La sujaca di Caria, dalla semina alla tavola del prezioso fagiolo calabrese dell’Altopiano del Poro

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Sujaca di Caria

di Irene Cortese

La sujaca (termine dialettale collettivo che indica i fagioli) è un vero e proprio fiore all’occhiello della Calabria e dell’altopiano del Poro: eccellenza gastronomica dalla storia plurisecolare che vanta un crescente successo a livello nazionale, malgrado la sua produzione stia diminuendo anno dopo anno.

Per comprendere a pieno il valore di questo eccellente prodotto del Mezzogiorno Italiano bisogna conoscerne da vicino la storia e il lungo processo di produzione.

La storia della sujaca a Caria

Gli albori della produzione della sujaca a Caria risalgono ad inizio Novecento, quando un emigrato di ritorno dall’America portò con sé i semi di questa varietà prelibata dal sapore delicato e dalla vellutata scioglievolezza.
Individuò nell’altopiano sovrastante il comune di Drapia un luogo ideale per la produzione di questo prodotto in quanto il terreno presenta delle caratteristiche uniche. Si tratta, infatti, di un terreno morbido e fresco (detto pija) dove l’umidità sale per capillarità verso la superficie, così che la pianta non necessita di irrigazione per lo sviluppo. Di lì a poco l’interesse della comunità locale crescerà al punto da spingerla ad avviare la produzione della sujaca. Inizialmente l’economia locale ruotava principalmente attorno all’agricoltura e all’allevamento di bovini, per questo i terreni erano adoperati principalmente per la coltivazione di foraggio, necessario al sostentamento degli animali, quindi la sujaca era solo una coltura secondaria: una volta ultimata la raccolta del fieno o del grano si procedeva alla semina dei fagioli in solchi tracciati dall’aratro di legno.

Nella prima metà del secolo scorso, la semina avveniva dal 10 al 15 di giugno, poi a causa del cambiamento climatico si è compreso che il periodo ottimale per piantare la sujaca di Caria è tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, in modo che la fase di fioritura non venga compromessa dal caldo torrido. La produzione della sujaca non prevede l’utilizzo di diserbanti, quindi è necessariala massima attenzione per evitare che piante infestanti ne pregiudichino il corretto sviluppo. Al settimo giorno dalla semina la pianta spunta dal terreno e al quindicesimo è già necessario iniziare a zappare intorno alle piante. In seguito, quando la crescita è ultimata, nei dintorni germogliano altri vegetali infestanti che bisogna estirpare a mano per evitare che la sujaca si danneggi.

Il momento della raccolta determina anche la tipologia di prodotto: quando la sujaca viene raccolta ai primi di settembre si trova allo stato ceroso (in dialetto si dice ‘ncirata), quindi appena raccolta viene sgusciata e cotta entro pochi giorni. Quando invece si raccoglie tra fine settembre ed inizio ottobre il processo è ben più lungo e articolato. Si inizia con l’estirpazione delle singole piante – effettuata rigorosamente a mano – che vengono caricate su un rimorchio e trasportate alla masseria dove verranno stese al sole sia per far asciugare la radice e far cadere la terra e la polvere, sia per separare i baccelli da eventuali foglie.

Il giorno successivo – se le condizioni atmosferiche lo permettono – o eventualmente anche in seguito, si passa a separare i fagioli dalla pianta ormai essiccata dal sole. Esistono diversi metodi, alcuni più antichi e rudimentali utilizzati da chi produce a livello familiare, ed altri più meccanizzati adottati dall’azienda agricola locale. Alcune famiglie, ad esempio, utilizzano il peso di una macchina che viene fatta passare lentamente sui baccelli secchi per far fuoriuscire i fagioli; è un’operazione che esige estrema attenzione per scongiurare l’ammaccatura del prodotto.

Una volta ottenuti i fagioli è necessario farli essiccare ulteriormente per prevenire la formazione di muffe dovute all’umidità e si giunge quindi alla selezione dei singoli cocci che avviene con l’ausilio di un crivello (in dialetto cernijju). Vengono scartati tutti i fagioli rotti o che presentano macchieo ‘discromie’ e anche in questo caso il tutto avviene a mano.

Se l’analisi sensoriale della sujaca conferma l’assenza di umidità il prodotto selezionato viene trasferito all’interno di sacchi di iuta, dove potrà essere conservato fino a 10/11 mesi.

La tipologia che ha reso Caria nota come “il paese della sujaca” è il boriotto (nel dialetto locale sujaca a burru), detto così per la caratteristica forma tondeggiante che sembra ricordare una piccola botte.

 

Sujaca a burru

Particolarmente diffusi sul territorio anche delle antiche varietà di cannellini, che presentano una forma allungata e, rispetto ai precedenti risultano più consistenti e farinosi al palato, oltre ad avere un gusto lievemente più deciso.

In passato era frequente trovare anche la murisca un’altra varietà di fagioli che veniva coltivata in contemporanea al mais, per sfruttare al massimo la capienza del terreno. Hanno delle dimensioni molto più ridotte e un sapore più intenso rispetto alle sopracitate varietà. Ad oggi non gode di grande popolarità perché è una pianta rampicante e non si presta particolarmente alle specificità del terreno.

Cottura e ricette della tradizione

La modalità di cottura più utilizzata nelle case dei cariesi prevede l’utilizzo della pignata, un recipiente in terracotta allungato con due manici che viene posto sul fuoco e garantisce una diffusione omogenea del calore.
Si inizia ponendo al suo interno una quantità di sujaca che non superi la metà del contenitore, si aggiunge l’acqua fino a coprire completamente i fagioli e si sposta sulla brace, vicino ad un legno che brucia lentamente.

Anche qui la cautela è indispensabile per evitare che, una volta raggiunta l’ebollizione, l’acqua fuoriesca dalla pignata
e quindi risulti necessaria l’aggiunta di altra acqua. In questo caso si dice che la sujaca è ‘lavata’ in quanto l’acqua ha perso buona parte del sapore e della consistenza cremosa caratteristica.

Altra accortezza è quella di affiancare, sin da inizio cottura, una seconda pignata riempita di sola acqua da aggiungere ai fagioli già calda, in modo da non bloccarne la cottura. Nell’ultima fase di preparazione si può decidere di aggiungere un peperone o dei pomodori per dare ulteriore sapore al prodotto finito.

Il modo più comune di consumare la sujaca a Caria è al piatto con un filo d’olio evo locale, accostandovi magari della verdura cotta (come scarola, cicoria, bieta o erbe di campo varie) e del pane da intingere nella succulenta crema che si è creata in cottura.

Inoltre, con i fagioli avanzati si è soliti cucinare la tradizionale pasta e sujaca, preparata tipicamente il giorno della vendemmia. Si parte dalla preparazione di un sugo a cui si aggiungono ifagioli e l’acqua. Una volta raggiunta l’ebollizione si inserisce in pentola la pasta, si aggiusta la sapidità aggiungendo del sale e si ultima la cottura fino ad ottenere una consistenza cremosa.

 

La Sagra della Sujaca
nasce nel 1978 dall’idea di un gruppo di giovani che hanno dato forma all’idea di un evento che potesse coinvolgere l’intera comunità cariese nella celebrazione di un’eccellenza gastronomica di cui loro stessi riconoscevano già il valore. L’avvio dei lavori è stato reso possibile dai soci fondatori, i quali hanno materialmente contribuito con una donazione a fondo perduto.

Negli anni la sagra si è evoluta e perfezionata giungendo alla fondazione dell’Associazione Culturale Cheria, tuttavia ci sono degli elementi che sono stati preservati tenacemente al fine di proporre agli avventori dell’evento un’esperienza gastronomica autentica, tra le tante la collaborazione di ogni singola famiglia del borgo che dona delle pignate di sujaca alla sagra. Così facendo, il 6 agosto chiunque si rechi a Caria potrà avere l’occasione di divertirsi e assaggiare un prodotto genuino e per niente distante da quello che viene servito tutte le settimane sulle tavole dei cariesi.

 

Dove acquistare

La maggioranza della popolazione produce a livello casalingo, ma l’Azienda Agricola di Costa Domenico Antonio rappresenta un punto di riferimento per la produzione e distribuzione di questo prodotto, la cui qualità è garantita dal rispetto delle tecniche di coltivazione locali, oltre che dall’assenza totale dell’utilizzo di diserbanti e disinfestanti. Chiunque fosse interessato al prodotto può trovarla presso:

Contrada Fonte Petti, Caria, VV 89862

Telefono: 0963 68230

Email: info@sujaca.com

A breve sarà inoltre possibile acquistare la sujaca di Caria direttamente dal loro e-commerce www.sujaca.com

Un ringraziamento particolare è rivolto a Franco Pugliese, socio fondatore della Sagra della Sujaca, il quale ha fornito importanti dettagli sulla storia e la produzione di questo eccellente prodotto.


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