di Luciana Squadrilli
C’era anche il mondo della sala quest’anno alle Strade della Mozzarella, e non è un caso.
Ormai lontani i tempi in cui gli chef restavano chiusi nelle cucine e al personale di sala spettava il ruolo da frontman, si tende troppo spesso a sottovalutare l’importanza di un mestiere in realtà delicatissimo e di importanza fondamentale anche per far quadrare i conti di un ristorante: quello del Cameriere, con la C maiuscola. Ci tengono a sottolineare questo ultimo punto, e più in generale il concetto, i fautori di Noi di Sala rappresentati a Paestum da una delegazione romana dei soci fondatori: Alessandro Pipero, Matteo Zappile e Luca Boccoli. Nata del 2012 proprio per valorizzare il ruolo del servizio e risolvere l’”emergenza sala” – tutti vogliono fare gli chef e nessuno il cameriere, ma soprattutto mancano risorse competenti per cui occorre fornire anche formazione professionale – l’associazione riunisce oggi 1500 professionisti di tutta europa, con 15 delegazioni attive e 10 di nuova costituzione previste per il 2016. Importante dunque che tra il pubblico ci siano anche i ragazzi dell’IPSSAR Rosanna Paolillo di Gromola.
Come dicevamo, la presenza della sala a un evento dedicato alla mozzarella non è casuale: se ormai tutte le preparazioni sono delegate alla cucina, spiegano i tre, la preparazione del plateau di formaggi – che andrebbe servito come dessert, secondo l’usanza francese nata alla corte del Re Sole, con l’unica eccezione di mozzarella e ricotta di bufala ideali anche come antipasto – resta ancora pieno appannaggio del personale di sala.
Il che vuol dire che questo deve conoscere i prodotti, saperli tagliare, servire e presentare.
Saper “vendere” i formaggi può aiutare a tenere in attivo i conti del ristorante, ricorda Pipero, ma con un investimento iniziale di circa 1000 euro e una materia prima facilmente deperibile, bisogna essere bravi abbastanza a farlo “girare” bene e soprattutto a raccontare agli ospiti cosa si propone. «Nel 2014 solo un ristorante su 10 ha un carrello dei formaggi: è una spesa inutile se non c’è nessuno che li vende e li racconta». Senza considerare l’aspetto “scenografico” del taglio dei formaggi al tavolo, su un carrello o un vassoio, spiega Boccoli.
E visto che al congresso di Paestum, oltre alla mozzarella, ci sono anche tanti grandi formaggi italiani, Matteo Zappile rivendica un po’ di sano orgoglio nazionalista: «Abbiamo grandissimi formaggi italiani, non capisco perché dovremmo servire per forza formaggi francesi come avviene ancora nel 40% dei casi». E soprattutto: perché coprirne il sapore – frutto del duro lavoro dei nostri casari – con marmellate e confetture? Meglio della frutta fresca di stagione, un pezzetto di patata bollita o magari un distillato di pregio italiano a pulire la bocca. Ecco dunque l’assortimento di formaggi proposto dal trio romano, secondo la “regola” che vuole una composizione paritaria tra formaggi freschi, semistagionati e stagionati ed erborinati: Pecorino Toscano con due mesi di stagionatura, Asiago d’allevo 12 mesi, caciocavallo silano, Pecorino Romano, Grana Padano 20 mesi e gorgonzola dolce e piccante, servito su una fetta di mela annurca come omaggio al territorio campano.
Foto di Alessandra Farinelli