di Marina Alaimo
Il cibo più di qualsiasi altra cosa è lo specchio ed il racconto della storia di un territorio e delle genti che lo abitano. Si tende a cambiare un po' tutto con il passar del tempo, dovendosi adattare , aimè sempre più velocemente, alle nuove esigenze che la civiltà ci impone. Sembra invece che a noi italiani non piaccia proprio distaccarci dalle tradizioni legate alla cucina tipica, anche se ci spingiamo ad intraprendere nuove esperienze gustative di tendenza, restiamo comunque saldamente radicati ai piatti della tradizione.
Spesso però il nostro tempo viene totalmente assorbito dai ritmi frenetici del lavoro, e quindi diventa veramente difficile dedicarsi alla cucina tradizionale che richiede un certo impegno e quindi si rimedia recandosi in ristoranti e trattorie specializzate nel settore. Di recente ho partecipato all'evento “Gusto in vetta” organizzato dalla provincia di Teramo per promuovere il territorio unico di questa fascia di terra stretta tra la costa dell'Adriatico e le montagne, praticamente in meno di un'ora di macchina si arriva dal mare alle alte vette del massiccio del Gran Sasso e Monti della Laga, la vetta più alta raggiunge i 2458 metri.
Il fatto che il territorio sia caratterizzato sia da paesaggi montani che marini ha dato largo spunto alla fantasia culinaria e quindi ad un'ampia varietà di piatti e prodotti, ma “Gusto in vetta” ha voluto far conoscere le realtà legate alla montagna, dove l'isolamento dei piccoli villaggi ha conservato integri i sapori ed i costumi locali.
Il piatto maggiormente celebrato in questa occasione è stato “le virtù teramane”, essendo tipico del periodo primaverile, anzi è il piatto del primo maggio ed in questa data ogni famiglia mette in tavola la propria interpretazione della ricetta, togliendo od aggiungendo secondo i propri gusti i tantissimi ingredienti che la compongono.
Le origini delle Virtù sono molto antiche, già nell'antica Grecia in occasione delle feste primaverili dedicate a Dionigi (Bacco per i Romani), si preparavano enormi quantità di Panspermia , pietanza fatta di semenze, ritenute simbolo di resurrezione, ma anche semplicemente di buon auspicio e prosperità. Nell'antica Roma si consumava un piatto simile chiamato la virtù, dove virtus stava per forza perseverante nel raggiungere il fine.
Praticamente era una sorta di rito propiziatorio nell'invocare l'arrivo della primavera, del suo tepore e dei nuovi raccolti, momento fortemente critico per i contadini che temevano il prolungarsi dell'inverno con l'inevitabile esaurimento delle scorte alimentari. Infatti le più grandi carestie della storia legate al mondo agricolo, avvenivano proprio nel mese di maggio, momento in cui terminavano le risorse accantonate per superare l'inverno.
Le Virtù teramane sono sicuramente il risultato dei rapporti con l'agro romano dovuti alla transumanza, attività di grande importanza in Abruzzo dove la pastorizia è stata per secoli fonte primaria di sostentamento. La ricetta è lunga e complessa, è ricca di numerose varietà di legumi secchi, quelli che rimanevano nella dispensa dopo il lungo inverno, fagioli, lenticchie, ceci e cicerchie, poi i legumi freschi portati dalla primavera, fave e piselli,ancora il grano ed il mais, unitamente ad un'ampia varietà di verdure novelle e profumate, il tutto impreziosito da un battuto di lardo vecchio, aglio e cipolline fresche.
Tra le verdure e le erbe profumate si può scegliere dando liberamente spazio alla propria interpretazione, offrendo questa stagione dell'anno un'ampia possibilità di scelta: asparagi, zucchine, carciofi (meglio se indorati e fritti), papavero, scrippigni, borragine, finocchio, misericordia, rapunzoli, issopo, piscialletto, millefoglie, gene piglio, erba cardellina, santoreggia, maggiorana.
E' possibile unire anche le famose pallottine teramane, minuscole polpette di carne, della dimensione di un cecio, insieme a brodo di carne, in origine preparato con osso di maiale leggermente rancidito e qualche cotica, preventivamente cotta nel pomodoro per renderla più delicata nel sapore. Il procedimento è lungo e complesso, ma il risultato è un'armonia di sapori e profumi irresistibile, i legumi secchi, come pure il grano, vanno messi a bagno il giorno prima e cotti separatamente, poi si pongono insieme ai legumi freschi ed alle verdure in una grossa pentola fino a cottura ultimata.
Ma non è finita qui, a parte si prepara della pasta fatta in casa con acqua e farina, i maltagliati, si cuociono in acqua bollente e si aggiungono alle Virtù. L'abbinamento con il vino può spaziare da un bianco strutturato, come ad esempio Riflessi 2007 Colli Aprutini, da uve montonico in purezza, ad uno splendido Montepulciano d'Abruzzo cerasuolo 2010 di Emidio Pepe.
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