di Giovanni Gagliardi
Sicuramente i fichi in Calabria sono arrivati con i Fenici, il popolo navigatore, allenato a lunghe traversate. Sulle navi questo frutto nutriente, nella versione secca, era una buona riserva di calorie per le fatiche della ciurma.
In Calabria, la particolare situazione ambientale ha generato condizioni che in altri territori del Mediterraneo erano impossibili: la Blastofaga, l’insetto che naturalmente lo feconda, non riesce a penetrare al suo interno e non ne altera il corpo.
Per cui questi fico, con questa caratteristica unica, prolifica da secoli solo in Calabria e più particolarmente nel cosentino, un tempo conosciuto in tutta Europa, tanto che negli anni ‘50 un gruppo di ebrei, già introdotti nel territorio per via dei cedri, provarono ad impiantarlo in Israele, ma il tentativo non ebbe successo.
Tra gli anni ‘30 e ‘50 Cosenza e la sua provincia producevano 100 mila quintali di fichi, e tanto era destinato all’export; era facile imbattersi nei negozi parigini, dopo l’ultima guerra, nei “Fichi di Cosenzà” (scritto proprio con l’accento). Poi è arrivato il futuro. Le campagne si sono spopolate e la coltivazione del fico, che per l’essiccazione richiedeva popolazione stanziale, è andata man mano diminuendo, da 100 a 10 mila quintali di ora, ma non si è mai persa del tutto. Chi è rimasto a coltivare la terra, infatti, non solo ha contribuito alla diffusione della pianta, ma ha favorito la presenza di un’attività economica fortemente legata alla trasformazione del prodotto, con l’essiccazione e la produzione di dolci straordinari come le crocette (quattro fichi aperti e riassemblati a croce con la farcitura di noci), i ricoperti di cioccolato, il salame di fichi e mandorle, i fichi al forno.
Da questo dato si è partiti per la richiesta e l’ottenimento della certificazione DOP, qualora nei prossimi mesi nessun altro paese membro opponga ricorso. Un grande contributo in questo senso è venuto dalla Camera di Commercio di Cosenza che, tramite l’azienda speciale Promocosenza, ha finanziato un progetto di ricerca per svilupparne le potenzialità tecniche ed economiche affinchè il prodotto venisse riconosciuto anche a livello comunitario.
Allo stesso scopo, negli ultimi anni, si è costituito, grazie all’attività di un gruppo di imprese di produzione e trasformazione il “Consorzio Fico Essiccato Cosentino”, che ha avviato un grande progetto di filiera nel settore, prestando particolare attenzione sia alla promozione che al riconoscimento della denominazione. I risultati più che soddisfacenti ottenuti dal lavoro svolto dalle imprese del consorzio, ha fatto sì che, grazie ad uno sforzo congiunto con l’Assessorato regionale all’Agricoltura, il Ministero delle Politiche Agricole e gli uffici competenti di Bruxelles, la commissione rilasciasse il riconoscimento ufficiale e il marchio DOP Fico di Cosenza.
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