di Cosimo Torlo
Ragionando sul futuro della ristorazione, nella sua eccezione più ampia, penso che inevitabilmente il mangiare soprattutto all’aperto sarà una necessità imprescindibile per tutti noi. Questo perché la pandemia quando anche sarà superata (ma quando?) lascerà dentro ognuno di noi un senso di insicurezza che ci porteremo dietro per chissà quanto tempo. Per questo credo che sarebbe utile pensare a questo scenario futuro, ora il tempo ci porterà verso la primavera, e se saremo in una situazione quantomeno dal colore giallo, sarà in quel periodo che si metteranno le basi per una nuova stagione di socialità a tavola. Come dice il mio amico e collega Luca Iaccarino ci vuole immaginazione, idee, programmazione, perché la storia insegna che chi parte bene è a metà dell’opera.
Abbiamo dalla nostra molte cose che ci possono dare una mano, penso al clima, alle splendide piazze, in alcune città i portici, i mercati rionali e sempre più spazi che sono belle isole pedonali. Tutti luoghi che si possono mettere facilmente in sicurezza per il distanziamento sociale che son convinto sarà necessario continuare a praticare ancora per molto tempo. Un patrimonio immenso che va coltivato come il nuovo volano della ristorazione dell’immediato futuro.
Il nostro è un paese che può contare su esperienze già consolidate, in particolare sullo street food di città quali Napoli, Palermo, Roma, Genova, Firenze, che in questi ultimi anni è andato via via ampliatosi praticamente in tutto il nostro paese. Penso però che oggi sia necessario fare un salto in avanti, passando dai tradizionali e storici prodotti quali il lampredotto, la pizza a portafoglio, gli arancini, le fritture al cartoccio, a nuove proposte, dove gli chef possano ri-pensare a piatti dal consumo diverso da quello tradizionale al tavolo per ore. Con questo non voglio dire che non rimanga il piacere della tavola nella sua più classica eccezione, ma le due cose possono marciare insieme, sempre nel rispetto delle norme che ci verranno date. Questo perché diverse saranno le dinamiche che spingeranno le persone a tornare a godere della tavola fuori casa. Chiaramente ci sarà bisogno di un grande lavoro di squadra, perché una piazza oltre ad avere una sua intrinseca bellezza, dovrà poter contare sulla capacità degli operatori di fare squadra, con progetti che coinvolgano le amministrazioni locali, gli altri esercenti del territorio.
Per capirci penso a progetti quali quello del Mercato Centrale di Firenze declinato all’aperto, luoghi dove sentirsi sicuri riappropriandoci dei nostri spazi in maniera diversa dal passato. Se ne può parlare?
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