di Iranna De Meo
Un grande vino del Vulture, pluripremiato come il “Titolo” di Elena Fucci e i piatti dai gusti inconfondibili dello chef Francesco Rizzuti. Ultima serata all’Antica Osteria Marconi per la rassegna enogastronomica “Vino e Cucina. Alla scoperta dei sapori della nostra terra” ideata da Giuseppe Misuriello, proprietario dell’Antica Osteria Marconi e Feliciano Roselli dell’enoteca “Cantina di Bacco”. A tavola in compagnia di Elena Fucci, la giovane produttrice dell’omonima azienda vinicola immersa nelle campagne di Barile che in pochi anni ha fatto apprezzare il suo vino e le sue spiccate qualità. E’ l’azienda più premiata della Basilicata. L’unica in Regione ad aver avuto l’eccellenza dalla guida dell’Espresso, le superstelle da Veronelli e 3 bicchieri dal Gambero rosso nel 2005, con riconferma nel 2006.
Un’azienda giovane, nata nel 2000 e che ha vigneti di 55-60 anni. Elena, nel carattere, rispecchia il significato del suo nome: raggio di sole. <<Sono nipote di contadini, non ho una storia di baroni e marchesi – ha detto con semplicità – Il mio bisnonno aveva i vigneti, ma non vinificava. Faceva il cosiddetto vino del contadino>>. Uomo immagine dell’azienda, come preferisce definirlo la figlia, è il papà Salvatore. Nonno Generoso, invece, 84 anni suonati, è ancora operativo in vigneto e fa da supervisore. Una storia di una famiglia che ha rinsaldato le proprie radici. Elena ha studiato a Pisa viticoltura e enologia.
Non è solo produttrice, ma anche enologo. Dopo una prima fase di avvio con l’esperienza di Sergio Patrenoster, la prima annata che ha curato interamente lei è stata la 2004, quella che preferisce e che definisce “femmina”. Titolo prende il nome dalla località dove sono situati i vigneti. <<Noi vinifichiamo solo le nostre uve – ha spiegato Elena agli ospiti – perché puntiamo sulla qualità. E’ questa la nostra filosofia aziendale. Una sola etichetta, dal punto di vista commerciale potrebbe essere limitante, ma noi ci concentriamo solo su questo prodotto>>. Una passione quella del vino che l’ha portata in alto. <<Il vino rispecchia il carattere di chi lo fa – ha detto. Credo rappresenti il territorio, ma anche la freschezza e la giovinezza. L’innovazione si sente>>.
Durante la cena, appositamente studiata dalla creatività di Rizzuti, si è potuta degustare una verticale delle annate dal 2006 per finire al 2003. <<L’Aglianico per definizione è maschio – ha detto Elena – ma la 2004 è femminile perché è un vino che ha classe ed eleganza. è tra le mie preferite. Nel 2007 abbiamo prodotto 18 mila bottiglie. Credo di essere stata fortunata, di essermi trovata al posto giusto nel momento giusto. Non ho avuto grandi difficoltà. A volte le cose capitano per caso>>.
Per iniziare un crudo di baccalà e gamberi rossi al profumo di erba cipollina serviti con un bianco come entrée, mentre i due antipasti (una tartara di filetto di manzo, capperi e acciughe salate e poi un raviolo di tonno rosso e ricotta al limone e parmigiano) sono stati accompagnati da un buon bicchiere di Titolo, annata 2006. <<Il 2006 è un vino prepotente, esuberante, dal tannino spigoloso, un po’ acerbo, in bocca stringente – ha spiegato Elena – La differenza con le altre annate sta nell’evoluzione del frutto e del tannino che si evolve, si polimerizza, si ammorbidisce e crea stabilità nel colore e nel gusto. I nostri vigneti sono i più vecchi e più alti e queste caratteristiche conferiscono acidità spiccata che dà longevità al vino>>. L’annata 2005 è stata degustata su dei paccheri di Gragnano con carciofi in due cotture e bocconcini di agnello. <<La 2005 è stata una grande annata, fresca che ha dato un vino meno strutturato, ma elegante – ha detto Elena>>. Su del riso carnaroli mantecato all’ Aglianico, con polpettine di maiale all’ arancio e caciocavallo podolico e sul secondo di carne, uno stracotto di manzo in crosta di pane e lardo di Paolo Parisi, con salsa di Aglianico, patate e lampascioni è stato abbinato l’annata 2004. E per finire in dolcezza un tortino di cioccolato liquido.
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