L’Italia è depressa, ma L’Aquila è disperata: a tre anni dal terremoto il suo fantastico centro storico è ingabbiato dai tubi Innocenti con il pomello in ottone da 15 euro, milioni e milioni di euro in coperture e gabbie per dire ai turisti delle tragedie: potete venire in sicurezza e godervi la Pompei del Duemila.
Il terremoto è terribile, la natura fa saltare la realtà edulcorata dei reality show e delle serie televisive che hanno dopato intere generazioni negli ultimi vent’anni. Ad un certo punto si presenta il conto, e nelle comunità che non sono state sagge è sempre salato e amaro.
Queste foto sono state scattate di sabato mattina, non alle 6, ma tra le 12 e le 13, quando le strade, i vicoli e le piazze erano ingolfate dal traffico e dalla struscio meridionale. Invece non c’erano più di due o trecento persone in tutto: la popolazione si è trasferita più a valle nelle nuove case o si è arresa ed è andata ad abitare sulla costa adriatica.
La violenza è enorme: alla popolazione il sisma nega la possibilità di coltivare la memoria, se non il ricordo di ciò che non è più e la sfiducia di poter rivedere tutto ricostruito prima di morire è il sentimento predominante anche in chi è giovane, figuriamoci tra i più anziani.
Roberto De Viti è il mio traghettatore. Mi rendo conto in un lampo del passo indietro etico e morale che il nostro Paese ha fatto in trent’anni: nel 1980 il terribile sisma dell’Irpinia uccise oltre 3.300 persone è devastò un’area enorme coinvolgendo almeno quattro milioni di persone. C’era rabbia, denuncia, ma anche migliaia di volontari al lavoro: era il paese delle lacrime di Pertini e non delle esibizioni da avanspettacolo di un premier di periferia.
Ma nonostante questo disastro, questa incapacità di fare della ricostruzione di una delle più belle città europee un impegno di tutti gli italiani, c’è chi non si arrende e una decina di attività hanno riaperto.
A Via Leosini c’è Percordi Divini di Marzia Buzzanca.
E proprio di fianco la macelleria gestita da un’anziana coppia che ha già visto la guerra: “Noi non ce ne andiamo, restiamo qui”.
Le sorelle Nurzia hanno riaperto.
Qui c’era una dei più bei mercati italiani, si potevano acquistare i grandi formaggi, gli ortaggi, la frutta, polli e altro ancora.
Anche l’antico bar dei Fratelli Nurzia ha riaperto.
A tre anni dal terremoto, questa è la situazione.
Un augurio a tutti per questa domenica così ricca di significati e di speranze.
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