Uva: negroamaro
Fascia di prezzo: da 20 a 25 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Le Braci 2003: “chissà cosa avrebbe scritto Veronelli di questo grande vino”. Il pensiero di Daniele Cernilli è decisamente esaustivo sull’emozione che abbiamo provato al primo sorso. La verità è che dopo Severino Garofano il Negroamaro non è più riuscito ad avere un interprete di questo livello. Non è accaduto al rosso salentino di seguire la sorte del Primitivo dove improvvisamente sono uscite fuori una decina di aziende che ne hanno fatto la fortuna imponendolo e modernizzandolo.
Ma la grandezza di questo vitigno emerge proprio da questa bottiglia, ormai stappata quasi dieci anni dopo l’ultima a leggere la scheda di sopra anche se ci era passata sotto il naso nel 2014 durante una verticale a Radici. La beviamo al termine di una cena entusiasmante alle Giare di Bari dove si prova la solida cucina d’autore di Antonio Bufi.
Puglia più Puglia, insomma. Quando il patròn ci propone questa bottiglia l’attesa è forte. Bastano pochi minuti e il vino si assesta nel bicchiere esprimendo ancora frutta rossa viva e goudron, uno di quegli indicatori molto in voga dieci anni fa caduto un po’ in disuso eppur presente in grandi vini come questo. Non vi aspettate un vino in ossidazione, crinale su cui spesso Severino ha amato giocare. Qui il sorso è vivo, lo si vede dal colore, ricco di energia, palpitante, al palato è fresco, sempre in tensione con chiusura pulita, precisa. La bottiglia finisce e a me resta il ricordo di una di quelle serate che solo il vino riesce a regalarti. Alè
Scheda del 25 giugno 2008. Una delle suspense della degustazione coperta è la verifica di quanto l’idea che ti sei costruito in testa di un’azienda e di un vino corrisponda al tuo gusto senza pregiudizi. E’ vero che l’esercizio continuo consente la riconoscibilità dopo un certo numero di anni, ma non è certo il mio caso con il Negroamaro di cui sinora sono quasi asciutto. Il secondo stadio è poi il confronto con quanto pensano gli altri, per capire se è una fissazione personale oppure se c’è una verifica grosso modo oggettiva. Quando questi due livelli coincidono e si inseriscono in una cornice di stima umana e professionale allora il cerchio si chiude felicemente. E’ il caso delle Braci 2003 di Severino Garofano a cui nel segreto dell’urna avevo dato 83/100 senza sapere cosa bevevo ma di cui mi aveva colpito il naso in buon equilibrio fra frutto e legno, la freschezza rampante in bocca nonostante il millesimo caldo, caldissimo nel Salento, e infine il riconoscimento di un lavoro siglato dall’aggettivo “tipico”, che in genere vuol dire tutto e niente ma che nel caso del Negroamaro si riallaccia alla memoria del Patriglione come sua massima espressione e comunque ad un frutto evoluto senza verde. Un vino che è piaciuto agli altri degustatori di Radici, la manifestazione organizzata da Nicola Campanile, Pasquale Porcelli ed Eno Scivetti a Montegrosso di Andria tanto da spingere questo vino tra i primi cinque su 25 complessivamente esaminati. Sin qui la cronaca secca, che vi consiglia di usare questo vino sui tempi lunghi perché parla di buona evoluzione possibile in cui i terziari avranno ulteriori possibilità di manifestarsi maturando il vino nel modo giusto. Credo che pochi enologi si possano identificare con un vitigno, nel caso di Severino non ci sono dubbi: è lui che ha fatto conoscere il Negroamaro all’Italia e al mondo e, in tal modo, è stato il primo a far salire la Puglia dalle vasche di vetroresina alle barrique, dai boccioni alle bordolesi, dai bicchieri macchiati dagli antociani a quelli da degustazione. Un maestro insomma, che adesso ha da qualche tempo la possibilità di esprimersi in proprio e trasmettere il suo sapere ai figli.
Sede a Copertino. Tel e fax 0832.947512. www.masseriamonaci.com. vini@masseriamonaci.com Enologo: Severino Garofano. Bottiglie prodotte: 500.000. Ettari: 16 di poprietà più 20 in fitto. Vitigni: nero di Troia, negroamaro, aglianico, montepulciano, primitivo, chardonnay, sauvignon, paglierino, malvasia bianca.