Sparare sulla Lega è un po’ come prendere di mira la Croce Rossa. Ogni ruberia possibile e immaginabile dall’animo umano è stata messa in pratica da questa banda di buontemponi che manifestava con le corna in testa.
Ma quello che mancava al processo di libanizzazione che hanno cercato di creare in Italia era il razzismo gastronomico. La storia di Buonitalia, la società di promozione gestita sotto l’ala protettiva di Zaia, sì quello del panino McItaly, con stipendi d’oro, buchi faraonici e zero risultati ha dell’incredibile. Con i soldi pubblici non è mai stato promosso un solo prodotto sotto l’Arno.
L’articolo è del collega Adolfo Pappalardo ed è stato pubblicato oggi sul Mattino.
In sintesi: stipendi d’oro, buco da 21 milioni, 50 milioni rendicontati in minima parte. Ma ecco la storia, da leggere non prima di aver preso qualcosa per non vomitare.
Adolfo Pappalardo
Non una mozzarellina, non un bocconcino. Nemmeno un litro di aglianico o di olio pugliese. Pizza, allora? Macché, figuriamoci. Come se non fossero prodotti della filiera agroalimentare italiana. Possibile? Possibile sì hanno appreso, tra stupore e sconcerto, i membri della commissione Agricoltura presieduta da Paolo Russo (Pdl), quando, due giorni fa, hanno ascoltato per un’ora e mezza Alberto Stagno d’Alcontres, stimato docente siciliano, nominato ad ottobre scorso commissario liquidatore della Buonitalia, società in house del ministero delle Politiche Agricole.
Perché era noto sì che la società fosse diventata, nel biennio 2008-2010, una roccaforte leghista ma non al punto che valorizzasse nei suoi tour e road show enogastronomici in Italia e all’estero, solo prodotti del Nord. Per un pecorino romano o un vino siciliano nemmeno un euro, invece. Come se non esistessero. Se ne è reso conto il liquidatore non appena ha iniziato a spulciare la lista dei debiti e quella dei creditori nei confronti dell’Ente che solo tra il 2008 e il 2010 ha avuto finanziamenti per 50 milioni di euro ma è ora in rosso per 21 milioni. Il biennio quando Zaia era ministro e al timone della società fu chiamato, in qualità di presidente e amministratore, un suo fedelissimo: tale Walter Brunello, poi defenestrato da Galan, ma diventato subito dopo responsabile della segreteria particolare (sino a ottobre scorso) del governatore del Veneto. Coincidenze? Chissà.
Ma torniamo all’elenco dei creditori che ora pretendono di essere pagati. Si inizia da Verona Fiera che pretende 3,5 milioni di euro e dalla federazione nazionale rugby che ne vuole 600mila; passando per l’Unioncamere lombarda (300mila), Biennale Venezia (300mila), università di Verona (27mila) sino a Promoveneto (71mila) e alla Veneto Banca in fondo alla lista con una richiesta di 3 euro. Incarichi elargiti (tutti verso enti del Nord o quasi, guarda un po’) non con gara ad evidenza pubblica: motivo che ha poi fatto bloccare i finanziamenti del Ministero. E gli alimenti da promozionare al Montecarlo wine festival, in alta quota sugli aerei Alitalia (costo 1,75 milioni di euro), per la kermesse ”Due formaggi doc (costo 8 milioni di euro), per il terzo tempo delle partite di rugby o alla Federciclismo (creditrice per 27mila euro) affinché organizzasse, guarda le combinazioni, il giro del Veneto? Tutti del Nord.
Basta scorrere sempre l’elenco dei creditori: la Grana Padano vuole 2,8 milioni di euro, il Parmigiano reggiano altri 2,8 milioni, l’Enoteca di Siena 170mila euro e il Consorzio del Chianti 30mila euro.
Eppure soldi e risorse ve ne erano eccome per far funzionare a dovere la società che, asciugato il capitale sociale di 600mila euro, sarà costretta quasi sicuramente a portare i libri in tribunale.
Solo dal 2004 al 2011 sono stati elargiti per il cda (appena tre membri) compensi per 1,7 milioni e 1,090 milioni per il collegio sindacale; ogni anno in spese generali sono andati invece via 1,2 milioni di euro e per il personale dipendente altri 1,6 milioni. Ma quanti erano quest’ultimi? Appena 19….Un andazzo andato avanti sino all’insediamento del ministro Giancarlo Galan (Pdl) dopo aver ceduto la poltrona di governatore proprio all’odiato leghista Zaia. Anche se invece degli azzeramenti totali promessi alla fine si accontenta solo della testa di Walter Brunello. Ma la situazione dei conti rimane tragica come farà notare l’ex presidente del cda Rodrigo Cipriani Foresio in un’audizione del giugno scorso sempre davanti alla commissione Agricoltura: «Dei più di 100 progetti realizzati negli anni da Buonitalia appena 6 sono stati rendicontati e archivati. E i debiti nei confronti dei fornitori ammontano a 10 milioni di euro. Nonostante nel biennio 2008-2010 il ministero di Zaia avesse girato finanziamenti per 50 milioni di euro». Non abbastanza però per acquistare qualche mozzarellina, una pizza o un litro d’olio in giro per il mondo. Solo un viaggetto in Veneto sotto forma, però, di un volume sulla dieta mediterranea distribuito, guarda un po’, solo ridosso delle passate elezioni regionali nelle quali l’allora ministro Zaia era candidato alla Presidenza. E per quel tour virtuale Buonitalia sborsò 3 milioni di euro.
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