Le Serole 2018 esprimono il Pallagrello in una delle migliori annate di sempre. Lo fanno in una vendemmia che ha picchiato duro sui rossi, al punto da far decidere a Manuela Piancastelli e Peppe Mancini di non produrre le grandi etichette che hanno reso famosa Terre del Principe. Il Pallagrello bianco si è invece salvato dalle piogge precipitate abbondanti sui vigneti a partire dalla seconda metà di settembre.
Chi egue questo sito conosce la mia passione per i vini bianchi e per Le Serole in particolare. Partito come vino d’annata lavorato in legno, nel corso degli anni è emersa una grande propensione alla longevità, tanto da spingere l’azienda a ritardare di un anno l’uscita. In pratica, la 2018 è appara sugli scaffali nel 2020, l’annata nera dell’Horeca, quindi è ancora decisamente disponibile. Sul web lo troverete intorno ai 24 euro e ne consiglio l’acquisto di una cassa con una bottiglia da aprire ogni anno e poi, ogni due le ultime due. Avrtee benne soddisfazioni, come l’abbiamo avuta noi aprendola contemporaneamente a un buon bianco francese, uno Chablis di poco superiore come fascia di prezzo.
Ancora una volta i bianchi campani, soprattutto quelli che aspirano energia dai terreni vulcanici, dimostrano di avere una marcia in più. Al legno il protocollo di produzione ha sostituito una sostan prolungata sulle fecce sicchè il vino prende da se stesso il nutrimento.
Risultato? Sicuramente una beva più fresca ma non per questo meno complessa, anzi. Il naso è floreale e fruttato con rimandi fumè molto piacevoli. Il palato mantiene le promesse, non si rinuncia alla dolcezza della frutta che rende piacevole il sorso, una dolcezza bilanciata dalla freschezza e dalla nota amara finale che tiene lontano ogni rischio di stanchezza stucchevole.
Dopo tanti sacrifici, credo che questa possa essere la fase del divertimento per Manuela e Peppe, lasciare folle la marcia e dedicarsi con passione alle etichette che hanno fatto grandi le tre uve di territorio, Casavecchia, Pallagrello Nero e Pallagrello Bianco.
I sapori dell’Alto Casertano, le belle giornate trascorse qui ormai da oltre vent’anni, ritornano in questo sorso piacevole, elegante, fine in cui l’uva esprime davvero tutta se stessa con grande perizia.
E’ uno di quei vini che mi piace talmente che non consiglio abbinamenti, anche perchè la sua complessità veramente lo rende adatto a tutto, tranne forse ai piatti troppo pomodorosi.
In nessun ristorante, in nessuna pizzeria, può mancare quell oche è sicuramente un grandissimo bianco campano.
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