La parola chiave è futuro. Il Don Alfonso è il locale che ha aperto la ristorazione mediterranea alla modernità mettendo al centro il pomodoro, l’olio d’oliva, la pasta secca, ossia i tre grandi simboli del made in Italy. Ieri sera ha aperto in una serata sold out al termine di una corsa contro il tempo durata un anno e mezzo, giorno più giorno meno.
“Negli ultimi giorni sono stata a casa per un raffreddore, Alfonso, Mario ed Ernesto mi hanno imposto di stare a riposo, ma alla fine non ce l’ho fatta”. Livia Iaccarino non contiene la gioia e non nasconde l’ansia: nella vita è sempre stata una perfezionista, è il turbo della famiglia, quella che quando si è trattato di combattere per difendere la grande storia di questo ristorante, non si è mai tirata indietro.
-Cosa ha significato questa chiusura? In effetti voi avevate già la stella verde, ossia il bollino green che la Michelin ha lanciato da qualche anno. Cosa avete fatto in più?
“Facciamo meglio a dire cosa non abbiamo fatto. Per dire, le chiavi per aprire le stanze che sono ovunque in materiale plastico noi le abbiamo fatte in legno. Quando nell’ottobre 2022 decidemmo di stare chiusi per una stagione ci siamo detti o adeso o mai più”.
-Perché?
“Per poter realizzare in pieno il cambio generazionale è necessario che chi lascia il timone abbia ancora la forza e la fisicità di contribuire con la esperienza al cammino di chi lo prende. Io e Alfonso ci siamo, e con Mario ed Ernesto abbiamo deciso di guardare al Don Alfonso del futuro, quello che dovrà festeggiare i 150 anni, i 200 anche. E che vedrà protagonisti, ci auguriamo i nostri nipoti”.
-Dunque una rivolgimento totale?
“Si, durante i lavori mi sono sentita male a volte, angosciata dalla domanda: ce la faremo in tempo. IL 28 marzo sembrava così lontano quando abbiamo deciso di muoverci, poi è arrivato subito, in un batter d’occhio. Solo per avere i permessi abbiamo dovuto aspettare oltre il tempo previsto, poi siamo stati costretti anche a cambiare le ditte in corso d’opera per poter arrivare puntuali alla scadenza che noi stessi ci eravamo dati. Noi ogni anno facciano lavori, ma questa volta è stato diverso.
-Perché?
“Essere green non vuol dire mettere solo un menu vegetariano e coltivare un orto. Noi abbiamo cominciato dal 1990 ad affrontare il tema della sostenibilità dei prodotti e ad avere a cuore anche la salute dei clienti e di noi stessi. Per questo abbiamo investito in Punta Campanella, fu all’epoca una pazzia che pochi capirono, poi abbiamo visto che in realtà siamo stati precursori perché avevamo capito che certi modelli di alta cucina si allontanavano troppo dalle abitudini delle nostre comunità e stavano diventando autoreferenziali. Essere rispettosi dell’ambiente è il miglior modo per essere identitari”.
-Quali sono stati i capisaldi di questa ricostruzione del Don Alfonso?
“Con tecnici e specialisti abbiano affr4ontato tutti i problemi, da quello delle fonti energetiche alternative (pannelli solari) alla lotta allo spreco investendo in tecnologica per il recupero persino dell’acqua. Insomma, la ristrutturazione è radicale, in ottica di ecologia integrale, verso una gestione che riguarda ogni aspetto dell’azienda, in termini di produzione dei rifiuti, consumi idrici ed energetici, qualità dell’aria. “Zero emissioni”, “Zero waste” e “Gestione delle acque” sono tre obiettivi portanti del progetto. Uno studio accurato e complesso per costruire i prossimi 50 anni con un impatto positivo sull’ambiente, proseguendo la nostra storia familiare che ha sempre fondato la propria attività su valori intoccabili”.
Per entrare nel dettaglio?
“Coibentazione degli ambienti, ampliamento del parco fotovoltaico, sostituzione della caldaia con una pompa di calore a recupero, efficientamento energetico ed utilizzo di fonti rinnovabili. Progettazione di cisterne, per favorire la raccolta di acqua piovana. Operazioni strutturali per la gestione dei rifiuti. Riduzione dell’impatto ambientale e delle emissioni di CO2 attraverso azioni mirate, progettazione di un “dry garden”, popolato da piante che necessitano di pochissima acqua. Non basta, abbiamo trasformato Punta Campanella in una azienda agricola totalmente sostenibile”.
Ernesto come ha impostato il lavoro in cucina?
Tre i menu proposti dal 28 marzo: Vegetariano, La Tradizione e La Degustazione, oltre alla carta. L’idea di inserire un menu vegetariano come conseguenza del rinnovamento radicale che ha riguardato la nostra azienda, nella volontà di enfatizzare con piglio creativo gli ortaggi e i prodotti dell’azienda agricola e del territorio. Come per la Tartelletta di zucchine, servita fredda, con crema di zucchine, salsa di scamorza affumicata, gel di limone. Sotto un velo leggerissimo di miele infusionato al peperoncino e mirto, che dona una straordinaria nota agrodolce e zucchine alla scapece con la loro acidità. O la Sfoglia di peperone, senza farina, ottenuta solo dal succo di peperone centrifugato e un pizzico di cumino, passata in forno e cotta a 180°. All’interno i prodotti dell’azienda agricola, porro, cipolla e a terminare un brodo di peperone arrostito. Ricette elaborate nell’ottica di un cibo sano e gustoso”.
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