di Adele Elisabetta Granieri
Quando la passione e la lungimiranza di un grande imprenditore incontrano la capacità indiscussa di uno dei più importanti protagonisti della rinascita del vino campano, il risultato non può essere che eccellente.
Le parole di Peppino Pagano sono cariche di emozione mentre racconta al pubblico intervenuto per la prima verticale storica del suo“Omaggio a Gillo Dorfles”, in occasione de “Le Strade della Mozzarella”, la storia di San Salvatore. Peppino è seduto al fianco di Riccardo Cotarella e del suo agronomo, Alessandro Leoni, in cattedra insieme con Enzo Vizzari e Luciano Pignataro a guidare la degustazione. Racconta di quella “scintilla” che ha acceso il suo ardente desiderio di rimettersi in gioco: il profondo amore per la sua terra, alla quale sentiva di dover rivolgere il suo impegno, giunto all’età in cui si fanno bilanci, ma c’è ancora tanta voglia di fare. “Scappo dalla cantina quando è tempo di diradamenti, perché per me è un colpo al cuore”, confida commosso.
“Quella di San Salvatore è una viticoltura biologica e di precisione, che trae vantaggio dalla posizione dei vigneti, a pochi chilometri dal mare e protetti da massicci montuosi”, spiega Riccardo Cotarella, e aggiunge: “L’Aglianico è un vitigno di grande carattere, che ha un valore estremamente importante per il territorio. In azienda ne coltiviamo due cloni, di cui uno selezionato solo per il Gillo Dorfles, che si chiama appunto San Salvatore.”
Valore aggiunto dell’azienda, che oggi conta 97 ettari, di cui 21,5 vitati, è l’attenzione all’ambiente: la moderna cantina è dotata di un impianto fotovoltaico da 96Kw che consente di ridurre al minimo l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera.
Quattro annate in degustazione: 2012, 2011, 2010 e 2009 e di mezzo un passaggio di stile, che ha reso le ultime annate più snelle ed eleganti.
La prima annata in degustazione è la 2012, che Alessandro ci spiega essere stata molto calda. Il calice si presenta di un rubino molto carico e brillante e si apre al naso con sentori di frutti di bosco e ciliegia sotto spirito, seguiti da note di pepe bianco, richiami balsamici ed una speziatura dolce. In bocca è verticale, di bella struttura, fresco e dai tannini ben presenti, lungo e persistente. Un vino ancora in divenire, ma che promette bene.
Segue l’annata 2011, la prima che ha segnato il cambio di stile, caratterizzata da forti piogge, che hanno ritardato la raccolta di due settimane. Il colore è molto carico, ma estremamente luminoso; il naso comincia ad esprimersi con un bel profumo di marasca, accompagnato da note di grafite e china, seguite da accenni di mentuccia e anice. Il sorso è pieno, con buona spinta acida e tannini ben levigati, lungo e persistente.
È la volta della 2010, annata più fresca e favorevole. Al naso è immediata la nota fumosa, seguita da sentori di mora e amarena, bacche di ginepro, caffè tostato ed un piacevole e rinfrescante finale balsamico. Il sorso è pieno, succoso, con tanta materia a renderlo quasi masticabile, ma con un’acidità perfettamente calibrata e i tannini ben levigati, lungo, persistente ed elegante.
Concludiamo con 2009, annata più calda e siccitosa. Qui il naso ha note fruttate più mature, di more e fragoline di bosco, rinfrescate da accenni di anice e finocchietto. In bocca prevalgono le note morbide, equilibrate da una buona acidità e dai tannini, anche se meno percepibili.
Le note conclusive sono lasciate ad Enzo Vizzari che li definisce “vini di personalità, eleganti e che non giocano all’eccesso, che lasciano cogliere un’identità, sia aziendale che territoriale a chi li beve e, anno dopo anno seguono un preciso fil rouge”
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