Dopo un lunghissimo periodo di abbandono e di fatiscenza, la Locanda del Cerriglio è risorta grazie all’impegno e alla passione che Giuseppe Follari, imprenditore edile, e sua moglie Angela, hanno dedicato alla ristrutturazione di questo pezzo di storia di Napoli. Nel cuore della città, tra la piazzetta di porto e il vicolo di Santa Maria la Nova, si trova una scalinatella che conduce alla locanda dai settecento anni di vissuto e più: è fin dalla fine del 1300, infatti, che si hanno tracce della sua attività, ma è nel 1600, quando il mare di Napoli arrivava a lambirne le porte, che la sua celebrità si diffuse sempre più arrivando addirittura a diventare luogo di ristoro di grandi artisti ed intellettuali come il Caravaggio, Giovan Battista Della Porta, Benedetto Croce, Antonio Genovesi, e tanti altri. Si narra che, durante uno dei suoi soggiorni partenopei per la realizzazione dei tre dipinti nella chiesa di Sant’Anna de’ Lombardi, il Caravaggio fu ferito al viso durante un duello, proprio in prossimità della locanda.
Diverse ipotesi sull’origine del nome Cerriglio: probabilmente sta ad indicare “gruppo di querce”, appunto i Cerri, che nel 1600 ornavano le strade in prossimità del porto. La bellezza di questo luogo, che appagava i cinque sensi, godeva quindi, all’epoca, anche di un affaccio sul mare. Giambattista Basile, che frequentava la locanda in cerca di ispirazione, le dedica la famosa citazione “Trasire allo cerriglio è doce”.
Giulio Cesare Cortese definì la locanda “Lo cerriglio incantato”, anche per il fascino di essere un posto unico perchè frequentato da tutte le classi sociali, dalla plebe ai ricchi nobili e grandi artisti accomunati tutti da un unico obiettivo: godere dei piaceri semplici che la locanda offriva. Buon cibo, buon vino, musica e belle donne, molte delle quali si concedevano ai visitatori al piano superiore della taverna che li ospitava. Queste attività andarono avanti fino al 1850 circa, epoca in cui la taverna dagli antichi fasti viene tramutata in un deposito.
L’anno della svolta è il 2014 in cui Giuseppe ed Angela, hanno riportato in vita la locanda, inaugurandola il 27 Novembre, e conservandone le unicità. La taverna è, da sempre, strutturata su tre livelli. Il piano superiore, che in passato era “lo spazio dell’amore” dove i ricchi nobili camuffati consumavano momenti di piacere con donne del malaffare, oggi, con circa cinquanta posti a sedere, è riservato ad eventi speciali e mostre. Durante le feste di Natale, si è svolta un’esposizione esclusiva di quadri e sculture dell’artista Elio Mazzella sulla controversa maschera di Pulcinella.
Il piano inferiore, una cantina che offre quaranta posti a sedere, è caratterizzato da una fontana del ‘600 che ha ispirato i versi di Salvatore di Giacomo “Allo Cerriglio l’acqua esce per bocca del Carlino”: infatti la vasca presenta un foro dal diametro della moneta dell’epoca, il Carlino, da cui esce acqua potabile. In passato era una vera e propria sorgente, dismessa poi durante il periodo del risanamento, e da cui, attualmente, sgorga acqua proveniente dalla condotta napoletana.
Tra i due livelli, c’è il piano riservato al ristoro, con tavoli in legno per sessanta posti a sedere e reti da pescatore e versi scritti ad ornare i muri, dove Angela ci accoglie con cordialità e ospitalità raccontandoci la storia del cerriglio con dovizia di particolari e spiegandoci anche il perché della citazione “E’ fritt’ o’ fecat’” sulla porta di ingresso della cucina: ”Si narra che, nel 600, un macellaio della zona portò alla locanda un pezzo di fegato per farselo cucinare alla brace ma, intrattenendosi in chiacchiere con l’oste, si distrasse e nel frattempo il cuoco cucinò il fegato a modo suo, friggendolo. Quando, troppo tardi, il macellaio richiese la cottura alla brace, uscì il cuoco dalla cucina dicendo:“E’ fritt’ o’ fecat’!”, intendendo di averlo cucinato a modo suo e che non vi era più possibilità di farlo alla brace”. Ancora oggi, a Napoli, è un modo di dire che si riferisce a qualcosa di ormai irrimediabile e per cui non c’è più nulla da fare.
Adesso, come allora, è un posto in cui non manca nulla della cucina classica napoletana con in più gustose rivisitazioni: ziti alla genovese, ragù, pasta e patate con provola, pasta e fagioli con le cozze, paccari con pomodorini e baccala, zucca e cozze e naturalmente i risotti e le ricette povere napoletane come lo scarpariello o la puttanesca… puparuol’mbuttunat’, cuppo, fritturina napoletana, alici e baccalà, tutto cucinato rispettando la tradizione ricca di storia e sapori antichi.
“Che aspettate, uagliù, currit’addò cerriglio!”
Locanda del Cerriglio
Via del Cerriglio, 3
Napoli
Tel. 081.5526406
Sempre aperta dalla cena del lunedì al pranzo della domenica
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