Dagli Usa arriva la moda del latte vegetale. Ecco quello che dovete sapere prima di berlo

Pubblicato in: Documento

Latte vegetale

di Francesco Tiezzi *

Se di ‘carni vegetali’ se ne trovano molte, di ‘latti vegetali’ se ne trovano ancora di più. Sembra che possano essere fatti con gran parte delle specie vegetali coltivate: avena, pisello, canapa, mandorla, riso, soia, cocco, quinoa e anche noci. Nei siti che li promuovono non si fa che parlare delle proprietà benefiche di tali ‘latti’, sia in termini nutrizionali che ambientali. Addirittura, vengono venduti dei kit per prodursi il latte di soia o avena a casa. Cosa che, probabilmente, sarebbe più facile da farsi seguendo la ricetta di un buon libro di cucina che con il kit.

Il ‘latte vegetale’ più venduto è quello di mandorla, seguito da quello di avena., che però sta guadagnando spazio quadruplicando le vendite ogni anno. Bisogna considerare che 1 ogni 8 litri di latte venduto in USA è di origine vegetale.

Addirittura, la pubblicità dell’azienda Oatly, che produce latte di avena, è stata inclusa nel Superbowl, partita di football americano seguita da gran parte del Paese. Si legge che tale spazio pubblicitario potrebbe essere costato intorno ai 5 milioni di dollari, e qui si capisce come questi prodotti stiano acquisendo fette di mercato rilevanti.

Contrariamente alla ‘carne vegetale’, le ricette usate per produrre i ‘latti vegetali’ non sono del tutto innovative ma arrivano da lontano, quasi sempre fuori dall’occidente. Latte di soia, riso e cocco erano già prodotti in Oriente prima che il consumo di latte animale diventasse una consuetudine.

Ancora più che i ‘latti vegetali’, si trovano i ‘formaggi vegetali’. E non mi riferisco ai formaggi con caglio vegetale, ma a prodotti che di latte non hanno niente. Quello che colpisce di più secondo me è il ‘just like parmesan’ dell’azienda Violife oppure la ‘ricotta di mardorle’ dell’azienda Kite Hill (troverete dei riferimenti in fondo all’articolo).

Interessante, è che si parli di ‘ricotta dairy free’. Come se una motocicletta senza motore non si potesse chiamare bicicletta, ma per forza motocicletta. Proprio la ricotta che era nata per utilizzare gli scarti della caseificazione (del latte animale) ora si trova ad essere senza latte.

Ma da dove arrivano tali prodotti, e come mai vengono sempre più consumati?

Esiste davvero una differenza di sapore tra questi prodotti e un prodotto animale ma di scarsa qualità?

In articoli pubblicati su questo stesso blog un po’ di tempo fa, facevo notare un certo interesse intorno al latte grass-fed o biologico. Interesse sempre legato alla salubrità del prodotto o al rispetto del benessere animale. Bisogna ricordare che negli Stati Uniti il latte viene consumato come bevanda anche durante i pasti, e tale latte è quasi scremato o parzialmente scremato. Il latte che viene bevuto ha quindi davvero poco sapore e di certo i consumatori non sono abituati al latte cremoso e carico di sapore.

Credo che gli stessi motivi indirizzino i consumatori verso i ‘latti vegetali’, con l’aggiunta di qualche altro fattore.

La mancanza di sapore del latte animale di certo aiuta passare ad un latte vegetale. Se da una parte certi consumatori vanno a ricercare sapore e salubrità nel latte grass-fed, altri lo cercano nei ‘latti vegetali’. Però si trovano sempre più articoli che rivendicano il basso contenuto di colesterolo e minore impatto ambientale dei ‘latti vegetali’, anche rispetto al latte grass-fed o biologico. Ora, sull’impatto ambientale di certi ‘latti vegetali’ ci sarebbe da fare una precisazione. La coltivazione dell’avena, come molti sapranno, non richiede particolari cure e si potrebbe dire che si tratti di una coltura abbastanza rustica ed adattabile.

La stessa cosa non si può dire delle mandorle. Quelle usate per la produzione di tale ‘latte’ sono quasi sempre coltivate nelle valli centrali della California (la quale ricopre il 60% della produzione mondiale di mandorle). Il clima mite e asciutto aiuta a contenere le fitopatologie ma comporta un ingente consumo di acqua. Si calcola che si debba pompare quasi 4 litri di acqua per produrre una singola mandorla e che ci vogliano 4-5 mandorle per produrre 200ml di bevanda. Per di più, l’acqua deve essere pompata da centinaia di metri di profondità a causa della scarsa piovosità. Nonostante ciò, si sente ancora affermare come la produzione di latte di mandorla sia più efficiente, in termini di consumo di acqua, della produzione di latte vaccino. Probabilmente non si specifica mai a quale sistema di allevamento delle vacche da latte si faccia riferimento, facendo di ogni erba un fascio.

 

Una cosa è certa, di surrogati di carne, latte e uova se ne troverà sempre di più negli scaffali dei supermercati. Nei prossimi articoli proveremo ad analizzare il fenomeno dal punto di vista ambientale, gastronomico e, soprattutto, agricolo.

 

*North Carolina University

 

Per saperne di più

https://www.vegan.com/vegan-milk/

https://plantbasednews.org/culture/media/oatly-super-bowl-commercial-goes-viral/?utm_content=bufferb121f&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer&fbclid=IwAR2-mQq1lt_CdUroTln7lJC2KpIO1A_qbNAivFK59i7ppSj6Ye6iPOO7TYc

https://www.fooddive.com/news/oat-milk-surges-to-second-most-popular-in-plant-based-dairy/586010/


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version