di Maria Rosaria Nastri
Gentile dottor Pignataro,
Le scrivo, seppur con ritardo, in merito al suo articolo sulla recente Anteprima del Taurasi. Pur essendo una salernitana doc, sono da alcuni mesi una neo cittadina del comune di Taurasi, in quanto qui ho acquistato insieme a mio marito, la cui famiglia è del posto, lo storico “Palazzo Massa” che attualmente è in fase di ristrutturazione. Da quando ho conosciuto per la prima volta questo antico borgo ne sono rimasta conquistata, per la sua bellezza nonché per la sua storia che risale ai tempi delle conquiste romane nei Campi Taurasini. Conosco molto bene il tessuto sociale del posto perché qui abita parte della mia famiglia nonché tanti amici, membri della Pro-Loco e produttori vitivinicoli. Profondamente delusa dalle capacità organizzative del comune e delle associazioni che insistono sul territorio, in me vive un barlume di speranza per il futuro di Taurasi. Avendo una visione abbastanza completa su quello che è lo sviluppo potenziale del borgo, conoscendo i tanti progetti ambiziosi che interesseranno il comune quali l’Enoteca Regionale, il centro di ricerca sulla viticoltura, il progetto europe o “Villages d’Europe”, io e mio marito abbiamo pensato positivo ed abbiamo così deciso di fare un investimento che potrebbe avere effetti positivi sull’intero paese per quanto concerne la ricettività.
Anch’io concordo con le sue affermazioni, e sostengo che la notorietà del paese è dovuta unicamente al fatto che qui si produce un prodotto docg che ha saputo valorizzarsi, se non da solo, grazie alla bravura di poche realtà vitivinicole come Mastroberardino e Antonio Caggiano. Nella mia mente immagino come sarebbe stata la nostra realtà se accanto ad un prodotto di ottima qualità si fossero associate capacità organizzative e una buona dose di marketing.
Purtroppo il fenomeno “Taurasi” rispecchia a pieno la realtà del Mezzogiorno d’Italia. Un territorio che affascina per la sua ricchezza culturale, artistica, enogastronomia dove però manca qualsiasi forma di coesione tra la collettività. Invidie ed egoismi la fanno da padrone, facendo perdere treni che a mio avviso passeranno ancora per poco. Il trend legato al turismo enogastronomico non può durare in eterno, come qualsiasi altro prodotto lanciato sul mercato inevitabilmente la curva del suo ciclo di vita inizierà a scendere. Tutto è dettato dal improvvisazione in quanto, oltre a mancare una reale formazione degli addetti ai lavori, ci si rifiuta categoricamente di affidarsi a strutture capaci di valorizzare concretamente il territorio. Per lo sviluppo della mia attività io confiderò soprattutto sulle mie capacità, e sulla mia apertura mentale, che molto volentieri metterei a disposizione dei miei concittadini.
Gentile signora
Il punto vero è che la colpa di questo ritardo non è di Tizio o di Caio, della destra o della sinistra, ma è nel semplice fatto che il successo di un amministratore pubblico non ha alcunrapporto con parametri della produttività così come può misurarla un imprenditore che opera sul mercato. Il nostro sistema amministrativo è profondamente inadeguato alle sfide che ci attendono, che attendono soprattutto i giovani: non esistono nel Mezzogiorno esempi di costruzione di una lungimirante azione di marketing pubblica, ma solo alcuni episodi brillanti sovrastati da scelte pacchiane, miopi, spesso ridicole. Il fatto è che il politico misura il suo risultato in base ai consensi e il corpo elettorale vive ancora di piccoli favori che gli spetterebbero di diritto se fossimo in uno Stato moderno. Per questo gli imprenditori devono fare da sé e chiedere all’ente pubblico di garantire almeno i servizi essenziali senza pensare di affidare a persone che non hanno competenze compiti di strategia territoriale: l’esempio del Cilento è lampante. Qui non c’è nulla che sia degno di nota sul versante pubblico, ma il territorio sta decollando a prescindere dai politici grazie a persone che tornano per investire o a forestieri che hanno ben chiare le potenzialità del Parco, proprio come sta facendo lei con suo marito a Taurasi. Le sembrerà una considerazione amara e minimalista, ma devo dire che in tutti questi anni non ho mai conosciuto un amministratore disposto a rischiare semplicemente imitando quanto fatto in Toscana e nel Nord. Anzi uno sì. L’assessore all’Agricoltura di Napoli Enzo Falco, sommelier, fatto fuori in un rimpasto dopo un paio d’anni. A lei, e a me, un invito: non bisogna scoraggiarsi, basta non credere alla normalità e sognare l’impossibile.
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