Alcuni alberghi campani hanno messo il turbo astronomico. Ma la corsa vede in testa Il Capri Palace. L’albergo che ha «creato» Anacapri per il turismo di lusso fondato dal mitico Tonino Cacace ha dimostrato subito una capacità di adeguarsi alle nuove tendenze puntando sulla grande ristorazione. A cominciare dall’Olivo che, prima con Oliver Glowig, poi con Andrea Migliaccio, dal 2008 vanta le due stelle Michelin (la prima nel 2004): per la rossa insomma, è al vertice della ristorazione dell’Isola. Al di là dei cambi di proprietà, dal visionario Cacace al gruppo arabo Jumeirah, c’è una figura centrale che ha rappresentato la continuità e contribuito a fare di questo albergo di lusso una punta di diamante nella gastronomia: Ermano Zanini.
Napoletano, classe 1969, partito come cameriere al Four Seasons, fa grandi esperienze nel mondo, lavora sodo, impara l’inglese e il francese, sino all’arrivo al Capri. «Il salto di qualità – raccontava in una intervista di qualche anno fa – l’ho fatto da Milano al Capri Palace, da un’organizzazione corporate a una familiare che mi ha consentito di esprimermi in maniera più creativa. Ad Anacapri l’obiettivo era trasformare un quattro stelle in un albergo di lusso. E questo ha richiesto impegno in tutti i campi: organizzativo, operativo, finanziario. Un lavoro che è partito dalla base, cosa che nelle grandi organizzazioni non avviene».
Oggi il Capri Palace è un vero e proprio hub gastronomico supervisionato da Andrea Migliaccio insieme ad altri alberghi del gruppo, che vede in Salvatore Elefante l’executive sull’Isola e Luca De Coro F&B director. Zanini è General Manager e vicepresidente Europa Sud e Gran Bretagna del gruppo.
La prima clamorosa apertura fu il Riccio nel 2009: da buon napoletano giramondo, Zanini capì subito che i turisti del lusso vengono da noi per rilassarsi e che vogliono trovare semplicità e materia prima unica. Così il Riccio è concepito come un locale di mare appollaiato sulle rocce a picco sul mare vicino la Grotta Azzurra e diventa un locale iconico vicino un luogo iconico di un’isola iconica. Becca anche la stella, ma poi la perde senza troppi rimpianti e soprattutto senza danni. La cucina è affidata a Vincenzo Tedeschi e ogni giorno fa il pienone di coperti. Una stanza interamente dedicata ai dolci ricorda un po’ la fantastica ala dedicata di Ticket a Barcellona. Fin qui tutto normale, ormai quasi tutti gli alberghi hanno il locale fine dining e il bistrò dove si propone cucina italiana.
L’accelerata viene data con l’apertura di Zuma l’estate scorsa, la catena di ristoranti giapponesi di lusso, sulla terrazza del Palace: musica, cocktail, oltre cento posti sempre occupati tanta allegria e divertimento in uno spazio (diretto da Corrado Lamanuzzi, in cucina Alessio Uccello) che deve solo sperare nel bel tempo per fare ogni sera il pienone.
Quest’anno poi la novità, la nascita di a-Ma-Re Capri proprio di fianco al Riccio, una vera osteria dove si propongono piatti classici della cucina napoletana sotto la responsabilità di Anna Vichi. Un vero pret a manger che offre anche 12 pizze firmate da Franco Pepe, il pizzaiolo di Caiazzo tre volte primo per 50 Top Pizza, dai prezzi relativamente modici (siamo sempre a Capri) che completa un’offerta a cui bisogna aggiunge il bistrot interno e il servizio in Camera.
Complessivamente nell’albergo che ha come manager Fabio Raucci sono impiegate a tempo pieno oltre 400 addetti, un paese nel paese. «Non potremo mai togliere dall’immaginazione di chi viene a Capri alcuni locali simbolo -spiega Zanini – ma guadagnare qualche sera in più nella nostra struttura differenziando l’offerta si. Ed è questo lo scopo di questa ulteriore apertura gastronomica».
Quel che preme sottolineare è appunto il modello di business gastronomico del Capri Palace. Lo stesso Olivo, retto in cucina da Riccardo Valore, presenta una proposta allegra e leggibile, contemporanea e varia e anche grazie alla restaurant manager Imma Somma non si presenta affatto ingessato. «La parola d’ordine – dice Zanini – è tenere costantemente al centro della proposta il cliente e i suoi desideri».
Cosa si mangia all’Olivo del Capri Palace
Riccardo Valore
Scheda del 31 agosto 2021
di Ugo Marchionne
Questo archivio nella persona del maestro Luciano Pignataro e mia torna a sedere alla tavola dell’Olivo del Capri Palace Jumeirah dopo circa due anni dall’ultima visita. La cucina di Andrea Migliaccio, vero riferimento e punta di diamante della direzione targata Ermanno Zanini nel microcosmo Capri Palace Jumeirah sta vivendo in questo frangente una nuova stagione, fatta di un labor limae davvero encomiabile operato sulle proprie linee direttrici ed apprezzabile in maniera chiara. Campania, mare, Capri, tradizione e sostanza rappresentano ancora e sempre i paradigmi di riferimento e la cifra distintiva della firma Migliaccio, stavolta elaborati con ancor più finezza e dovizia di particolari, corroborati da un servizio attento, presente e come sempre preparato.
Doverosa premessa. Cosa fa eccezionale un ristorante oltre alla cucina? Semplice, il servizio. E’ proprio dal servizio che voglio cominciare la mia relazione sul percorso 2021 targato L’Olivo del Capri Palace Jumeirah. Nel bel mezzo di questa degustazione infatti mi sono accorto – come il tempo si fosse rallentato di colpo – che il lavoro e le tempistiche di servizio dei ragazzi di sala sono state tarate al millimetro per volontà del direttore Ermanno Zanini, di Fabio Raucci e di Luca De Coro in virtù di prove su prove di servizio al fine di attribuire allo stesso un perfetto timing fondato sull’attenta osservazione dei commensali e della precisa coordinazione dei movimenti dei giovani in sala.
Si comincia con il percorso, benvenuto dalla cucina, un raffinato viaggio tra terra e mare e soprattutto il servizio del pane che da solo vale il prezzo del biglietto come direbbero i cineasti, di cui il pane cafone – bell’elogio alla Napoli che fu – rappresenta il pezzo più importante della collezione.
L’“Orto” dell’Olivo è un trionfo in verde finissimo, esaltato dal tartufo nero, dall’olio extravergine, dalla qualità dei vegetali, dai contrasti. 21 tipologie e 21 cotture differenti. Esaltazione pura della croccantezza e della freschezza vegetale. Francia nel piatto elaborata attraverso i prodotti del nostro orto.
Magistrale “Il Mare”. Evoluzione di quello che fu “Il Crudo” di Andrea Migliaccio, questa portata sensazionale si compone di ben 19 assaggi di mare, crudi, cotti e marinati che culminano in un ideale climax concentrico – veicolato dalla particolare struttura del piatto di servizio – in un’ostrica San Michele e caviale. Dalla millefoglie di capesante al Gambero Rosso ai sentori di brace, dallo scampo alla fiamma con curry ed amaranto alla tagliatella di calamaro, dallo scampo in salsa aurora – perfetta elaborazione one bite del cocktail anni 80 – fino alla ricciola con le zucchine fritte passando per un delicatissimo assaggio di astice con finissima di tartufo nero, questo percorso ci rappresenta quante anime possa avere il mare, quanto profondo e ricco possa essere il suo tributo e soprattutto quanto forte possa essere la materia prima locale se elaborata alla maniera di Andrea.
Proseguiamo con lo gnocchetto di patate con astice e cipollotto nocerino. Staple dei percorsi di Andrea Migliaccio, piatto dolce, rotondo e delicato, che fa da tela a tinte pastello ad una pregiata astice cotta davvero perfettamente ma soprattutto alla legittimazione di un ingrediente pregiato e nostrano quale il cipollotto nocerino dalle innumerevoli proprietà organolettiche, profumi e qualità.
Coraggio e forza di volontà, paradigmi della direzione illuminata targata Zanini e della cucina di Andrea Migliaccio. Coraggio nel riportare la tradizione partenopea in auge rendendola ancor più cool, la chiesa al centro del villaggio. Dunque Elica al Ragù Napoletano. Lenta cottura, 18 ore di passione, con polpettine e braciole in sezione. Nuovamente evoluzione, stavolta del celebre Risotto al Ragù Napoletano di Andrea che stavolta incontra la pasta secca, un tributo vero, un tributo d’amore a Napoli celebrato con estrema precisione al fine di restituire un sapore intenso e pieno, mai invasivo né sovrabbondante. Chiara espressione delle componenti primarie: “carne e pummarola”.
La ventresca di tonno con mandorle e ribes è un chiaro rimando alla modernità della cucina di Andrea, giocata in maniera semplice e intellegibile sui contrasti, sulla dolcezza e sul millimetrico dosaggio della sapidità.
Dolci come sempre di grande impatto scenico, tecnica e resa gustativa. Mirabile l’impiego della frutta che è tornata ad avere un ruolo primario nel preludio di fine pasto, soprattutto alla tavola dell’Olivo. Coccole finali come sempre doverose e bene accette.
Vera grande novità infine è L’Olivo Undiscovered. Ricavato negli spazi di quella che un tempo era “La Dolce Vite” la vecchia cantina del Capri Palace, la versione Undiscovered dell’Olivo è un’ambiente ricercatissimo dedicato al culto del vino e del cibo, in un ambiance decisamente privata. Ispirato un po’ alla tradizione dei grandi tristellati francesi, Andrea Migliaccio ha creato uno speciale menu degustazione per introdurre gli ospiti in un viaggio culinario davvero eccezionale assaporando i piatti più iconici del suo percorso di 10 anni alla guida del suo ristorante premiato con due stelle Michelin. L’Olivo Undiscovered offre un ambiente estremamente intimo, un’atmosfera teatrale che immerge gli ospiti in una raffinata realtà in cui sarà possibile scoprire i sapori della cucina mediterranea nell’hotel più esclusivo dell’isola.
Conclusioni
Una stagione davvero felice per il Ristorante L’Olivo del Capri Palace Jumeirah che quest’anno tra le altre cose ha visto celebrarsi tra i suoi tavoli il prestigioso evento Krug x Onion di presentazione delle nuove annate della maison. Un periodo di consolidamento e di rivoluzione silente per l’Olivo che ha visto Andrea Migliaccio prodursi in una cucina di rifinitura ed evoluzione delle passate carte proiettandole verso il futuro nella duplice veste dell’Olivo e dell’Olivo Undiscovered recuperando una dimensione marcatamente tradizionale e di sostanza informata dall’impiego di tecniche raffinate e precise di manipolazione delle materie prime, soprattutto di mare. Plauso particolare va a Fabio Raucci, a Luca De Coro ed a Giuseppe Zuottolo per l’encomiabile lavoro di sala. Tempi di servizio ancor più precisi. Puntuali al millimetro, frutto di un’osservazione minuziosa dello stato di avanzamento dei singoli percorsi di sala dei commensali ospiti alle tavole dell’Olivo. Marco Pierre White in un’intervista alla Oxford Student Union lo disse, evolversi significa rifinire recuperando la tradizione ed è proprio questo il fenomeno che è possibile osservare nel bistellato anacaprese che si prepara ad accogliere le tante novità che lo vedranno protagonista nel prossimo 2022.
Consigliatissimo.
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