La risposta a questa domanda è molto semplice: perchè gli editori dei media tradizionali non sopportano che parte degli introiti pubblicitari siano sottratti in questo modo dal web mentre la maggior parte dei giornalisti soffre nel vedersi superati in popolarità.
Ma, secondo noi, il dilagare di questo fenomeno è dovuto proprio alla lentezza con cui gli editori dei media tradizionali si sono accorti della importanza del web e alla nascita della zona grigia nel campo dell’informazione che lo ha fatto diventare strumento pubblicitario concorrenziale.
Mi spiego meglio: ogni giorno i manifesti giganti sei per tre sono visti da migliaia e migliaia di persone. Come le reclame in tv di Lorella Cuccarini sulla cucina più amata dagli italiani. Potrebbe mai un giornalista essere geloso di questi fenomeni?
E allora perchè tanto accanimento su uno strumento che in pratica li ha sostituiti?
La Guardia di Finanza e gli influencer
Contro Chiara Ferragni si è scatenata una bufera incredibile, persino i super garantisti hanno sputato sentenze di condanna senza aspettare di vedere come va a finire. Poi ieri è toccato ad altri famosi influencer visitati dalla Guardia di Finanza che, come tutti ha bisogno di pubblicità anche nel fare il proprio dovere, e i nomi sono stati spiattellati sui media senza alcun riguardo e ovviamente riportati senza che nessuno si sia preoccupato di ascoltare la versione di coloro che sono bersaglio di questi provvedimenti.
Tutti dicono che ci vogliono nuove leggi, mentre in realtà la legge c’è già, molto chiara, e va semplicimente applicata anche al mondo web: è la legge sulla Stampa del 1946 che prescrive con chiarezza che tutto ciò che è pubblicitario deve essere ben distinto dalla pura informazione giornalistica con tanti di avvisi e modalità in grado di non creare confusione anche al più sprovveduto lettore, radioascoltatore e telespettatore.
C’è per tornare al paragone, un differenza fra il promuovere qualcosa in tv o sui social? Penso nessuna. L’importante è che sia detto con chiarezza che si tratta di informazione pubblicitaria.
La nuova comunicazione
Detto questo, un bravo giornalista non dovrebbe preoccuparsi di questi fenomeni, magari se ne dovrebbe occupare professionalmente perchè c’è tanto da imparare sulle modalità di comunicazione moderne destinate agli under 30, ma anche agli under 40. Il mestiere di giornalista, come quello di critico non potrà mai venire meno perchè ci sarà sempre bisogno di un interfaccia fra ciò che accade e i fruitori della notizia di ciò che è accaduto. E l’interfaccia si crea con la competenza, lo studio, l’aggiornamento e l’esperienza. A cui poi, dico poi, va aggiunta kla tecnica di comunicazione. Ma la tecnica, nella comunicazione, proprio come nella cucina, non può mai sostituire i contenuti. Anzi, direi, che quanto più si diffonde il fenmeno influencer tanto più c’è bisogno di voci autonome e indipendenti che dicono la loro perchè anche questo cercano le persone.
Quindi non bisogna farsi impressionare dai numeri, ma apprezzare chi riesce a fare mene questo lavoro pubblicitario.
Pensare di respingere il ruolo degli influencer con le campagne stampa a cui stiamo assistento è pia illusione: come quando si è pensato che i giornali sarebbero stati eterni sulla carta nonostante la crescita del web. Si può destrutturare la figura di una Ferragni, dimostrare che il sistema dei media tradizionali è sempre il più potente, ma il fenomeno no, non si può fermare.
Sento l’obiezione: ma molti influencer ci giocano sopra all’equivoco. Verissimo, ma è anche vero che molti giornalisti hanno fatto insider trading, entrambi i comportamenti sbagliati, che possono essere censurati e sanzionati, nulla tolgono al ruolo dell’uno e dell’altro.
In questo momento di passaggio è necessario avere tutti sangue freddo e andare al di là della mera informazione cercando di scavare un po’ senza finire per essere complottisti.
Ps: sulla Ferragni ho una mia teoria, forse complottista: penso che qualcuno temesse una sua condidatura mentre qualche altro forse ha voluto far pagare a Fedez alcune uscite fuori riga, come la storia della Rai. Fatto sta che oggi sono loro I p‘ me, tu p‘ te e credo che il nodo vero sia proprio quello che ho appena detto.
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