di Fabiola Pulieri
In questo periodo di raccolta e di molitura delle olive, in cui si ottiene il frutto del lavoro di tutto un inverno, è importante focalizzare l’attenzione su un problema che negli ultimi anni si è verificato e si sta continuando a verificare in tutto il territorio italiano, da nord a sud: l’abbandono degli uliveti, causato principalmente dalla scarsa convenienza economica della loro manutenzione e dal venir meno delle generazioni più anziane che per anni hanno prodigato le loro cure e il loro impegno per preservare questo patrimonio.
Questo abbandono spesso sfocia in incendi, proliferazione di animali selvatici, diffusione di pericolose patologie che possono colpire anche gli uliveti limitrofi, come ad esempio la terribile Xylella che sta invadendo il meridione. Il risultato finale è un danno economico al settore agricolo, paesaggistico e alla produzione di olio extravergine di oliva. Per fortuna sono tanti gli olivicoltori volenterosi che ogni anno stanno decidendo di difendere questo patrimonio attuando il recupero degli uliveti abbandonati con la ripulitura delle chiome, del tronco e della parte radicale degli ulivi dalle piante infestanti (edere e rovi), la potatura delle chiome in altezza e dimensione per favorirne l’areazione, l’eliminazione dei rami in sovrannumero o malati per stimolare la nuova vegetazione, la modifica della forma per agevolare la successiva raccolta e la potatura e l’esecuzione di un attento controllo fitosanitario.
In questa ottica e con la prospettiva futura di raccogliere i frutti e ricavarne ottimo olio, sono migliaia gli ulivi abbandonati in Toscana che sono stati recuperati da una nuova associazione che si chiama Ager Oliva. Una start up nata dall’idea di Tommaso Dami (che ha già un secondo progetto in atto dedicato agli ulivi intorno alla casa museo di Leonardo Da Vinci a Vinci) e costituita a Pistoia, in piena pandemia, che permette a chiunque lo desideri di adottare un ulivo abbandonato e in meno di sei mesi ha già sei ettari di terreno salvati dall’incuria e dall’abbandono e oltre 1.200 litri di olio in consegna adesso a novembre a chi ha aderito all’iniziativa. Lo stesso è avvenuto e avviene da anni nel Lazio grazie a Pierluigi Presciuttini che dal 2016 ha iniziato a recuperare oliveti abbandonati nella Tuscia e continua nel suo lavoro di “pulizia e ripristino” di aree lasciate incolte con piante di ulivo che negli anni non hanno mai smesso di produrre olive ma non erano state mai più seguite e una volta rimesse in produzione sono ritornate a essere parte integrante del territorio e a regalare ottimo olio extravergine.
Paola Sticchi, Antonella Panciarola ed Emanuela De Stefanis, autodenominatesi “le olivastre”, a Passignano sul Trasimeno in provincia di Perugia in Umbria, hanno recuperato un antico uliveto, già censito nel Catasto del 1700, completamente abbandonato da oltre trent’anni e lo hanno fatto tornare produttivo.
Anche al sud sono tante le aziende agricole che sotto forma di volontariato hanno preso in carico tanti uliveti abbandonati e li hanno rimessi in produzione come hanno fatto i fratelli Pepe, Antonello e Luciano, dell’azienda Fontana dei Santi che in Basilicata hanno ripristinato migliaia di ulivi abbandonati nei pressi dei loro terreni di proprietà.
E anche la Caritas diocesana di Lucca ha attivato per il secondo anno un’iniziativa che già l’anno scorso ha dato ottimi risultati e in questo autunno vedrà squadre di volontari raccogliere olive su terreni messi a disposizione dai proprietari per un week end di raccolta al fine di produrre olio per chi ne ha più bisogno.