Si è svolto ad Avellino un interessante convegno organizzato da Assoenologi. Ai tecnici della materia offriamo questa relazione scritta
di Valérie Lavigne e Prof Denis Dubourdieu
Facoltà di Enologia
“Institut des Sciences de la Vigne et du Vin” dell’Università di Bordeaux
Il « premox » dei vini bianchi
Un vino bianco da invecchiamento si caratterizza per la sua attitudine a preservare, nel corso della sua conservazione in bottiglia gli aromi del o dei vitigni da cui deriva ed a sviluppare delle note aromatiche particolari (empireumatiche minerali tartufo) che costituiscono il “bouquet” dei grandi vini bianchi.
Purtroppo questo invecchiamento ideale dei vini bianchi è lungi dall’essere la norma. La maggior parte di essi perde rapidamente l’aroma fruttato per sviluppare sentori più pesanti che ricordano il miele, la cera d’api, l’encaustico e la resina di pino. Questa evoluzione aromatica si accompagna sempre ad un incupimento del colore verso note giallo aranciate con sviluppo di sensazioni di retrogusto amaro.
Questo “invecchiamento ossidativo” è fortemente banalizzante : cancella il terroir con tanta determinazione quanta il bouquet derivante dall’invecchiamento riducente lo esalta.
Evidentemente questo carattere negativo definito premox risulta essere particolarmente fastidioso quando interessa grandi vini bianchi, ritenuti in grado di sopportare lunghi periodi di invecchiamenti, come ad esempio su grandi vini bianchi della Borgogna. Ma credere che certe deviazioni possano interessare unicamente i vini bianchi di Borgogna, secondo processi specifici e misteriosi, è senza fondamento. Il premox riguarda tutti i vini bianchi, tranquilli o frizzanti, secchi o liquorosi, di qualsiasi vitigno di origine. Il fenomeno è lo stesso, sia negli effetti che nelle cause.
I nostri lavori su questo argomento sono iniziati all’inizio del 2000. Sono oggi quasi conclusi, di seguito i principali risultati ottenuti e conclusioni raggiunte.
Il sotolone, marcatore universale del « premox » dei vini si forma a partire dall’acetaldeide.
Partendo dalla rassomiglianza dell’odore tra i vini bianchi affetti da premox ed il miele, estratti di vino bianco premox e di miele sono stati analizzati in comparazione per gascromatografia accoppiata sia ad un rilevatore olfattometrico (il naso umano), sia ad un rilevatore fisico (lo spettrometro di massa).
Gli aromagrammi presentano due zone odoranti comuni (ZO1 e ZO2). La prima ricorda il miele, la seconda piuttosto la cera d’api. I termini « miele » e « cera d’api » utilizzati per descrivere il carattere premox dei vini bianchi sono pertanto giustificati. Evidentemente alcune molecole presenti sia nel miele che nella cera d’api partecipano all’odore dei vini bianchi premox.
Prima dei nostri lavori, nei vini bianchi invecchiati precocemente, erano già stati individuati 3 composti : il metionolo, la fenilacetaldeide e il 2-amminochetofenone.
Il metionolo ha l’odore della patata lessa, è formato per degradazione ossidativa della metionina.
La fenilacetaldeide ha odore di rose appassite e miele, deriva dalla fenilalanina sempre per ossidazione.
Il 2-amminochetofenone, ha odore di naftalina e di encaustico, fu inizialmente identificato nei vini bianchi tedeschi affetti da invecchiamento precoce atipico « Untypische alterung note » (UTA). Si forma per degradazione ossidativa dell’acido indolacetico.
Ma queste molecole da sole non spiegano l’evoluzione aromatica difettosa dato che numerosi dei vini bianchi premox non ne contengono affatto o ne contengono livelli inferiori alla loro soglia di percezione.
Inoltre abbiamo chiaramente messo in evidenza il contributo del sotolone all’impronta aromatica di tutti i vini bianchi premox.
Il sotolone è un composto eterociclico volatile che possiede un intenso odore di curry. Oltre al suo impatto organolettico sui vini gialli dello Jura e sui vini di Xeres, questo composto gioca un ruolo importante nell’aroma dei fichi secchi e di rancio dei vini dolci naturali (VDN) e dei vini di Porto.
Abbiamo individuato la sua soglia di percezione nei vini bianchi secchi a 7 μg/L.
La molecola di sotolone possiede un carbonio asimmetrico. Esistono dunque due enantiomeri del sotolone (R ed S), ciascuno dei quali presenta proprietà olfattive differenti. La soglia di percezione della forma S, in soluzione idroalcolica, è pari a 0,8 μg/L. Quella della forma R è pari a 89 μg/L. La forma S è dunque molto più odorosa che la forma R. Il forte aroma del (S)-sotolone ricorda il curry e la noce ; quello del (R)-sotolone solamente la noce irrancidita. E’ dunque solo la forma S del sotolone che partecipa all’odore dei vini bianchi secchi premox. La ripartizione degli enantiomeri del sotolone varia a seconda dei vini: in certi vini le due forme sono in uguale proporzione (miscela racemica); altri vini contengono un eccesso di una o dell’altra forma. Il contributo del sotolone al carattere premox dei vini dipende dal tenore in S-sotolone.
Il sotolone si forma durante una reazione di aldocondensazione tra l’acido -chetobutirrico, presente in tutti i vini e l’aldeide acetica la cui presenza è accentuata dall’ossidazione. Si comprende perciò l’assoluta necessità per i vinificatori di evitare il più possibile tutto ciò nei diversi stadi dell’elaborazione dei vini bianchi.
Il glutatione, costituente naturale dell’uva, protettore naturale dell’invecchiamento precoce dei vini bianchi.
Quali sono i composti in grado di proteggere i vini da una evoluzione ossidativa precoce? Nei vini rossi si tratta dei polifenoli (tannini ed antociani), fortemente riduttori, di cui i vini da invecchiamento sono generalmente ben dotati. Nei vini bianchi, poveri in composti fenolici, quali sono i composti riduttori naturali in grado di proteggere dalle ossidazioni? Abbiamo dimostrato che alcuni peptidi e amminoacidi solforati, ed in particolare il glutatione possono giocare questo ruolo.
Il glutatione è un tripeptide, costituente naturale di molte piante ed alimenti. Il suo ruolo di protettore nei confronti delle ossidazioni e detossificante nei confronti delle cellule è noto nel mondo dei viventi.
L’acino d’uva, come molti vegetali, contiene quantità importanti di glutatione, fino a diverse centinaia di mg/L.
Si osserva una buona correlazione tra il tenore in glutatione dei mosti ed il loro tenore in azoto assimilabile. Le viti troppo deboli, male alimentate in azoto hanno uve povere in glutatione. La carenza idrica estiva e/o la concorrenza dell’inerbimento aggravano questo deficit.
Il glutatione è un composto molto reattivo. Già durante l’estrazione del succo una grande parte del glutatione del mosto si perde a causa dell’ossidazione in disolfuro e/o per combinazione con i chinoni, prodotti derivanti dall’ossidazione enzimatica dei composti fenolici dei mosti, per formare il GRP. Nonostante ciò nei mosti rimane un po’ di glutatione prima dell’avvio della fermentazione: da qualche mg fino ad una ventina di mg per litro.
Nei primi giorni della fermentazione alcoolica, il tenore in glutatione del mosto diminuisce, per aumentare nuovamente alla fine della fermentazione durante il primo mese di affinamento sulle fecce. Ossia il lievito utilizza il glutatione disponibile nel mosto durante la sua fase di crescita, per poi liberarlo in fine fermentazione alcoolica all’inizio dell’autolisi.
Esiste, ferme le condizioni di vinificazione, una buona correlazione tra il tenore iniziale di glutatione del mosto e quello ritrovato nei vini ad inizio affinamento. Il tenore dei mosti e dei vini finiscono per essere molto simili.
Questi risultati si sono verificati al laboratorio, in soluzione modello. Il tenore iniziale in glutatione del substrato iniziale è molto simile a quello ritrovato a fine FA, a condizione che la FA si svolga in buone condizioni ed in particolare con tenori sufficienti di azoto assimilabile nel mosto iniziale.
In queste prove il livello di glutatione è stato fissato a 20 mg/L e l’azoto assimilabile di differenti test tra 48 e 190 mg/L. Quando il substrato è carente in azoto (modalità a 48 e 96 mg/L) la fermentazione è stentata. La quantità di glutatione liberato a fine FA dal lievito è allora irrilevante. Per contro, quando la fermentazione si svolge normalmente, grazie ad una corretta presenza di azoto, i tenori iniziali e finali di glutatione nel substrato risultano sovrapponibili. Il lievito a fine fermentazione alcoolica restituisce al substrato il glutatione che gli aveva «imprestato» all’inizio.
L’invecchiamento aromatico prematuro dei vini bianchi secchi si può manifestare durante l’affinamento o più tardi nel corso della conservazione in bottiglia.
Il mantenimento dei vini sulle fecce nel corso dell’affinamento permette di preservarne gli aromi fruttati, di mantenerli in uno stato di ossidoriduzione favorevole alla comparsa del bouquet di riduzione e di evitare o almeno di ritardare la comparsa di odori difettosi richiamanti note mielose.
Abbiamo seguito l’evoluzione simultanea dell’aroma fruttato (tioli volatili), di marcatori dell’invecchiamento precoce (sotolone) e del glutatione, nel corso dell’affinamento di un vino sauvignon conservato in fusti nuovi o già usati, su fecce totali o in assenza di fecce. Le condizioni più ossidative dell’affinamento (barrique nuova senza fecce) favoriscono la diminuzione dell’aroma fruttato, tipo pompelmo (3-MH), dei vini. La formazione del sotolone è più abbondante quando il vino è allontanato dalle sue fecce, soprattutto se conservato in barrique nuova. Contemporaneamente, quando le fecce sono eliminate dal vino, il tenore in glutatione diminuisce rapidamente nel corso dell’affinamento. Il fenomeno risulta accentuato in barrique nuova, ove i fenomeni ossidativi sono più importanti. Le condizioni più favorevoli alla buona conservazione delle qualità aromatiche dei vini bianchi secchi sono quelle che limitano la perdita del glutatione.
Il ruolo protettore delle fecce nei confronti dell’invecchiamento aromatico difettoso è dovuto a due fenomeni: la loro attitudine a liberare ed a preservare il glutatione, la loro
capacità di consumare ossigeno. In effetti se si confronta il consumo di ossigeno di un vino bianco conservato sulle fecce o dello stesso vino bianco dopo filtrazione, il ruolo delle fecce nel consumo di ossigeno appare evidente. Un vino sulle fecce consuma ossigeno 60.000 volte più velocemente che un vino senza fecce. La capacità riduttrice, dunque protettrice, delle fecce è considerevole.
L’invecchiamento difettoso dei vini bianchi si evidenzia il più delle volte quando il vino è già in bottiglia. Il suo aspetto più sconcertante è che si tratta di un fenomeno aleatorio. Se si domanda ad una giuria di degustatori di valutare il carattere ossidativo di dodici bottiglie di uno stesso vino bianco tappato con sughero (stessa annata, stesso giorno di imbottigliamento, stesso tipo di tappo…), alcune bottiglie sono giudicate molto evolute, mentre altre non presentano nessun segno di invecchiamento precoce.
Esiste una buona correlazione tra la quantità di ossigeno disciolto misurato in bottiglia ed il carattere premox del vino. Allo stesso modo, più l’aroma di un vino bianco è giudicato ossidato dai degustatori, più la tonalità giallo aranciata del suo colore è intensa (DO 420 più alta). Le bottiglie premox rivelano tenori in SO2 libera più bassi. Naturalmente la presenza in sotolone è anch’essa ben correlata all’intensità del carattere ossidativo percepito dal degustatore.
Questi risultati ci inducono a porci il quesito estremamente delicato circa la scelta del tipo di tappatura, argomento troppo lungo da sviluppare in questa sede. In funzione del tipo di tappo utilizzato, sughero naturale, tappo sintetico o tappo vite si osservano variazioni significative nel tenore di ossigeno disciolto misurato nel vino a sei mesi dalla messa in bottiglia. Il tenore in SO2 libera è pure molto differente a seconda del tipo di tappatura. Questi risultati dimostrano l’estrema eterogeneità della permeabilità ai gas dei diversi tipi di tappo.
Prevenire l’invecchiamento ossidativo precoce dei vini bianchi, consiste nel preservare il loro tenore in glutatione.
Per fare ciò bisogna rispettare 8 regole che sono relativamente semplici quando se ne comprende il motivo.
1- Assicurare un sufficiente vigore della vite con una alimentazione azotata non limitante. Le uve ricche in azoto assimilabile (> 200mg/L) sono sempre le più ricche in precursori aromatici ed in glutatione, e povere in composti fenolici. I rendimenti eccessivi, la carenza idrica, l’inerbimento, lo sviluppo superficiale delle radici indeboliscono la pianta e favoriscono il carattere premox dei vini bianchi secchi.
2- Limitare l’estrazione dei composti fenolici nel corso della pressatura per preservare maggiormente il glutatione. Il numero di rotazioni della pressa deve essere limitato e la separazione delle ultime pressate assai rigorosa.
3- Proteggere efficacemente il mosto ed il vino dall’ossidazione utilizzando gas inerte ed anidride solforosa.
4- Assicurare lo svolgimento completo e piuttosto rapido della fermentazione alcoolica. Ciò presuppone un livello di chiarifica dei mosti adattato ad ogni vitigno, un tenore in azoto assimilabile sufficiente ed un apporto d’ossigeno puntuale durante la fase di moltiplicazione dei lieviti.
5- Ridurre la fase di latenza della fermentazione malo-lattica. In questa fase della lavorazione il vino non è protetto dall’ossidazione dalla solforosa. La risospensione delle fecce e l’impiego di un inoculo batterico possono rivelarsi molto utili.
6- Affinare i vini nelle condizioni più riduttrici possibili, mantenendo una dose efficace di SO2 libera, praticare la rimessa in sospensione periodica delle fecce e moderare utilizzo di legno nuovo.
7- Limitare la dissoluzione di ossigeno durante le operazioni di preparazione del vino all’imbottigliamento. Il vino progressivamente privato delle proprie fecce per travaso, collaggio e filtrazione risulta più fragile; i trasferimenti si devono fare sotto gas inerte.
8- Scegliere una tappatura appropriata al tipo di vino che si è prodotto …
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