Le Gattoparde ed il biancomangiare

Pubblicato in: La stanza di Carmen

di Carmen Autuori

Ci sono dolci la cui origine (se non proprio misteriosa)  si può definire incerta. Un caso è quello del biancomangiare, dal francese Blanc Manger, che si trova con lo stesso nome tanto in Val d’Aosta, probabilmente importato dai cugini francesi, che in Sicilia dove pare sia arrivato con la dominazione araba o con quella normanna. Quando pensiamo a questo semplice ed elegante dessert la mente corre ai lussuosi e barocchi palazzi palermitani, ma anche a quelli della ricca e opulenta provincia. Ai buffet con i trionfi di cacciagione, alle composizioni di frutta ma anche di verdure, ai timballi (chi non ricorda quello del Gattopardo) che celebrano la cucina aristocratica che deve necessariamente svilupparsi in verticale a testimoniare lo stato sociale del padrone di casa.

E poi le tovaglie che, decorate dai preziosi pizzi siciliani, parlano dei sogni che s’intrecciano tra la trama e l’ordito di aristocratiche fanciulle e ricoprono mollemente le lunghe tavole rese ancora più sontuose dalla luce calda delle candele. In estate si era soliti ,invece, consumare  questo delicatissimo dolce, ritenuto molto adatto ai palati femminili, all’ombra degli alberi secolari dei giardini delle case di campagna dove le aristocratiche famiglie si rifugiavano per trovare un po’ di refrigerio e sfuggire, così,  alle infuocate estati siciliane, tra chiacchiere frivole e sospiri d’amore delle mogli e delle figlie dei Gattopardi: le Gattoparde. Di queste donne si è sempre parlato (e scritto) molto poco, sono rimaste ai margini della storia perché in Sicilia, all’epoca, il mondo apparteneva agli uomini. Vissute all’ombra dei mariti e rimaste vedove spesso giovanissime, erano loro che custodivano, seppur con enormi sacrifici, i patrimoni di famiglia. Unica eccezione donna Franca Florio, la regina senza corona che ha dominato la Belle Epoque palermitana.

Un po’ di storia. Il biancomangiare nasce verso la fine del XIV secolo come pietanza ritenuta estremamente raffinata: si trovava sulla maggior parte delle tavole di nobili e ricchi borghesi delle corti europee.

Biancomangiare era un nome generico, indicava preparazioni dal colore bianco, non necessariamente dolci e spesso, per il gusto di allora, anche carni bianche preparate con latte e zucchero, il costosissimo ingrediente appannaggio dei ricchi. Il piatto poteva anche essere arricchito con mandorle, riso mollica di pane bianco e spezie come zenzero e cannella.

Il Corrado, lo classifica già tra i dessert e ci parla di un Biancomangiare Amaricante che tra gli ingredienti prevede anche una piccola percentuale di mandorle amare.

La ricetta più nota di epoca contemporanea venne proposta da Careme che elaborò una gelatina fatta con latte di mandorle dolcificato ed addensato con amido.

Fu Pellegrino Artusi ne “La scienza in cucina e l’ arte di mangiar bene” a classificare il biancomangiare come dolce siciliano. Probabilmente di derivazione araba, è forse il “cibo bianco” più rappresentativo che abbiamo oggi in Italia.

Sostanzialmente è un elegante budino aromatizzato con acqua di fiori d’arancio, che volendo può essere sostituita da acqua di rose o vaniglia, il cui elemento addensante è l’amido di mais che sostituisce la colla di pesce.

Ingredienti per 6 porzioni

500 ml di latte

200 g di pasta di mandorle

100 grammi di zucchero

50 grammi di amido

1 bacca di vaniglia

Scorza di limone grattugiata

Cannella

Fiori per decorare (meglio se tono su tono)

Procedimento:

Portare ad ebollizione il latte con la pasta di mandorle, i semi della bacca di vaniglia, un pizzico di cannella e la buccia di limone grattugiata fino ad ottenere un composto omogeneo. Tenere da parte un bicchiere del composto e stemperarvi l’amido di mais. Portare il resto di nuovo ad ebollizione. A questo punto versarvi l’amido stemperato nel latte di mandorla e far addensare mescolando continuamente fino a raggiungere la consistenza di una crema.

Versare in 6 stampini leggermente umidi, far raffreddare in frigo almeno 2 o 3 ore, meglio se tutta la notte. Capovolgere nei piattini e decorare con i fiori oppure con granella di mandorle o pistacchi se gradita.

 


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