di Carmen Autuori
Se considerassimo solo il nome, dire parmigiana sarebbe totalmente fuorviante: fa subito pensare all’Emilia Romagna in quanto richiama alla mente il celeberrimo parmigiano. In realtà, non è così, Parma non c’entra proprio niente. A contribuire alla confusione è anche il modo di cottura così come riportato dal Devoto-Oli che definisce il termine parmigiana “cucinare alla maniera dei parmigiani, ovverossia degli abitanti di Parma, vuol dire cucinare vegetali a strati”.
Una cosa è certa, però: protagonista della parmigiana è la melanzana anche se, come vedremo, nel corso dei secoli questa è stata sostituita da altri ortaggi, da erbe spontanee e anche dal pesce.
E’ noto che la melanzana approdò in Sicilia importata dagli Arabi che ne avevano avuto conoscenza in India nel XV secolo. Già questo elemento, farebbe pensare ad una paternità siciliana della pietanza. Ma non è solo questo. La nostra parmigiana ricorda in maniera spiccata la”moussaka”, antico piatto turco composto da fette di melanzane fritte, cosparse di pecorino che col tempo è stata arricchita con carne di agnello tritata e salsa bechamel e che solo all’ inizio del Novecento fu completata dal pomodoro. Niente di più facile, dunque, che gli stessi turchi abbiano introdotto in Sicilia ed anche in tutta l’area meridionale della nostra penisola la loro preparazione originaria che poi ha seguito un percorso proprio diventando il piatto che noi oggi conosciamo. Riguardo questa affascinante tesi non abbiamo, però, fonti storiche.
Mentre, come afferma Jean Caròla Francesconi, la prima codificazione della ricetta nostrana è da attribuire prima al Corrado che, nel suo “Il Cuoco Galante”, ci parla di una parmigiana in bianco non di melanzane bensì di zucchine fritte nello strutto e condite con parmigiano e burro per poi essere ripassata in forno. Molto più simile alla ricetta attuale è quella del Cavalcanti descritta nel 1839 nel suo testo “Cusina casarinola co la lengua napoletana” così scrive: “E farai friggere le melanzane e poi le disporrai in una teglia a strato a strato con il formaggio, basilico e brodo di stufato o con salsa di pomodoro e coperte le farai stufare”. Ecco apparire, dunque, per la prima volta il pomodoro.
Come dicevamo, anche la parmigiana ha subito nel corso degli anni delle trasformazioni.
Una prima differenza va fatta tra quella alla napoletana e quella alla cilentana. Nella prima la melanzana viene semplicemente fritta e i seguito stratificata con fior di latte, pomodoro, parmigiano e basilico per poi essere cotta al forno. C’è anche la versione di “Mimì alla Ferrovia” dove il pomodoro è sostituito da un succulento sugo di ragù. Nel Cilento, invece, le singole fette vengono passate prima nella farina, poi nell’uovo prima di procedere alla frittura; gli ingredienti della farcitura restano gli stessi anche se qualcuno sostituisce il parmigiano con il pecorino o il cacio ricotta.
Nel Vallo di Diano è più diffusa quella di zucchine che, tagliate sottilissime e farcite con il caciocavallo più asciutto di mozzarella e fiordilatte, assumono l’aspetto di un vero e proprio timballo.
La vulcanica Giovanna Voria, ambasciatrice titolare dell’agriturismo Corbella a Cicerale, ne realizza una originalissima (e gustosa) con la borragine che in primavera dà il meglio di sé. Sostanzialmente le foglie di borragine vengono impanate in una pastella di farina, acqua e uova prima di essere fritte. Una volta farcite con provola (meglio se affumicata) e formaggio grattugiato, vengono irrorate con abbondante succo di pomodoro e cotte in forno.
Gennaro Esposito, il bistellato della Torre del Saracino a Vico Equense, alterna fette di melanzane con il pesce bandiera. Secondo lo chef questo tipo di parmigiana rappresenta una sorta di nuova tradizione, parla un linguaggio semplice, perché tanti anni fa il pesce spatola (questo il suo vero nome) non veniva considerato di valore.
E a proposito di pesci poveri, molto originale è la parmigiana di alici, una perfetta sintesi tra due piatti iconoci della tradizione campana, le alici “’ndurate e fritte” e la parmigiana di melanzane. Un mix di grande equilibrio con gli strati che alternano alici spinate e passate in uovo e farina, pomodoro e voluttuoso fior di latte, meglio se dei Monti Lattari.
Insomma ce n’è per tutti i gusti: ad ognuno la sua parmigiana.
Ingredienti per 6 persone
4 melanzane grosse tipo lungo
5 uova
350g di fiordilatte
1 litro di passato di pomodoro
100g di parmigiano grattugiato
Basilico
Farina
Olio di semi di girasole per friggere
1 spicchio d’aglio
Sale
Pepe
Sbucciare e tagliare a fette in senso verticale le melanzane. Disporle in uno scolapasta alternando gli strati con del sale fino. Lasciare che rilascino l’acqua di vegetazione . Sciacquare abbondantemente ed asciugarle
Sbattere 4 uova con due cucchiaini di parmigiano grattugiato. Infarinare melanzane, passarle nell’uovo e friggerle in olio ben caldo. Sgocciolarle molto bene.
Soffriggere lo spicchio d’aglio in camicia in un paio di cucchiai di olio evo, toglierlo appena si è imbiondito, versare nella pentola la passata di pomodoro e far cuocere per circa 20 minuti.
Alternare in una teglia da forno le fette di melanzane, il fiordilatte tagliato a cubetti, le foglie di basilico ed il parmigiano irrorando ogni strato con il sugo di pomodoro.
Sbattere l’ altro uovo in un piatto e, con questo, terminare la preparazione. L’uovo versato in superficie ha la funzione di amalgamare tutta la preparazione. Infornare a 200 gradi per 30 minuti, spegnere il forno e lasciare la teglia al caldo per far asciugare gli eventuali liquidi. Servire tiepida.
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