Premessa
Che il Japit di Mario Cangiano fosse uno dei migliori ristoranti giapponesi a livello nazionale non c’era più alcun dubbio, ma il rinnovamento, l’evoluzione della cucina del restaurant owner ed Edomae italiano diplomato alla Tokyo Sushi Accademy, offre importanti spunti di riflessione. Il Giappone nel Sannio è una storia gastronomic unica nel suo genere. Un storia che parla di successo, rigore, mania e dedizione. La Storia di Mario Cangiano.
Dall’ultima mia visita il Japit è cambiato molto, nell’estetica, nel decoro e nella proposta gastronomica. Un ristorante che è diventato ancor più fedele alla tradizione nipponica. Oramai definitivamente modellato sui sushibar del quartiere di Ginza a Tokyo. Nuovo logo, nuovi complementi d’arredo, stessa filosofia. Le ceramiche rinnovate, le nuove sedute ed il look rinfrescato non mutano la tradizionale filosofia che guida le mani di Mario Cangiano: Il rispetto assoluto per la materia prima.
Gli Oshibori e le bacchette sono reali e non usa e getta. I sassolini provenienti dal mare, tanto caro a Mario Cangiano e alla sua famiglia di pescatori sono ora i loggia hashi. Il bancone splende ancor di più ed il pubblico della Campania tutta ora conosce il Japit come riferimento per degustare il vero sushi giapponese, quello dei tre stelle a Tokyo, quello che ha fatto innamorare il mondo di Jiro Ono.
La materia prima rimane a mio avviso la migliore della Campania, anche perchè essa non è legata ai cataloghi di settore, ma è selezionata specificamente da Mario Cangiano attraverso il diretto contatto con i pescatori. Iconici sono i nigiri di Otoro, la celebratissima ventresca di Tonno, la parte più pregiata del tonno blue fin che riesce a sviluppare una rotondità avvolgente e spregiudicata, tale da aver conquistato tutti i palati del mondo ed da essere diventata un mito culinario mondiale, a buon titolo tra l’altro.
Da qualche tempo il Japit è inoltre diventato il punto di ritrovo per gli chef giapponesi in visita in Italia per sperimentare e parlare di sushi a porte chiuse. La partecipazione di Steralmar al progetto Japit, permette un trattamento dei crostacei unico nel suo genere e la presenza di abbattitori a -80°, usati in primis dai biologi, permettono una sanificazione totale in tempi brevi, non comportano pregiudizi per la testura del pesce e riescono a garantire una perfetta consistenza delle carni al momento del taglio.
L’elogio del tonno rosso da Japit è totale, ma pur sempre nel rispetto dei periodi di ferma dalla pesca. La qualità e la lucentezza delle carni salta agli occhi. Di grande inventiva sono i fuori menù di Mario Cangiano che con una manipolazione minima del pesce riesce a donargli una dimensione extra.
Iconici restano alcuni piatti del Japit, tra i quali il crudo di Gamberi Rossi e i Noodles con Astice nostrano. Due proposte che coniugano l’eccellenza dei nostri mari alla mano competente anche nello sperimentalismo del bravissmo Cangiano. I Crostacei valgono il prezzo del biglietto.
Lo scopo è quello di far senire la clientela a casa, anche attraverso un’accurata selezione delle ceramiche di servizio. Il sashimi è un’esperienza indimenticabile. Il taglio è studiato per ogni singola materia. Dal salmone selvaggio ai pesci pescati ad amo, passando per i calamari locali e per i cefalopodi dei nostri mari. Ribadisco, nessun catalogo al Japit a Benevento.
Japit si conferma una realtà di nicchia in costante espansione, in evoluzione, in crescita inesorabile. Si vocifera di una prossima apertura a Napoli, sulla quale vi terremo aggiornati, ma intanto la proposta è divenuta sempre più essenziale, sempre più completi e a prezzi contenuti, con 60 euro si mangia divinamente. Come mai? A Mario non interessa esasperare il guadagno, è lontano dalla sua filosofia e dal suo credo di uomo di famiglia. Famiglia tarantina che ama il mare. Questo è il Giappone che mi piace di più, quello vero, quello autentico.
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