L’Ambasciata di Quistello (Mn)
Via Martiri di Belfiore, 25
Tel. 338 8655332
di Marco Bellentani
Quistello, landa padana, tra Secchia, Mincio e Po, sbuca l’Ambasciata. Pomposi argomenti per i leggendari fratelli Tamani: Romano lo chef, Francesco difensore della rustica cantina di vini.
Stella Michelin e tempio di protezione della cucina mantovana, l’Ambasciata lustra gli occhi con il suo gioco di specchi infiniti, il velarium sul soffitto, le pile di libri, di tomi della cucina internazionale, drappeggi rossi e il soffice tepore dei tappeti. Colorato e caloroso, con echi della Belle Epoque e uno spirito ricco, mai borghese.
Sarebbe una licenza poetica troppo banale parlare di atti di fede e sensazioni autoreferenziali, pittoriche. L’Ambasciata colpisce per la sua idea, scolpita nei solchi delle rughe di Tamani, di cucina. Opulenza, abbondanza, sfarzo. Non esiste assaggio, gioco meramente cerebrale. Si lavora con lentezza, voglia, fame animalesca. Lo si capisce già dall’aperitivo, accompagnato da un vassoio di ciccioli e dai salami locali tagliati da Romano stesso: vere bistecche di lussurioso abbandono. Tamani, irriverente, ci racconta del passato, dello star system attuale in fatto di chef, ridicolizzandolo, e bacchetta uno sventurato cliente che osa “prendere come entrée per la prima volta in cinquantanni, una insalatina”. Si rifarà più tardi.
A noi arrivano i Tortelli di zucca, pasta finemente realizzata e ripieno in abbondanza, tra giochi di zucca e rimandi ultra-zuccherini, il piatto sancisce i confini dell’esperienza: qui si mangia così.
Tra citazioni di Lucio Dalla, Vittorio Sgarbi e ricordi dal pranzo che lo chef confezionò per Giovanni Paolo II, si procede senza risparmio in quel capolavoro a nome Riso Vialone nano alla mantovana con quaglie e parmigiano reggiano di Quistello. Piovono grani di formaggio senza vergogna, la quaglia si presenta intera e nella mantecatura al burro.
Una sorta di piatto unico, così sfacciato da imprimersi nella memoria. L’opulenza e la magnificenza ci hanno già conquistato, abbandonandoci a un lambrusco locale, ai vini lombardi di una carta abbastanza ristretta, in un servizio gentile, di maniera. Buona la guancia, squisito il cotechino con le lenticchie, da racconto l’Anatra muta croccante al forno con patate e salsa allo Sherry.
Piatto inamovibile nel ristorante, viene presentato al tavolo con tutto l’orpello della sua spartizione e condimento. Un rito che prepara alla battaglia finale. Quello della porzione per una persona: mezza anatra. Rimandi dolciastri, pelle finemente croccante, animale puro, gustoso, selvaggio. Si potrebbe continuare all’infinito, con gli Agnolini, le uova di faraona, i Bigoli al torchio. Quello che rimane è un lungo sorriso, che riconcilia col mondo e con la storia della cucina del Belpaese, sempre dopo aver perso gli ultimi freni inibitori sullo Zabaione caldo fatto al momento, nel paiolo di rame, e i vari dolcetti di accompagnamento: sbrisolona, meringa, brutti/buoni e così via, verso l’infinito.
La voce rauca di Romano Tamani vi accoglie, pungola, sfama e diverte in un modello da seguire, dove l’abbondanza fa rima con sapienza. Viaggio obbligatorio, senza aver fretta di rientrare nella vita di tutti i giorni.
Prezzi: degustazione a 150, a La Carta sui 115 euro
L’Ambasciata di Quistello (Mn)
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