenere segreto il party per evitare un assalto esagerato e cercato di chiudere in maniera intima, semplice, questa fantastica edizione delle Strade della Mozzarella 2016 che sarà superata solo dalla successiva, la decima. E poi è stato chiesto ai cuochi di venire a cucinare senza clamore pubblico il loro piatto di mezzanelli per questo pubblico ristretto: a loro va un plauso esagerato, perché hanno lavorato fuori dai clamori mediatici e questo è l’unico post che ricorderà questo straordinario impegno.
Abbiamo goduto così della genovese di Pasquale Torrente, mattatore della serata sotto o sguardo severo del figlio Gaetano. E poi quelli di Paolo Gramaglia, unico cuoco stellato scelto perché è nel cuore del triangolo della pasta
Giovanni Sorrentino si è mantenuto sulla ricetta tradizionale allardiata facendo poi un omaggio alla scarola riccia di Franco Pepe inaugurando la serie degli omaggi all’inverso, quelli degli chef verso i pizzaioli.
Genovese classica invece per Antonio Petrone di Pensando a te a Baronissi.
Ricerca di territorio da parte di Andrea Napolitano, nuovo chef a Palazzo Marziale di Sorrento.
Faby Scarica di Villa Chiara Orti e Cucina ha riproposto la bontà dell’orto sorrentino in modo fresco e toccante.
Infine da Evù a Vietri la voglia di mare e di stagione con il tonno e i carciofi.
Il grande ritorno della semplicità e della essenzialità, insomma, la rivincita di una pasta quasi dimenticata da più di trent’anni e tanto dovertimento.
Poi, in verità, la serata per alcuni è proseguita a Brezza Marina, ma questo non si può raccontare e mai ne saprete nulla perchè io non c’ero:-)
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