Catia Corbelli scrive a Vittorio Feltri
Egregio direttore Vittorio Feltri
avrei voluto ignorare quanto da lei affermato attraverso i canali social de Il Giornale ma, dopo aver accolto il parere di chi conosce cosa ci sia dietro il mio lavoro, sento il dovere di assumere una posizione, a nome della categoria da lei citata. Sono Catia Corbelli, ostessa dunque cameriera, poiché difficilmente non mi si trova ai tavoli a “portare piatti” o, come usano affermare i miei ospiti, offrire conoscenza sul mio territorio in termini di tradizioni gastronomiche e biodiversità. Conduco, con la mia famiglia un’ osteria, a Mormanno, in CALABRIA.
Alla sua osservazione sulla Salis, in merito alla mia categoria di lavoratori, in verità, inizialmente ho riso e tanto, ma non per l’ abito da “cameriera di Catanzaro, proprio la cosa più bassa che si possa immaginare” (anche perché non si è limitato neanche a seguito col “bovero negro”) ma perché ho pensato a come ci si possa ridurre pur di acquisire visibilità. Poi ho pensato che ha un’ età e un’ esperienza indiscussa nell’ ambito del giornalismo e della comunicazione e mi sono profondamente dispiaciuta per Lei. Mi sono dispiaciuta per rispetto del Suo “essere umano”, che prescinde dall’ essere del nord o del sud, di qualsiasi longitudine o latitudine, bianco o nero, donna o uomo o di qualsiasiasi identità, se indossa o meno una camicia; come Lei o esattamente come i camerieri!
Tornando all’ altezza, sono alta un metro e settanta e, pensi un po’, per implementare la mia statura ho conseguito i miei studi all’ Unical e alla UMG di Germaneto (non me ne voglia per questo…). L’ inciso è dovuto al fatto che nei diversi ristoranti non è difficile trovare laureati e plurilaureati che, non sempre per bisogno (spesso perché credono in una rivoluzione), investono nella ristorazione; o ragazzi dell’ alberghiero che vogliono arricchire le proprie competenze e realizzare i propri progetti. Quanto allo stile, noi di sala, non ci crederà, tendiamo a lavarci, truccarci e indossare abiti relativi al ruolo, come ai matrimoni, come nelle sale operatorie, … pensi che io sono talmente accorta ed elegante, ai funerali, da essere scambiata per l’ “ei fu…”!
Quello che non sa e non considera è il sacrificio immane che c’è dietro il nostro lavoro. Che sia da bar o da ristorante, niente pranzi e cene in famiglia: se sei giovane e libero, finisci a notte fonda, quando gli altri sono già organizzati. Non hai week-end al mare o in montagna, quindi diventa difficile costruire relazioni, anche sentimentali (ma non impossibile, tanto siamo fighi…)
Se sei madre o padre, devi capire a chi lasciare i figli e dove sbattere la testa per seguirli negli studi, nella quotidianità, agli incontri scuola- famiglia e ti senti in dovere di recuperare le ore investite negli eventi importanti, sottraendo ulteriormente tempo all’ essenza della tua vita. Così, se lo fai per molti anni, organizzi i 18 anni di tuo figlio e mentre dovresti goderti l’ evento nel pieno della gioia, un groppo in gola ti soffoca perché non ti sei reso conto di quando sia accaduto che il tuo bambino sia diventato adulto.
Devi conoscere le lingue e, profondamente, il tuo territorio, perché se non sai rispondere sminuisci il tuo ruolo e l’ attività in cui lavori. Potrei continuare con infiniti esempi, ma mi limiterò a ricordarle che siamo sempre sorridenti, a dire a gente anche nelle Sue condizioni, e per fortuna non solo, “Salve, benvenuto, si accomodi”. Perché siamo capaci, colti ed empatici.
Ora, mi spiega cortesemente cosa intenda con ” la cosa più bassa che si possa immaginare “?
Concludo con un invito ed un consiglio: venga in Calabria, perché davvero non so dove sia stato. E se tanto elevato sia il Suo senso estetico, Le suggerisco di approfondire le Sue conoscenze in materia di moda e di creare, magari, una linea alla quale possano attingere europarlamentari e cameriere!!!
Viva le cameriere, dunque, di Catanzaro, calabresi e di tutto il mondo! Viva chi lavora con dignità e coraggio!
Cordialmente,
Catia Corbelli.
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