di Giovanna Pizzi
Una piccola e rappresentativa fetta della vitivinicoltura calabrese ha portato a Beviamoci Sud la brezza del mare di Calabria e la frescura delle sue colline ma soprattutto l’aria vivace che si respira nel mondo del vino in questa regione, così come, in realtà, in tutto il comparto dell’agroalimentare.
Nella bellissima location di Villa Pamphili a Roma tanti incontri mirati, wine Lover, sommelier, buyer e giornalisti: avventori di nicchia ai quali ogni azienda ha fatto degustare qualità e amore per il territorio e ha presentato il proprio patrimonio enologico.
Dieci, quindi, le cantine calabresi, tra i banchi d’assaggio delle quali si percepiva entusiasmo, unione e collaborazione, elementi non sempre scontati.
Eccole!
Brigante
L’esperienza vitivinicola di una famiglia, dal 1800. Nel cuore della Calabria antica, quella immersa fra le alture della storica Cirò, il Mar Ionio con la sua salinità e le fresche correnti del fondovalle danno vita a una gamma di vini che parlano di territorio, tradizione e anima.
Da tre generazioni gli autoctoni Gaglioppo e Greco Bianco hanno l’ultima parola in “cantina” Brigante. Oltre alla riserva “0727”, Cirò rosso classico superiore, ho apprezzato il loro “Zero rosato”, zero solfiti zero lieviti zero filtrazioni, in bottiglia da litro con un packaging che non passa inosservato. Vino Rosato dell’Anno per il Gambero Rosso.
Cantina Masicei
Kalibrio, Kannata, Rifriscu, Raya, Ruggia, Malarazza. Già solo i nomi dei vini parlano di tradizione, identità, ruralità. Siamo nelle campagne di Brattirò, a pochi km da Tropea, dove la potenza del territorio non può essere messa da parte ma solo inglobata in una produzione che parla esattamente la lingua del suo terroir. In realtà la zona si chiama Masicei e lui, il vignaiolo, è Cosmo Rombolà che con attenzione quasi maniacale fa il vino “come si faceva una volta”. Rispetto della natura sin dalla lavorazione, raccolta manuale delle uve e vinificazioni in totale adesione al regime biologico. Un sorso di natura.
Cantina Benvenuto
Giovanni Benvenuto lasciò da ragazzino l’Abruzzo per le terre di Calabria. A Francavilla Angitola realizza il suo sogno: mettere in produzione i terreni del nonno per dar vita a un’azienda che rappresenta le sue origini. E lo fa facendo letteralmente rinascere non solo un vitigno che era caduto nel dimenticatoio di una regione, lo zibibbo, ma un intero territorio enologico, il vibonese. Che oggi è in pieno fermento.
Uve autoctone e coltivazione biologica, le scelte dell’azienda sono chiare e ambiziose e, con la determinazione che solo chi sogna può avere, i riconoscimenti sono arrivati da ogni dove. Il suo Zibibbo? Unforgettable. L’Orange? Vi prego assaggiatelo. E la grappa? Una genialata.
Cantine Lavorata
Quello stesso mare in cui furono ritrovati i due famosi Bronzi di Riace impreziosisce, insieme alle colline della zona, i vini della famiglia Lavorata. Tradizione e passione, insieme al forte senso di famiglia che lega l’intera azienda, sono i tratti distintivi della cantina. I loro vini sono la rappresentazione della Calabria, con le sue uve e il suo territorio montuoso e marittimo insieme. Numerose tipologie, anche con qualche influsso internazionale, ed una particolare menzione per il “Bivongi”, territorio tra i più vocati della regione che sta rinascendo grazie al lavoro di nuovi giovani produttori.
Casa Comerci
Sotto il Monte Poro, nel cuore della Calabria, vigne di oltre 30 anni donano i suoi frutti all’azienda Casa Comerci, che da secoli è nel mondo del vino.
Una storia di famiglia che si fonde con la scelta dell’avvocato Domenico Silipo, nel 2009, di recuperare un vitigno unico nel suo genere, il Magliocco Canino, e di vinificarlo rispettando la natura che ci circonda e tanto ci dona. Oggi la cantina è anche innovazione e modernità, che si nota già dalle sue bellissime etichette, e si avvale della professionalità e della passione di Rosa Comerci, responsabile commerciale. Ma il cuore resta quello di un tempo e l’anima si riflette nei suoi vini, Rèfulu, Granàtu, Libìci e ancor di più gli ancestrali “Non sense” e “Fantasia”. È ancora? ‘A Batia, un sorso intenso di magliocco canino, e l’orange Jancu.
Librandi
Tutto quello che si può scrivere in qualche centinaio di battute non basta. Un nome, una storia, una sicurezza. Conosciuta in tutto il mondo, la Librandi, con la sua tradizione e la sua famiglia, non ha mai perso identità e voglia di far conoscere a tutti la Calabria più autentica, quella che rispondeva al nome di Enotria.
Le sei tenute di famiglia, l’importanza nella ricerca e nell’innovazione, sempre a braccetto con la tradizione, l’accoglienza e la scelta di essere sempre impegnati nel sociale e per l’ambiente, l’enoturismo e il museo del vino, fanno della famiglia Librandi e dei suoi vini la vera e propria espressione della terra e della cultura della regione. Un assaggio su tutti, il Duca San Felice 2019, il Cirò nella sua massima espressione. Ma no, non basta! E allora il Megonio 2019, avvolgente magliocco in purezza.
Ippolito 1845
Oltre 170 anni di storia, e 100 ettari di estensione, per la più antica realtà vinicola calabrese. Cirò Marina le regala le sue dolci colline soleggiate e il Mar Ionio gli spruzzi ai piedi. Un habitat perfetto per coltivare e valorizzare le uve di “casa”: dalle più note, come il Gaglioppo o il Greco Bianco, a quelle più identificative quali il Pecorello e il “Calabrise”.
L’impegno e la dedizione di questa famiglia, rappresentata nel miglior modo possibile dai cugini Vincenzo, Paolo e Gianluca, ha condotto l’azienda in 4 continenti. 14 etichette per apprezzare la loro identità e la capacità di comunicare la loro filosofia per un calice della migliore Calabria. Il mio preferito? Sarà forse per la bottiglia asimmetrica, ma ovviamente non solo, Ripe del Falco, Cirò rosso classico superiore riserva, un vino importante, elegante, d’altri tempi.
Marchisa Vini
“Molte aziende hanno un passato, la nostra ha una storia”. Parole forti ma inequivocabili quelle di un’azienda giovane che ha saputo vincere trasformandosi e allo stesso tempo ricordando. Da vigneti imponenti, anche “eroici”, nascono vini che, con il sapiente uso dell’acciaio, mostrano e dimostrano al mondo quanta potenza possiede l’uva autoctona di Calabria. Alla sua guida un giovanissimo Renato Marvasi che ha le idee chiare e la giusta tenacia. Natus, Settecento, Ruggia e Krater, quattro vini per un’azienda pronta ad emergere come si deve. Le novità sono arrivate come una ventata d’aria fresca, ma le basi su cui posano sono solidissime.
Origine & Identità
A 130 mt. sul livello del mare, sulle colline di Capo Vaticano, a Ricadi, c’è una cantina che ha visto la luce da pochissimi anni, ma che già sa far parlare di sé con sicurezza e intraprendenza. Dedito a non tradire la propria terra, Mario Romano, il titolare, ha deciso d’improntare tutto sui frutti di quel terroir che tanto ama: Magliocco Canino e Zibibbo dettano legge, bianco, rosato e rosso, il non filtrato, l’orange e ancora il metodo classico, anche rosè. Otto etichette, dai nomi ben scelti, come il “Fatto coi piedi” o il “Centodì”, che rappresentano la filosofia della cantina e dei suoi vini, nati per celebrare il culto “di chi ha voglia di degustare appieno la gioia della vita”… e che vi invito calorosamente ad assaggiare.
Tenuta del Travale
In una cornice di ulivi secolari, sulle colline di Rovito, a pochi km da Cosenza, ha trovato il suo posto nel 1993 la Tenuta del Travale. Con la ripresa, nel 2007, del vigneto antico andato perduto e l’avvio di una viticoltura più consapevole, tutto l’amore per la propria terra di Raffaella Ciardullo si è riversato nei due vini che produce insieme al marito Nicola Piluso e alle due figlie. Qualità estrema, raccolta manuale, vinificazione artigianale, rispetto per ogni grappolo per due grandi vini, l’Eleuteria, nerello mascalese in purezza, e l’Esmen Tetra, anche qui mascalese ma insieme al cappuccio, che mostrano tutto il carattere meridionale di questi uvaggi tradizionali. Vini che colpiscono al primo assaggio, anzi già al naso, ammalianti, aristocratici, densi di cultura.
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