di Raffaele Mosca
Ultima tappa dell’anno nella Tuscia Viterbese, tra boschi e borghi arroccati, sentieri nascosti e antiche rovine. Siamo in una cittadina ben nota a chi ha seguito gli sviluppi del vino laziale negli ultimi anni: Blera, la cornice del progetto San Giovenale dell’imprenditore romano Emanuele Pangrazi, che con il suo Habemus ha ricreato un frammento di Chateauneuf du Pape nelle terre dei papi. Pangrazi ha tentato una via del tutto inedita per far rinascere una tradizione vitivinicola che ha origini antichissime.
Si pensi che, proprio ai piedi della collina su cui sorge la cantina di San Giovenale, c’è un sito archeologico di epoca etrusca – tra i pochi che ospitano sia una necropoli che un’acropoli – dove sono ancora presenti resti di vasche vinarie risalenti al V secolo dopo cristo. Gli storici sostengono che all’epoca questa zona fosse la mecca del vino etrusco: una sorta di Montalcino o Barolo ante-litteram che riforniva anche Roma in età monarchica e repubblicana.
Ma non è solo per il vino che Blera è salita agli onori della cronaca negli ultimi anni. Anzi, la vite nel paesaggio del circondario riveste ancora un ruolo molto marginale. Ben più diffuso è l’olivo, onnipresente nel pianoro che digrada verso i Monti della Tolfa. La sopravvivenza della tradizione olearia è garantita dalla presenza in paese di Colli Etruschi, uno dei più importanti frantoi sociali della regione. “ Colli Etruschi nasce nel 1965 come azienda esclusivamente dedicata alla molitura – spiega il presidente Mario Leotta – lavoravamo per conto dei piccoli proprietari che poi consumavano l’olio in casa o lo vendevano in proprio. Poi, intorno al 1988-1989, c’è stata la svolta. Abbiamo deciso di cominciare a commercializzare il prodotto con il nostro marchio.” Oggi Colli Etruschi riunisce 330 soci, per un totale di 40.000 piante distribuite su oltre 800 ettari a Blera e dintorni. Numeri, questi, che fanno il paio con una qualità degna di nota, certificata dai premi ricevuti da Flos Olei (miglior olio del mondo 2014, 97 punti su 100 nel 2022) e da Bibenda (cinque gocce dal 2020).
La degustazione degli oli di Colli Etruschi è condotta da Marco Oreggia, massimo esperto italiano in materia e curatore della guida Flos Olei, che coglie l’occasione per fare un preambolo sulla situazione generale di questo “tesoro poco valorizzato”. L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio d’oliva dopo la Spagna e il primo paese per varietà di cultivar. Le aziende attive sul nostro territorio sono circa 800.000, per una produzione che si attesa attorno alle 250.000 tonnellate nel biennio 2020-2021 e copre a malapena il 40% della domanda interna (motivo per cui siamo costretti ad esportare da altri paesi mediterranei come Grecia, Tunisia e la stessa Spagna). La Puglia è in pole position tra i produttori, seguita da Calabria, Sicilia e Campania. Il Lazio è quinto sullo scacchiere nazionale con una quota del 6% del volume totale e due Dop tra le più storiche: Tuscia e Sabina.
La DOP Tuscia ha la prerogativa di annoverare nel suo blend il cultivar più importante della zona della Blera: la Caninese, un’oliva difficile sia dal punto di vista produttivo che da quello organolettico. “ E’ una varietà con chicco piccolo, che dà un profilo vegetale e molto balsamico – spiega Oreggia – viene spesso tagliata con Leccino, Frantoio e Maurino per smorzarne l’amaro e il piccante”. Bisogna specificare che nell’olio il cultivar è tutto, perché il profilo aromatico non ha un legame specifico con clima, suolo e ambiente come nel vino. “ Non esiste terroir nell’olio – aggiunge – una Coratina fatta in Puglia e un’altra fatta in Argentina sono molto simili l’una all’altra. E’ per questo che studiare e preservare tutti questi cultivar autoctoni, dei quali spesso si sa poco, è particolarmente importante. L’unicità deriva esclusivamente dall’espressione varietale”. Unicità che, nel caso della Caninese, sta proprio nella vegetalità, nei profumi pungenti di erbe aromatiche, di pepe e di carciofo verde e nelle note piccanti, che sono relativamente garbate nell’ E.V.O. “classico” e nel bio – entrambi prodotti con più cultivar – e più insistenti nel monocultivar, un olio da abbinare con “carni sanguinolente” e zuppe importanti (magari con le cotiche).
La gamma di Colli Etruschi si è guadagnata i favori di diversi chef stellati, a partire dall’autoctona Iside De Cesare, titolare de La Parolina a Trevinano Acquapendente. Iside ha preparato la cena post-degustazione e ha utilizzato l’E.V.O. su tutte le portate, dal risotto con carciofi, menta e liquirizia al pollo con zucca al forno, per poi farlo diventare protagonista nel sorbetto al limone con misticanza e melograno, che dimostra come l’olio possa dare man forte anche al dessert in tempi in cui impera la moda del dolce-non dolce.
Per chiudere il cerchio, si è deciso anche di organizzare, prima di partire, una colazione in frantoio con un’altra eccellenza del territorio: Marco Ceccobelli de Il Casaletto di Grotte Santo Stefano, una delle tre chiocciole Slow Food del viterbese. Marco alleva maiali allo stato semi-brado e utilizza le carni per produrre una coppa e un prosciutto da perderci la testa: rustico, fibroso, perfetto da “schiaffare” su di una fetta di pane intinta nell’E.V.O. Proprio con queste pietanze – e con un boccone mattutino di trippa – assaggiamo, alle nove e mezza, al posto del caffè, l’Habemus Etichetta Bianca: vino di massa e d’imponenza, da pranzo luculliano più che da colazione campestre, sicuramente impegnativo, ma capace di fare la sua porca figura anche in questo frangente. Scuro e compatto nel colore, sfoggia un naso a metà tra Rodano e Centro Italia, imperniato sul frutto denso, avvolgente, incorniciato da cenni di garriga e spezie orientali. S’impone in bocca con la sua mole calibrata da discreta freschezza e da tannini fitti, che allentano la presa in un finale appena compresso da qualche traccia di spezia da rovere. E’ solo il punto di partenza – e non di arrivo – di un progetto in continua evoluzione, che si espanderà nei prossimi anni con l’introduzione di nuova gamma di etichette da singolo vitigno.
Coop. Agricola “Colli Etruschi”
Via degli Ulivi, 2, 01010 Blera VT