Servono nuovi narratori per il nuovo mondo del vino. Laura Donadoni (theitalianwinegirl su Instagram) ha maturato questa ambizione e ha iniziato a girare l’Italia regione per regione, fino a comporre un mosaico di storie non scontate, belle da leggere, sostenute da una lettura fresca e professionale, propria di chi ha fatto la giornalista di cronaca. Nasce così “Custodi del Vino. Storie di un’Italia che resiste e rinasce” edito da Slow Food Editore (314 pagine, 16,5 euro).
Laura si è appassionata al vino quando lavorava da cronista nella sua Bergamo, poi nove anni fa le circostanze della vita l’hanno spinta lontana, in California precisamente, dove ha ripreso i corsi che aveva lasciato e ha iniziato ad occuparsi di vino italiano negli Usa. Attualmente è l’unica italiana a far parte dell’International Circle of Wine Writer di Londra.
Una prospettiva molto interessante perché gli Stati Uniti sono al tempo stesso il più grande importatore di vino da tutto il mondo e un importante produttore e lo spirito pragmatico che domina le regole del mercato americano aiuta molto ad avere una visione di questo mondo, speso troppo ripiegato su se stesso e le proprie liturgie sempre più differenti e sempre più numerose dopo la nascita di internet che ha ridimensionato l’ipse dixit delle guide cartacee tradizionali.
Ma per quando possa essere diverso lo sguardo, è possibile pensare di seguire le orme di Mario Soldati nel suo celebre Vino al Vino? Beh, da un lato oggi i narratori hanno molti strumenti in più per raccontare, a cominciare dai video e dai social che li fa diventare, se sono bravi, dei veri e propri influencer. Dall’altro bisogna dire che la produzione di vino, per quanto sostenuta dalle nuove tecnologie, in particolare quella del freddo, e per quanto sia la punta dell’iceberg dell’agroalimentare italiano per design, comunicazione, marketing, spirito imprenditoriale, resta un lavoro legato alla variabile del tempo e di per se dunque affascinante. Chi oggi investe nel vino vedrà i frutti fra dieci anni, si tratta ancora di un lavoro faticoso, che una grandinata di poche ore può rimettere improvvisamente in discussione. Ecco perché sentire i grandi e i piccoli protagonisti di questa agricoltura è sempre interessante, non fosse altro che lavorano per le generazioni future e non per i figli.
Laura Donadoni, con una scrittura efficace e fresca e una mente aperta dai viaggi, racconta dunque le venti regioni del vino italiano interpellando anche personaggi estranei a questo mondo come Bruno Pizzul, Linus o Gino Sorbillo.
Forse nulla come il vino rispecchia la diversità italiana, vuoi per le centinaia di vitigni autoctoni, le diverse tradizioni, le diverse gastronomie, la capacità di proiettarsi con coraggio sui mercati esteri anche se si è piccoli perché altrimenti l’alternativa è chiudere visto il calo dei consumi.
Dunque è una lettura che rigenera, trasmette ottimismo: del resto basta entrare nel Vinitaly per sentire una Italia diversa, ricca, laboriosa, attiva, lungimirante, lontano dalle lamentele e dalla sensazione di abbattimento che abbiamo vissuto dalla crisi finanziaria del 2008-2009 sino al Covid e di cui pare che solo adesso stiamo riuscendo a liberarci.
In Campania Laura è stata attratta dai Campi Flegrei dove si pratica una viticultura resiliente, assediata dalla pressione demografica e dalle vicissitudini legate al bradisismo degli anni passati, un frullato spettacolare di terra, fuoco e acqua dove lavorare sui tempi lunghi della vita sembra un ossimoro con la realtà precaria che la Solfatara ribadisce ogni giorno. Ed è qui che con Gino Sorbillo, moderati da Fosca Tortorelli, presenteremo il libro di Laura il 16 novembre alle 18 all’Hotel Serapide con un dibattito organizzato dalle Donne del Vino su «La rivincita del Piedirosso dei Campi Flegrei, da sempre considerato lo “scugnizzo napoletano”». Imperdibile.
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