di Michela Guadagno
Asprinio che passione
Mi era già capitato di vedere le forme di allevamento a festone dell’asprinio coltivato ad alberata. Ma non avevo mai assistito ad una vendemmia in pieno stile, con i contadini abbarbicati alle loro scale a pioli, quasi degli uomini ragno sul telaio di rami a 20 metri dal suolo a cogliere i grappoli con le mani, senza cesoie, e riporli nelle ceste – le fèscine – poi calate giù con le corde, e saltare in equilibrio da parte a parte per spostarsi.
La vendemmia dell’Asprinio d’Aversa organizzata da Grotta del Sole insieme alle delegazioni Ais di Napoli e Caserta (rispettivamente dirette da Tommaso Luongo e Marco Ricciardi), è nella Masseria I Santi della famiglia Zaccaria, in un’ampia tenuta a Villa Literno. Le viti maritate agli alti pioppi a testimonianza dell’ultima forma di coltivazione di memoria etrusca, intrecciano tra di loro i rami a formare un “ricamo” e le barriere di foglie creano dei sipari, un tempo utilizzati dall’esercito borbonico come difesa dalle imboscate nemiche.
I grappoli dell’asprinio si nascondono al sole schermato dalle foglie, in modo che l’uva giunta a maturazione conservi la sua acidità caratteristica.
I vendemmiatori si arrampicano sulle tipiche scale a pioli strettamente personali, costruite apposta calcolando la distanza tra il ginocchio e la caviglia per uno stabile incastro della gamba, e con le mani libere raccolgono i grappoli per riporli nella “fèscina”, la cesta di vimini con la punta adatta a far sì che calandola, una volta riempita, si fermi nel terreno. Lo spostamento tra i rami è veramente cosa da trapezisti senza rete di protezione, come pure lo spostamento della scala: afferrata con le mani, la si appoggia all’orecchio e rapidamente si passa alla parete successiva, con un equilibrio ottenuto da un allenamento non facile da emulare.
L’asprinio ha un grappolo serrato, l’acino piccolo e perfettamente tondo, ricerche recenti sul DNA hanno dimostrato l’appartenenza alla famiglia del Greco; va da se che quest’uva andrebbe tutelata, per le caratteristiche uniche di coltivazione e vendemmia, dalla malaugurata ipotesi di un abbandono futuro, quando non si troverà tanto facilmente la manodopera necessariamente esperta. Ed altresì lo stesso vino che ne deriva, adatto per la sua acidità tipica ad essere vinificato nella versione spumante, andrebbe rigorosamente promosso come aperitivo nel territorio, e non confuso – come ci spiega Francesco Martusciello di Grotta del Sole – con il solito prosecchino….
Foto Paride Cimbalo, dal blog di Aisnapoli
A ragione di questo, la colazione offerta ai partecipanti tra i filari è accompagnata dal freschissimo Asprinio d’Aversa brut di Grotta del Sole, a rinfrescare e dissetare il palato nella inaspettata giornata di caldo settembrino, e dallo stesso vino in versione ferma, in abbinamento classico tradizionale alla mozzarella di bufala campana della piana aversana, alle pizze nella teglia, ad un saporito formaggio caciocchiato.
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