di Raffaele Mosca
La regione più stellata in questi 63 anni di rossa? La Lombardia, con 240 macaron dal 1959 al 2022. La stella più longeva? Arnaldo a Rubiera, seguita dal San Domenico di Imola e Da Vittorio a Brusaporto. E il primo bistellato del Sud? Al Gambero a Taranto, nel 1971. Sono solo alcune delle curiosità che si possono scoprire sfogliando la nuova bibbia dell’alta ristorazione italiana: un tomo di 1184 pagine in cui sono condensati i dati di tutte le edizioni della Guida Michelin Italia. Un tributo alla Rossa che non ha uguali nemmeno in Francia: opera di Manfredi Nicolò Maretti, editore 29enne che, forte di una serie di piccoli successi editoriali in ambito gastronomico – non ultimi i libri di Uliassi e Jacopo Ticchi, di cui avevamo parlato a Giugno scorso – ha deciso di mettere insieme queste informazioni per rendere alla portata di tutti una storia che fino a questo momento è stata di dominio di pochi possessori di vecchie guide sgualcite.
“ Le Stelle Michelin in Italia” è stato presentato a Roma, da Glass Hostaria, alla presenza dello showman della sala Alessandro Pipero e di Fausto Arrighi, storico volto della Michelin Italia, ispettore per trentasei anni e direttore per nove, che ne ha scritto il preambolo insieme a Paolo Marchi. “ È un libro straordinario – spiega Arrighi – traccia l’evoluzione della ristorazione in Italia dal dopoguerra ad oggi e invita alla riflessione. Noi italiani siamo figli di osti e non di ristoratori. I primi stellati negli anni 60’ erano molto diversi da quelli di oggi: allora si faceva una cucina semplice, di territorio; si mangiavano le carni bianche, il pollo arrosto, perché eravamo ancora poveri”. Per rendersi conto di com’era la Rossa degli albori – e di com’è cambiata – basta pensare al piatto iconico nominato in prefazione: il savarin di riso della bistellata Trattoria Cantarelli di Samboseto (PR), ovvero riso con parmigiano reggiano, lingua salmistrata e funghi di Borgotaro. Niente a che fare con quello che troviamo oggi nei menu degustazione: solo una semplice preparazione di tradizione contadina, che, però, è diventata leggendaria. “Oggi l’idea di alta ristorazione è ben diversa: si premia l’esecuzione tecnica, la ricerca. Quei ristoranti, con quei piatti li, avrebbero nel migliore dei casi una stella, di certo non due”.
La rivoluzione l’ha innescata Gualtiero Marchesi con il suo locale in Via Bonvesin della Riva, a Milano, primo tristellato d’Italia nello stesso anno in cui la nostra nazionale vinceva il suo terzo mondiale. “ Da li è cambiato tutto: Marchesi ha introdotto in Italia il concetto di ristorazione borghese”. Un nuovo modello di cucina e accoglienza, più vicino a quello transalpino, nato per ovvie ragioni dal nord industriale e poi approdato anche al sud. Sorprendente, in questo senso, vedere come, da quegli anni ad oggi, la geografia delle stelle sia cambiata radicalmente: la Liguria, che è stata tra le regioni con la maggiore concentrazione di ristoranti premiati dagli anni 60’ ai primi 90’, ha meno stelle al momento della Campania, che all’epoca poteva contare su di pochissime insegne. “ Ricevetti una lettera in cui mi si faceva notare, con toni minacciosi, che Napoli città non aveva nemmeno uno stellato. La ristorazione di quel tipo si concentrava tutta in costiera, dove c’erano già gli Iaccarino. Oggi, invece, a Napoli e dintorni ce ne sono diversi”. E visto che si parla di Napoli, non può non venire in mente l’annosa questione delle stelle per la pizza, una rivoluzione per la quale i tempi sarebbero più che maturi, ma che per il momento resta un’ipotesi remota. In passato, però, è esistito un ristorante insignito del macaron che serviva anche pizza: Pizzeria Negri a Pontecagnano, in guida nel biennio 1961-62. “ Ma la stella era per la cucina – spiega Arrighi – la pizza non era stata presa in considerazione”.
Chiaramente il lancio di un libro del genere è anche un’occasione di parlare di presente e di futuro della guida rossa. E qui subentra Alessandro Pipero, il re della sala e della carbonara, che di Arrighi dice: “ la sua visita era un momento di grande tensione: non sapevi se prestare più attenzione a lui o agli altri clienti, perché guardava e valutava tutto quello che facevi”. A suo dire, ciò che ha perso la Michelin negli anni è un volto umano, riconoscibile e di riferimento, e quindi anche la comprensibilità del giudizio. “ Non sappiamo chi sono gli ispettori e non sappiamo esattamente quali sono i criteri. Questo per noi è un problema, perché, se avessimo per esempio un’idea più precisa di cosa bisogna fare per ottenere una seconda stella, potremmo lavorare meglio per cercare di arrivare a quel traguardo.” Il principio di base per l’assegnazione delle stelle sarebbe quello secondo il quale “la stella è nel piatto”, la cucina viene prima di tutto il resto – e poi ci sono forchette e simboli vari per indicare le altre qualità del ristorante – ma è evidente che le cose non stanno proprio così. E Alessandro, da imprenditore e di uomo di sala, ci tiene a rimarcare l’importanza di tutti gli aspetti che fanno da corollario all’esperienza gastronomica, a partire dal servizio. “ Bisogna dargli importanza, perché l’errore in sala è quello che ti spinge a non tornare un ristorante: il piatto imperfetto, uscito male, è perdonabile, ma la disattenzione nel servizio, l’incapacità di capire le esigenze di chi hai di fronte, di entrare in sintonia con le persone che servi, quelle ti fanno perdere il cliente”. Eppure, la critica tende a non riconoscere i meriti dei camerieri. “ Tutta la squadra lavora insieme, ma poi il premio va allo chef. E il risultato è che raramente chi sta in sala decide di aprire un ristorante suo. Perché che senso ha per un maitre mettersi in proprio, investire e pagare uno stipendio ad uno chef che poi la stella la prende lui?” Arrighi concorda ed evidenzia i progressi che sono fatti sul fronte del servizio. “ L’inserviente con il turacciolo sulla spalla è stato rimpiazzato da figure di sala eleganti, con una cultura ed una formazione importante alle spalle, di cui deve essere riconosciuto il ruolo fondamentale”.
CONCLUSIONI
“Le Stelle Michelin in Italia” di Manfredi Nicolò Maretti è un espediente del tutto nuovo nella letteratura enogastronomica italiana: un volume onnicomprensivo, originale e incuriosente, che non può mancare nelle case degli aficionados della cucina gourmet (e non solo!). Lo trovate in libreria e sul sito di Maretti Editore. Prezzo suggerito: 55 euro.
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