Chiudiamo questa serie estiva con un veterano della cucina d’autore campana: Peppe Guida, classe 1965, stella Michelin dal 2007 con il suo ristorante Nonna Rosa a Vico Equense, non sa cosa vuol dire crisi del fine dining. Il suo segreto, comune a tutta la nidiata di cuochi che ha fatto grande la Penisola sorrentina, è saper far parlare la tradizione attraverso un linguaggio moderno e leggibile. Quando però gli chiediamo il suo piatto non ha dubbi: a Montechiaro la cosa più richiesta è la pasta e fagioli ribassata in padella. Attenzione, i locali di Peppe sono due a Vico: la stella è al ristorante a Vico Nonna Rosa, d’estate Peppe si trasferisce nella frazione Montechiaro a Casa di Lella, il nome della moglie scomparsa prematuramente, un agriturismo dove si mangiano i piatti della tradizione rurale dei Monti Lattari
-Come nasce amore per questo lavoro?
“Il mio rapporto con questo mestiere inizia aprendo una rosticceria a Vico Equense nella quale veniva servita anche la pizza, simile a quella proposta, all’epoca molto famosa, dal vicino Gigino”.
-Poi cosa è successo?
“Le cose andavano bene, ma a partire dal 1997 con mia moglie Lella abbiamo avuto voglia di crescere. Quindi prima abbiamo iniziato ad affiancare un po’ di carne, poi un giorno del 1998 presi il piccone e distrussi il forno delle pizze”.
-Una scelta difficile. Perché questo gesto così radicale?
“Sentivo dentro la voglia di dare qualcosa in più. Iniziammo allora a proporre una vera osteria di paese con i piatti classici della nostra tradizione contadina della Penisola Sorrentina che, come sai, è molto forte perché le nostre radici sono contadine, l’economia era orto più pesca prima del turismo”.
-Come andò?
“All’inizio perdemmo gran parte della clientela, ma Lella mi incoraggiò ad andare avanti e questa sua determinazione fu molto importante per me e infatti migliorammo la qualità della clientela e riempimmo di nuovo la sala”.
-Ma siamo ancora lontani dalla stella…
“Sì, la vera svolta avviene nel 2004, quando rimoderniamo il locale, il lino bianco sostituisce la classica tovaglia, entra il sommelier e iniziamo a proporre nuovi piatti più puliti e meno scontati. Un vero salto nel vuoto, ma era il momento della Penisola Sorrentina e subito le cose iniziarono ad andare bene e, per fortuna, dopo soli tre anni, nel 2007 ottenemmo la stella Michelin che da quel momento abbiamo sempre conservato nonostante tante vicissitudini”.
-Come mai si parla di crisi degli stellati?
“Dipende, noi abbiamo sempre mantenuto un ambiente molto informale, non abbiamo mai oppresso il cliente interrompendo la conversazione e mettendo le persone a proprio agio. Anche i piatti hanno sempre la radici solida nella tradizione e ci si riconosce facilmente. Basti pensare alla polpettina di Nonna Rosa nel ragù che offriamo come Benvenuto. Eccome se si ricorda”.
-Ultimamente hai ripreso con la pizza.
“Si, a Montechiaro a colazione, la pizza di Vico, più panosa e saporita. Qui ho capito che sta cambiando il concetto di lusso: le persone che possono spendere sono alla ricerca di una cucina semplice ma con prodotti sani, molti vogliono conoscere, altri ricordare, la cucina di casa”.
-Dunque vlvi e lavori su un doppio binario ormai.
“Sono le due tendenze che ho sempre avuto dentro. Da un lato le radici, dall’altro la voglia di esprimere qualcosa di nuovo”.
-Ma per molti i piatti della tradizione non sono degni di stare in un ristorante fine dining?
“Non è vero che presentare una cucina semplice con riferimenti alla tradizione abbassa il livello della clientela, al contrario, una cucina ben eseguita, ben presentata e soprattutto fatta con prodotti senza chimica, attrae la parte migliore della clientela possibile, soprattutto straniera ma anche italiana. Ovunque oggi c’è attenzione a questo aspetto, a mettere insieme gusto e salute”.
-Programmi per il futuro?
“Ho due figli fantastici: Francesco appassionato di lievitazioni e bravissimo e Rossella che, come la mamma, ha una dota naturale nell’accogliere le persone e farle sentire a proprio agio. Il concetto è fr sentire i clienti a proprio agio sempre, sia a Montechiaro che al ristorante stellato”.
Un consiglio ai giovani che iniziano adesso la carriera
“Non guardate la televisione, non prendete ispirazione dai social ma dalle persone anziane e soprattutto fate la pasta, che è il vero segnale della identità italiana a tavola. E naturalmente viaggiare, viaggiare e viaggiare.”
Pasta e fagioli ripassata
“Avanza sempre un po’ di pasta e fagioli nelle case.Io usa la pasta pista in genere, ma vanno bene tubettini, tubetti, lumachine, spaghetti spezzati, quelli che vi pare. Il giorno dopo la trovate asciutta allora il mio consiglio è partire con aglio, olio, un pizzico di peperoncino in padella. Aggiungere la pasta e fagioli avanzata e qualche cucchiaio di acqua bollente per non farsa asciugare. Aspettare che tutto evapori e che i bordi si arruschino un po’, non troppo però. Io aggiungo anche un po’ di formaggio nel piatto, meglio un provolone del Monaco stagionato o un pecorino”.
Dai un'occhiata anche a:
- Eduardo Buonocore: in sala si vince con il sorriso
- Teresa Mincione, dalla toga al Casavecchia: Nulla è per Caso
- Giacomo Ponti, il signore dell’aceto
- L’uomo cucina, la donna nutre – 11 Mamma Filomena: l’anima de Lo Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi
- Francesco Martucci anno sesto del suo regno, ma 30 di dura gavetta
- Maddalena Fossati: la cucina è un valore identitario e noi lo abbiamo capito
- L’uomo cucina, la donna nutre – 17 Bianca Mucciolo de La Rosa Bianca ad Aquara
- Domenico Marotta e la bruschetta al pomodoro