di Raffaele Mosca
Dopo aver raccontato il Cerasuolo in lungo e in largo, parliamo finalmente dei bianchi della regione dei parchi e dei trabocchi, che di certo regalano belle sorprese, ma continuano ad avere qualche difficoltà in più rispetto al fratello rosa.
Pecorino, Trebbiano d’Abruzzo, Cococciola , Passerina, Montonico, e via discorrendo, pagano lo scotto di produzioni non proprio esaltanti sulla fascia bassa e della diversità incredibile di suoli, climi, esposizioni, tradizioni di questo territorio, che dovrebbe costituire un grande punto di forza, ma non riesce ad essere comunicata adeguatamente da DOC che sembrano fare di tutta l’erba un fascio e da sottozone – come Colli Aprutini, Colline del Sangro ecc. – troppo difficili da comprendere per il grande pubblico. “ Stiamo lavorando nel consorzio per cambiare un po’ le cose – ha spiegato Davide Acerra, responsabile del consorzio vini d’Abruzzo – abbiamo trovato dei modi per comunicare meglio queste differenze.” Cosa bolla in pentola per l’esattezza non è ancora dato saperlo, ma la speranza è che si tratti di qualcosa di simile a ciò che si sta facendo a Montepulciano – quella del Nobile – e nel Chianti Classico. Ovviamente il territorio abruzzese è molto più ampio delle sopraccitate denominazioni, ma si potrebbe ricalcare quello schema e creare delle unità geografiche aggiuntive più larghe, che individuino delle macroaree con caratteristiche abbastanza omogenee – magari senza esagerare con i nomi altisonanti – e poi delle sottozone più piccole corrispondenti ai territori più importanti. Penso a comuni come Ofena nell’Aquilano, Controguerra e Torano Nuovo nel Teramano, Loreto Aprutino, paese che abbiamo visitato e di cui tutti parlano – produttori compresi – come di un cluster prolifero, o, volendo fare un parallelo con la Champagne, di un village Grand Cru con prerogative molto precise. L’eccellenza rappresentata da queste zone deve essere assolutamente messa in bella mostra: penso che il giorno in cui vedrò un’etichetta con scritto Trebbiano d’Abruzzo o Pecorino sottozona Loreto Aprutino potrò finalmente dire di essere un uomo felice.
Generalmente parlando, il dato più interessante è la proliferazione di vini da vitigni minori. Sdoganate Passerina e Cococciola, che si sono rivelate varietà ben più significative da un punto di vista qualitativo di quanto si sarebbe immaginato un decennio fa, i produttori stanno cominciando a riscoprire autoctoni ancor più rari come il Montonico – diffuso esclusivamente nel teramano e soprannominato dai Napoleonici “petit Champagne” per l’acidità estrema e il volume alcolico generalmente basso – o il Moscatello di Casauria, unico bianco aromatico in uno scenario dominato da cultivar neutri. Purtroppo i vini in questione vengono ancora prodotti in quantità così limitate da far fatica a travalicare i confini regionali, ma, semmai vi capitasse di trovarli in giro, non fateveli scappare, perché sono davvero interessanti.
Pecorino e Trebbiano d’ Abruzzo continuano a dominare il panorama e, mentre il primo è protagonista di un’ inarrestabile avanzata, il secondo perde progressivamente terreno. Non si tratta, a dirla tutta, di un fenomeno negativo, perché il Pecorino sta prendendo il posto del Trebbiano Toscano, vitigno di scarso valore che, purtroppo, ha avuto un vero e proprio exploit negli anni 60, 70 e 80’, e che tutt’oggi è utilizzato nei Trebbiano d’Abruzzo di fascia economica al posto del più valido biotipo abruzzese. È evidente che l’ascesa della varietà appenninica di cui Marche e Abruzzo si contendono la paternità abbia alzato l’asticella della qualità del vino bianco regionale ed è inevitabile che qualcuno, per seguire la moda, abbia forzato la mano, piantandola anche in zone troppo calde, con escursioni termiche modeste, dove assume connotati sgraziati. Per fortuna, però, si tratta di eccezioni in un panorama pieno di vini piacevoli sul quale spiccano una manciata di etichette eccellenti, che fondono sferzate acide e sapide da Riesling (o da Sauvignon Blanc del vecchio Mondo) con tratti più esotici, più mediterranei. Quanto al Trebbiano d’Abruzzo, diciamo, invece, che se la cava mediamente peggio, ma i picchi qualitativi delle migliori referenze sono clamorosi.
I vini
Abbazia di Propezzano – Pecorino 2020
Il Pecorino nella sua accezione più classica: profumo piacevolmente aspro di iodio e timo limone, fieno, mandorla bianca, lime e pietra focaia. Sorso senza fronzoli: salmastro e tonico d’agrume, poi più morbido e tropicale nel finale di somma piacevolezza, che chiama una bella linguina ai frutti di mare. Ottimo.
Ausonia – Trebbiano d’Abruzzo Apollo 2019
Bizzarro, con un tocco di pepe bianco e pietra focaia in apertura, e poi susina matura, mandorla tostata, gesso, acciuga a sotto sale a definire un profilo molto singolare. Il sorso è scattante, snello, con un’idea di fondo di crosta di pane derivante dall’affinamento sui lieviti e un ritorno fumè che prende il sopravvento nel finale un po’ scomposto. Nei vini di quest’azienda c’è sempre una bella materia, ma la vinificazione estremamente “nature” li rende un pochino rustici.
Ausonia – Pecorino Machaon 2019
Più nitido e fruttato del Trebbiano: sa di mela cotogna, propoli, mostarda di pere. E’ ricco e salino allo stesso tempo, fine e reattivo con un finale discreto su toni di buccia di pera e acciuga sotto sale. Non male.
Barone Cornacchia – Trebbiano d’Abruzzo Casanova 2020
Profumo delicato di lemongrass e glicine, pesca noce, mela renetta. Gusto semplice e spensierato, sapido, appena vegetale e leggermente ammandorlato nella chiusura di buona pulizia. Da spaghetto alle vongole.
Barone di Valforte – Pecorino 2020
Delicato, sussurrato, svela aromi di rosa bianca, pera abate e qualcosa di più tropicale sul fondo. E’ agile, leggero, sottile al limite della diluizione, ma in fin dei conti abbastanza piacevole.
Cantina Frentana – Pecorino Costa del Mulino 2020
E’ da anni uno dei migliori bianchi di cantina sociale prodotti da Bologna in giù. Tira fuori lampi floreali su sfondo fumè, mela golden, pesca gialla, erbe aromatiche. In bocca è vispo, sferzante, sapido al limite del salato, appena rimpolpato da qualche rimando alla frutta esotica che riecheggia in un un finale dinamico, salivante. Molto buono.
Cataldi Madonna – Trebbiano d’ Abruzzo Malandrino 2019
Il piccolino di casa Cataldi è spigliato e sfizioso: tira fuori aromi allettanti di cappero e lavanda, lievito di birra, mela golden e melone. E’ dritto e incalzante, floreale e garbatamente sapido, appena piccante nella chiusura non lunghissima, ma precisa come un orologio svizzero. Crudi di mare tutta la vita!
Cingilia – Pecorino 2020
Dalla zona di Cugnoli, nel Pescarese, che potremmo definire il Grand Cru del Pecorino. Esordisce con una ventata di salvia e mentuccia, seguita da zenzero candito e mais, pesca tabacchiera, susina gialla. Ha la tempra, il piglio acido quasi nordico di un Riesling, ma anche il giusto corpo e un bel ritorno salino sul fondo. E’ una vera rivelazione e un passpartout per la cucina di mare.
Cerulli Spinozzi – Trebbiano d’Abruzzo Torre Migliori 2018
Passa in botti usate e, al suo esordio, tira fuori un mix veramente accattivante di zafferano e crema chantilly, nocciole, agrumi canditi, pepe bianco, un cenno d’idrocarburo. Offre il connubio di struttura, cremosità e spinta acido-sapida dei migliori Trebbiano, e un tratto boschivo che fa pensare ad un abbinamento strepitoso con fettuccine al tartufo bianco e crespelle ai funghi. Eccellente!
Chiusa Grande – Trebbiano d’Abruzzo Perla Bianca
Evoluto e disteso: sa di crema catalana e funghi porcini, miele di castagno e cioccolato bianco. L’affinamento ha ridimensionato il nerbo acido già affievolito dall’annata calda, rendendolo maturo e rotondo all’esordio. Rimane comunque un buon partito per un’anatra all’arancia o un tacchino alla canzanese.
Cirelli – Trebbiano d’Abruzzo Anfora 2018
Sempre uno dei vini più singolari di tutta la regione: parte in quinta con olive in salamoia e zenzero piccante, miele millefiori, zafferano e pere sciroppate. E’ robusto, ma grintoso, sapido e speziato, agile nel finale mielato e piccante. Fantastico.
Codice Vino – Pecorino Tegeo 2018
Stile un po’ internazionale, da Sauvignon ben fatto, che, però, convince per immediatezza. Aromi di ananas e basilico, papaya e fiori gialli dominano il naso esplosivo e ritornano a rimpolpare un sorso avvolgente, equilibrato e di ottima piacevolezza. Riuscita sorprendente del progetto ambizioso portato avanti da un gigante regionale con Riccardo Cotarella.
D’ Alesio – Trebbiano d’Abruzzo Tenuta del Professore 2015
Vino che ho scoperto qualche anno fa e che, a mio avviso, è quello che più si avvicina al mitico Trebbiano di Valentini. I profumi di nocciola e zuppa inglese, senape, resina, caramella d’orzo, sono insoliti, complessi, straordinariamente raffinati. E la bocca piena, ma sostenuta da una salinità che rasenta l’acciuga sotto sale, offre una stratificazione di sapori e una profondità inconsuete per questa varietà. E’ eccezionale da solo e ancor più buono con la carbonara (anche di mare).
Faraone – Trebbiano d’Abruzzo Le Vigne 2020
Miele e mandorle tostate, floreale soffuso, un’idea di confetto. Aromi delicati che ritornano nel sorso di questo Trebbiano da vecchie vigne che fa della raffinatezza il suo punto di forza. Non è profondissimo, ma piace il connubio di morbidezza e sprint salino che fa pensare ad un matrimonio d’amore con un’orata al forno.
Il Feuduccio – Pecorino 2020
Versione sfiziosa, schietta di un’azienda che punta molto sul Pecorino. Sa di kiwi e scorza di lime, iodio, salvia. Scorre energico come il terroir pedemontano impone, con un tocco più morbido sul fondo a calibrare un finale classico e preciso. Ombrina al forno con patate.
Inalto – Bianco 2020
Blend di Pecorino e Trebbiano da clima freddo che esordisce con toni vegetali spiazzanti, da vino neozelandese, seguiti da idee soffuse di lime e glicine. E’ sottile e un po’ acerbo, ammandorlato nel finale di media persistenza. Forse è stato penalizzato dall’annata più fresca della media.
La Valentina – Pecorino Colline Pescaresi 2020
Una ventata di freschezza rigenerante: zenzero e mango acerbo, erba falciata e iodio, un tocco floreale e un’idea di nespola. E’ teso e avvincente, polputo e minerale, agrumato e
piccante di erbe disidratate nel finale sferzante. Assolutamente didattico e divino con uno scampone alla brace.
Marchesi De Cordano – Abruzzo Cococciola Lusciablì 2017
Stranissima Cococciola affinata tre anni che spiazza con le sue ventate di miele millefiori e zafferano, ananas, vaniglia e cannella. Un tocco vegetale arricchisce una progressione ricca, ma vivace come da canone per il vitigno, che culmina in un finale affumicato. Piacevolissimo (e fa pendant con un risotto all’oro di Navelli).
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