Laboratorio Folkloristico
via Roma n.182
80038 Pomigliano d’Arco (Na)
tel. 3515525981/0812788395
Aperto tutte le sere
di Annatina Franzese
È stato inaugurato da pochi giorni, il nuovo locale di Diego Vitagliano nel quartiere Santa Lucia di Napoli. Tra le novità, la sezione mixology, curata da quello che è ormai un punto di riferimento della fertile terra vesuviana: Laboratorio Folkloristico.
Che cosa è questo laboratorio?
Un cocktail bar che, forse, è riduttivo definire così, in quanto ha ribaltato, sin dalla sua apertura, il concetto del bere sia in provincia che fuori.
Vincenzo Pagliara, Enzo Monda e Franceso Manna, sono le menti e le braccia di questo posto, inaugurato nel 2020 a Pomigliano d’Arco.
Tre figli del Vesuvio, tre amici, rispettivamente di Acerra, Marigliano e Pomigliano, che dopo svariate esperienze lavorative, anche estere importanti, hanno deciso di investire su un territorio che, negli ultimi anni, è – gastronomicamente parlando- esempio di “comunismo democratico”.
Progetto facile?
Non proprio, anche se, sin da subito, il laboratorio è diventato punto di riferimento non solo per i clienti, ma anche per i produttori della zona.
Cosa c’entrano i produttori con la mixology?
C’entrano, perché la forza di questo concept, si nasconde tutta in loro.
Nella proposta, nessuna tendenza esterofila o preferenza verso materia prima proveniente dai “sette buoi”, ma solo attenzione verso i prodotti campani o del Sud Italia.
Una vera e propria dichiarazione d’amore verso il territorio di appartenenza, che si esplica in una celebrazione dell’eccezionale dedizione dei produttori, che con maestria e passione preservano le tradizioni artigianali locali, raccontando una storia di impegno, creatività e autenticità.
Nel vecchio menù, 12 cocktail ispirati ai 12 conti (racconti) pomiglianesi di Vittorio Imbriani, filosofo e politico ottocentesco.
Nella nuova carta, disponibile già dal 1 dicembre, il numero 12 permane, ma tutto ruota intorno al significato etimologico del termine “Trasformare” cioè “far mutare forma”.
6 aziende agricole e 6 artigiani del food, sono stati scelti per 12 nuovi cocktail in cui il prodotto trasformato, muta ancora aspetto e diventa l’ingrediente protagonista di una nuova esperienza.
In questo ambiente, un po’ Manhattan e un po’ salotto anni settanta di 180 metri quadrati, i contesti si fondono pur rimanendo ben distinti. 80 sono i posti a sedere all’interno ( più qualche posto esterno), divanetti, tavolini bassi in legno, cassettoni, bancone lungo e mensole sulle quali sono esposti i prodotti delle aziende locali con cui Laboratorio Folkloristico collabora e si rifornisce, sono l’arrendo che lo contraddistingue con un palchetto sempre sul fondo montato.
Si, un palchetto, perché al laboratorio si distilla, si essiccano essenze, si produce, si mangia e si fa anche musica, proprio per rendere completa l’immersione all’interno di questa realtà che Vincenzo, Vincenzo e Francesco hanno fortemente voluto, concependola e accompagnandola passo passo dalla nascita alla sua attuale crescita, dividendosi onori ed oneri insieme ad una squadra ben compatta composta da altri 8 elementi comprensiva di chef.
In questi anni, tanta soddisfazione non solo di pubblico, ma anche di critica, basti pensare, tra i tanti riconoscimenti macinati, al piazzamento alla posizione 311 della “Top 500 Bars”o al premio “Best Italian Bartender 2023” assegnato a Vincenzo Pagliara nell’ambito del Roma Bar Show.
Ho cominciato questo articolo facendo menzione alla collaborazione tra Vitagliano e il Laboratorio, ma come è nato questo connubio?
Semplice.
Dopo una prima conoscenza con Diego, lo scambio di idee, la scoperta di una condivisa comunione d’intenti e, soprattutto, dopo l’assaggio delle proposte di questo sacello del drink, il pizzaiolo ha deciso di introdurre in tutti i suoi store, cominciando proprio dal neonato, la linea di cocktail imbottigliati (4 referenze), creata da Laboratorio Folkloristico un anno fa.
Un inno “Al Vesuvio, alla provincia e alla Campania tutta”, proprio come recita il leitmotiv di Laboratorio Folkloristico, il filo conduttore del loro operato, che li ha condotti, da seri difensori delle proprie radici, sopra il tetto del mondo.
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