E sono cinque!
Non ci credevano nemmeno loro, i curatori della guida, quando hanno iniziato ma, con in questo caso, i sogni si trasformano in realtà e la 99 Champagne, anno dopo anno, sta diventando un punto di riferimento non solo a livello nazionale.
I motivi di questo successo, probabilmente, dipendono dalla serietà e, per certi versi, dalla laicità di tutti i collaboratori che in questi otto anni hanno dato origine ad un prodotto editoriale credibile grazie ad un certosino lavoro “sul campo” che si può così sintetizzare: circa 10.000 bottiglie degustate, oltre 300 maison/vigneron visitati, 40 viaggi in Champagne effettuati a spese proprie e senza “inviti”.
Questo approccio indipendente, soprattutto negli ultimi tempi, non sempre è stato capito da alcuni produttori che, così scrivono Luca Burei e Alfonso Isinelli nella Premessa, a volte pretendono o, quantomeno, si aspettano una degustazione genuflessa tale da anteporre al vino una serie di fattori che con esso hanno poco a che fare e che fanno rima con marketing e relativi investimenti finanziari. Il risultato è quantomeno sconfortante: campionature ridotte o rifiutate, anche in malo modo, perchè lo staff non si è piegato nel tempo al dogma dell’inconfutabile qualità del prodotto, qualunque esso sia.
Dopo la conferenza stampa di presentazione, che ha svelato anche la possibilità di scaricare in futuro la guida su Android e iOS, si è svolta la consueta degustazione di Champagne BIO (organizzata in collaborazione con l’Association Champagne Biologiche) che, come al solito, ha suscitato grandissimo interesse da parte di un vasto pubblico di operatori che fin dalle 12 si è messo in coda per entrare nella sala romana del Radisson Blue.
16 i vignerons presenti: Barbichon, Barrat Masson, André Beaufort, Vincent Couche, Pascal Doquet, Fleury, Georges Laval, David Lèclapart, Lecrerc-Briant, Bruno Michel, Franck Pascal, Thomas Perseval, Lelarge-Pugeot, Yves Ruffin et Fils, Val Frison.
Tantissime le cuvée degustate, tutti di altissimo livello, ma il mio “coupe de coeur”, il mio voto emozionale va a questi cinque grandi Champagne:
Pascal Doquet – Horizon Blanc de Blancs Brut: vigneron dal 1982, Pascal Doquet, dopo aver diretto la Maison di famiglia, nel 2004 diventa “indipendente” e lancia la sua etichetta di Champagne gestendo circa 9 ettari di vigne certificate biologiche dal 2007. Questo chardonnay in purezza mi ha incantato per carattere ed espressività donando una impronta olfattiva che dalla frutta ci porta verso sapide durezze minerali. Sorso intenso, in linea con il naso. Difficile da scordare la persistenza molto lunga e dotata di scia quasi marina.
Fleury Père et Fils – Sonate n°9 Opus 10 Extra-Brut (sans soufre ajouté): Fleury ha una qualità media della sua produzione davvero altissima ed è stato davvero difficile stabilire quale, tra i suoi cinque champagne in degustazione, fosse il migliore. La mia scelta è caduta sul Sonate n°9 (100% pinot nero) che al naso di distingue per ricordi di pera, mela, limone grattato e tanti, mutevoli, soffi minerali. Al gusto l’attacco è fresco, citrino, poi arriva la frutta gialla matura a riempire e dare struttura ed equilibrio. Ai ragazzi della guida questo champagne non è piaciuto molto ma, da profano, direi che anche una versione in tono “minore” (causa millesimi non eccezionali) come questa ha il suo perchè.
Vouette & Sorbée – Blanc d’Argile: Bertrand Gautherot è un altro di quei vigneron al quale sono legato per via di una produzione di Champagne che difficilmente sta sotto la soglia dell’eccellenza. Da una parte dei 5 ettari di vigna certificata biologica e, dal 1998, Demeter, nasce questo chardonnay in purezza che è puro godimento edonistico associato ad una precisione stilistica che, con questa versione, quadrano il cerchio attorno a questo splendido champagne che vale tutti gli euro che servono per acquistarlo.
Yves Ruffin – Cuvée Extra Brut: Sylvie Ruffin, nonostante le difficoltà connesse alla perdita prematura di suo marito Thierry, è saldamente alla guida della sua piccola azienda che anno dopo anno, a mio parere, produce Champagne dal rapporto qualità/prezzo quasi imbattibile. Durante la degustazione sono stato colpito da questo Extra Brut Premier Cru a base di pinot nero (80%) e chardonnay (20%) i cui pregi si concretizzano nell’ottimo equilibrio tra morbidezze e durezze e nella piacevolezza di beva. La tentazione è riempirci tutta la cantina…
André Beaufort – Polisy millésime 1996 Demi-Sec (80% pinot nero, 20% chardonnay): su questo vigneron si è scritto tutto e il contrario di tutto. C’è chi lo ama alla follia e chi non ne capisce il senso ma quando parliamo dei suoi Demi-Sec penso che tutti, anche i suoi più acerrimi nemici, debbano inchinarsi al genio di questo introverso signore francese che, come un moderno alchimista, riesce a trasformare un semplice champagne dosato (45 g/l) in un piccolo capolavoro di complessità e, soprattutto, di equilibrio. Una pietra filosofale in Champagne, così scriveva la guida nel 2010. Come dargli torto?
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