di Monica Caradonna
Paolo, Luisa e galeotto lo chardonnay marchigiano.
Se un incontro è previsto dalla tabella di marcia del tuo destino non c’è niente da fare perchè dovrà accadere. Puoi far di tutto per andare fuori rotta, ma in un modo o nell’altro quella persona, per uno strano disegno divino, dovrai incontrarla. Anche se, come accaduto a Paolo, sei nel caos di un Vinitaly nel suo ultimo giorno; anche se una ristoratrice ti si è appiccicata e ti ha convinto a prevedere una variazione nella tua personale tabella di marcia costringendoti a vagare per padiglioni smantellati alla ricerca di quella piccola ma intrigante cantina marchigiana. “Velenosi. Ammetto che mi ha incuriosito quel nome” dice Paolo.
E che dire quando sei sommersa dai cartoni come Luisa e sei pronta per concludere quelle giornate faticose e smorzi la gioia della partenza osservando due persone distinte che sì, si stanno avvicinando con passo spedito proprio al tuo stand e tu, devastata dalla stanchezza, per cultura e per mestiere sei obbligata a sfoderare il tuo sorriso migliore e cominciare una nuova ennesima estenuante mescita.
Era il 1999 e Luisa, all’epoca nella squadra di Angela Velenosi, conosce Paolo e dopo aver decantato le caratteristiche organolettiche di uno chardonnay che, sorso dopo sorso passava in secondo piano, ha iniziato a snocciolare i dettagli delle cronache di vela che proprio quel Paolo Marchi scriveva su Il Giornale. Solo dopo anni, quando Paolo è andato a chieder la mano di Luisa fin giù nelle Marche, ha verificato che lei conservava davvero tutti i ritagli di giornale in quello che lei ancora oggi chiama l’archivio Marchi, come gli aveva raccontato in quell’incontro avvenuto al ritmo battente della grandine.
Un giorno Luisa viene contattata da un’azienda di Montalcino per trasferirsi a lavorare in Toscana; Paolo contestualmente le chiede di sposarlo con la clausola che «volevo legarmi a una persona che vivesse con me». Luisa arriva a Milano nella sua Polo Blu e quando estraendo la tessera sky dal decoder di casa scopre che il codice dell’abbonamento di Paolo coincideva perfettamente con il suo numero di telefono di casa nelle Marche capisce che il destino aveva celebrato già il suo matrimonio.
È il caso di dire che è stata una storia a lieto fine e il loro un amore nel mondo della gola.
Nome e professione:
P: Paolo Marchi, giornalista
L: Luisa, mi occupo di Paolo Marchi
Da quanti giorni sei a casa?
P: Fino a che si è potuto ho viaggiato, sono stato a Taranto, poi a Roma; il 10 marzo ho registrato altre puntate per Striscia la notizia, ma con il lockdown abbiamo chiuso anche noi.
L: forse qualche giorno prima rispetto a Paolo. Mi sono attenuta alle disposizioni. Sono partita dalle Marche i primi di marzo e ricordo ancora il benzinaio che quando mi ha chiesto dove stessi andando, sentendo che tornavo a Milano, mi ha dato l’in bocca al lupo.
Pigiama o outfit ricercato?
P: Anche a casa seguo le regole della quotidianità, quindi doccia, camicia; ora col tempo bello magari scelgo i bermuda. Mi da un terribile fastidio vedere professionisti che si presentano sui social in boxer e poco curati. Dobbiamo mantenerci in ordine. È bello vedere una persona che ci tiene a se stessa.
L: Ci tengo a stare bene e in ordine. Ho, poi, un outfit specifico per la passeggiata cagnesca.
Cose fatte per la prima volta in casa.
P: Ho sistemato il mio studio che solitamente non uso molto visto che mi divido tra Identità e il ristorante.
L: Un cocktail e poi mi vedo su house party con le mie amiche giù nelle Marche.
Chi fa la spesa?
P: Luisa. Io vado a comprare i giornali e magari una brioche.
L: Io faccio la spesa così lui esce solo per andare dal giornalaio e dal macellaio con tutte le dovute precauzioni.
Chi cucina?
P: Più Luisa di me. Ecco, un effetto positivo dello stare a casa è che a me piace cucinare, ma avevo perso questa passione. Alcune volte la sera preparo io la cena. Qualche giorno fa, ho intervistato Giorgio Locatelli e gli ho chiesto cosa gli avesse cucinato la moglie, mi ha detto la capra al curry, aggiungendo che era piccante e che non era riuscito a dormire. Con Luisa abbiamo riso molto, poiché quando io preparo il pollo al curry, ci svuoto dentro mezzo barattolo, innaffio il piatto.
L: Io farei cucinare sempre a lui perché a me piace, ma non quando sono costretta.
Chi fa le pulizie?
P: Luisa e anche più volte al giorno perché abbiamo i cani.
L: Luisa
Cosa ti manca?
P: Sorprendentemente potrei dire nulla. Ho scandito la mia giornata per cui per la prima volta da sempre non ho più la sveglia la mattina. Mi sveglio verso le 9,30 e vado a dormire a mezzanotte. E a mezzogiorno comincio a lavorare. So che non posso fare le cose e mi attrezzo mentalmente per accettare questa situazione.
L: Un cappuccino sotto casa al mio bar. E la cosa che farò subito appena potrò uscire sarà andare a prendere cappuccino e brioche da Cracco in Galleria. Mi manca la libertà di movimento, ma soprattutto andar giù nelle Marche.
Cosa non ti manca?
P: Non mi mancano per nulla certi colleghi e certi influncer diciamo così. Questa quarantena sta facendo giustizia di tanti bluff. C’è gente che lavorava solo sui social ma senza andare nei ristoranti a far le fotine non hanno ragione di esistere.
L: I grandi supermercati. Sto apprezzando la spesa del quartiere. Oggi si fa una spesa ragionata. Per il resto io ero abituata a stare a casa. Sta prevalendo l’essenzialità.
Cosa hai riscoperto avere un valore?
P: Noi abbiamo un balcone che guarda a Sud ed è sempre assolato. Ci siamo ingegnati spostando dei vasi sul balcone per prendere anche il sole insieme.
L: Dopo anni abbiamo riscoperto il piacere di stare sul terrazzo.
Petting o letti separati?
P: Tre cani, un gatto e noi due. Sul lettone arriviamo ad essere anche in sei
L: Lettone sempre.
Cose che detesti dello stare in casa.
P: A me piaceva fare il bagno con sali e schiuma e leggere i giornali. Ho pensato che bello posso tornare a farlo, ma alla fine lavoro molto lo stesso. Non riesco neanche a usare il tapis roulant che continua a essere una cuccia per i cani.
L: Prima lui partiva e spesso a casa ero da sola. Mi manca poter mangiare sul divano, ma è altrettanto molto bello stare tutti insieme.
Prima cosa che farai quando tutto sarà finito.
P: Io andrò da Santupaulo per un caffè salentino. Andrò in Magenta dove ho da aprire 45 scatoloni di libri. Milano è piena di posti in cui vorrei andare, ma Il primo pranzo o la prima cena mi piacerebbe farlo in un luogo in cui sia possibile guardare il mare. Penso al Clandestino da Moreno o alla Taverno del Porto a Tricase, due posti deliziosi col mare davanti.
L: Cappuccino da Cracco e poi di corsa nella Marche e a casa nostra giù in Puglia.
Se potessi parlare a un politico cosa gli diresti?
P: Gli suggerirei di prendere esempio da quello che è stata Milano con Expo e da come è arrivata in alto fino a prendere le olimpiadi del 2026 e fare di questa città un esempio per l’Italia. Per la ristorazione, al Governo ricorderei che questo settore è importante non solo quando Bottura vince i 50 Best, ma riveste un ruolo sociale e chi ha il potere decisionale dovrebbe considerare questo segmento alla pari degli altri insediamenti industriali del Paese. In più, bisognerà trovare il modo per ripristinare il senso di fiducia tra la gente perché si torni ad uscire per frequentare ristoranti e pizzerie. Non bisogna mortificare il piacere di andare al ristorante. E bisogna far attenzione a non stimolare un effetto stile grande abbuffata alla Tognazzi, preferendo le riunioni in casa dove il controllo sanitario è eludibile.
L: Avrei gradito una gestione più uniforme dell’Italia sulle chiusure. Ogni regione ha avuto la sua gestione.
Il primo abbraccio a chi lo darai?
P: a Giulia Corradetti la mia ombra a Identità Golose
L: io a mia sorella e a mia zia.
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